di Francesco De Luca
per la prima parte (leggi qui)
Mi collego all’articolo pubblicato giorni fa con lo stesso titolo. Lo faccio perché mi è stato fatto notare che lì, per quanto argomenti, la conclusione non porta a nessun giudizio chiaro. Appare un ‘filosofeggiare’ vuoto e inutile.
Recepisco la critica e cerco di rimediare scrivendo come mangio, per dirla alla casereccia.
Ebbene mi preme ribadire che l’argomento dell’articolo era ed è: la presenza della morale nei comportamenti.
Lo spunto l’ho tratto da quanto si legge nella cronaca politica: la morale sembra essere stata espunta dai comportamenti dei nostri politici. I quali, pur se di parte diversa, si ergono a difensori della morale a parole, e refrattari a praticarla. Disdegnando, in più, ogni insegnamento che provenga da altri. Il che è giusto perché nessuno può ergersi a ‘maestro’ di morale, se tutti dipendiamo dalla legge morale che alberga in noi.
Legge morale e non legge giudiziaria. E questo dovrebbe essere chiaro: La legge morale detta nell’intimo, può essere ascoltata o no, si manifesta nei comportamenti che ne ricevono l’impronta. Ma non possono essere portati in giudizio legale perché la legge dei codici ( penale e civile ) è di un’altra natura, di un’altra consistenza e di un’altra valutazione.
Mischiare i due livelli è segno di miopia.
Il politico viene eletto su un rapporto di fiducia con l’elettore, e si istituzionalizza col voto. Se viene manifestato il semplice sospetto che mina quel rapporto il politico deve, ripeto, deve astenersi dall’operare politicamente e trasferire le sue energie nella difesa privata. La sua funzione politica deve essere interrotta da lui stesso.
Non occorrono prove, basta il sospetto, e il rapporto di fiducia ( che ha natura morale ) è incrinato.
In sede legale farà valere la sua innocenza ma il potere derivatogli dalla fiducia morale che l’elettore gli ha conferito non può essere esercitato, anzi, non deve ( fintanto che la fiducia non si rinnoverà ).
Se questo semplice principio appare di difficile applicazione nelle situazioni che ogni giorno emergono nella vita politica della nostra classe dirigente, è perché la politica ha avvolto la sua funzione in tante garanzie e complicità, da divenire immune, sorda, intoccata dalla legge morale. E, in modo errato, si arrocca nella legge giudiziaria… che è altra cosa.
Sto facendo del moralismo ? No… sto ribadendo quanto da secoli il pensiero occidentale ha elaborato, asserito, criticato.
Se la classe politica italiana è per il 70 per cento impastoiata col malaffare e moralmente colpevole, ecco qui che questa semplice affermazione viene osteggiata.
Sembra quasi scontato che chi non è moralmente in difetto non possa fare politica. Ossia: chi è moralmente corretto non è adatto alla funzione politica!
Spero di essere stato chiaro.