segnalato da Tano Pirrone da Il Foglio
Ottimo articolo sul cinema italiano oggi. Lo propongo ai lettori di Ponzaracconta.
T. P.
Il Cinema spiegato a Sangiuliano
di Marianna Rizzini – Da Il Foglio dell’8 aprile 2024
Gli spettatori tornano nelle sale, l’industria dell’immaginario si è rilanciata dopo la crisi del Covid, ma i guai non mancano. L’incertezza sul tax credit, il rischio per le produzioni: timori e speranze di un settore che ha un effetto moltiplicatore sul pil trascurato dal governo.
Il grande teatro nuovo in costruzione si staglia con le sue impalcature, tralicci e piani quasi costruiti contro il cielo capriccioso di primavera, tra luci, ombre, nuvole in viaggio e vento, proprio accanto alla collina che fa da base alle produzioni più esotiche di Cinecittà, quelle per cui le maestranze (giardinieri, falegnami, pittori) montano, piantano e costruiscono foreste tropicali per piccole e grandi giungle da simulare lontano dalle giungle vere. La giacca fosforescente di un operaio ricorda che quella, anche se non sembra, è opera umana: la mastodontica costruzione che entro due anni potrà ospitare molte altre produzioni di film e serie tv.
Si chiama Teatro 22, è il più grande dei cinque teatri nuovi previsti negli ettari al limitare degli Studios, su schema e fondi Pnrr per la Cinecittà del futuro prossimo dietro l’angolo (diventerà realtà tra il 2025 e il 2026). La simbologia, non a caso, ha cercato di precedere la realtà proprio in questi luoghi, fin dall’avvio del percorso italiano del Pnrr, il 23 giugno del 2021, sul prato della ex “Hollywood sul Tevere”, con l’allora premier Mario Draghi e la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen sorridenti sotto il sole, sull’onda della frase “che idea fantastica!”.
Idea fantastica vedersi lì, diceva von der Leyen mentre Draghi annuiva. Entrambi socchiudevano gli occhi nella luce d’inizio estate, stretti tra due enormi cartonati, sibillini nel lessico ma non nella sostanza: “Make it real”. Metti a terra il Pnrr, era il concetto. In particolare, metti a terra il progetto per Cinecittà, cosa che sta avvenendo secondo il piano industriale degli ultimi tre anni, con direzione dell’ad Nicola Maccanico.
Ma non è soltanto il colpo d’occhio a far registrare le novità tra set e vialetti, scolaresche in visita e musei con capacità rinnovata di accoglienza (il Museo italiano del Cinema e dell’Audiovisivo), tra la testa della Venusia (la scultura del “Casanova” di Federico Fellini) e l’allestimento permanente di Roma antica che si allunga in fondo agli Studios, con il foro, l’arco di trionfo e l’anfiteatro, ogni volta diversa a seconda delle esigenze di produzione pur nella sua immutabilità, straniante presenza a poca distanza dai cantieri e dalle squadre che lavorano in pianta stabile tra l’hangar del Cine Garden (piante e giardini per set) e i capannoni della falegnameria, dove scenografie blu e verdi di chissà quale film spuntano dietro l’angolo, forse porte e finestre di una città immaginaria appoggiate ad asciugare al sole.
La curiosità porta anche l’avventore a sbirciare tra le vie della cittadella simil-messicana costruita per il nuovo film di Luca Guadagnino (ancora inedito) o tra quelle della Milano anni Trenta, scenario della serie “M. il figlio del secolo”. Oppure dietro le porte del teatro storico di Federico Fellini, rimesso al passo con i tempi, il numero 5, e tra i tavoli del nuovo bar ristrutturato, pieno di poltroncine di velluto e vetrine trasparenti, tutto un altro mondo rispetto al bar decadente della Cinecittà anni Novanta e primi Duemila, quando della “Hollywood sul Tevere” si aggiravano soltanto i fantasmi, tra buche, terra sconnessa e aria generale di sconforto.
Oggi invece parlano i numeri, numeri a cui fanno da specchio le tante sale cinematografiche di nuovo piene, e non soltanto a Roma e Milano: nei tre anni post-pandemici, Cinecittà ha raggiunto quasi 100 milioni di euro di fatturato, di cui 40 solo con la costruzione di scenografie.
Sempre nel post pandemia, sono arrivate a girare negli studios sulla Tuscolana oltre 50 produzioni televisive, con una percentuale di occupazione stabile dei teatri del 70-80 per cento, una media di duemila persone al giorno impiegate e una prospettiva, per il 2026, di crescita del 60 per cento della capacità produttiva.
Sono passati in tanti, ultimamente, per quei vialetti. Tra gli altri: Anthony Hopkins, Angelina Jolie, Gabriele Mainetti, Saverio Costanzo, Daniel Craig, Pierfrancesco Favino, Charlize Theron, Denzel Washington, Salma Hayek, Marco Bellocchio, Luca Marinelli e Paola Cortellesi – che con il suo “C’è ancora domani” ha sbancato il box office tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024, ottenendo diciannove candidature ai David di Donatello. Non ci sono però soltanto i numeri e i volti, per quanto incoraggianti siano i numeri e per quanto famosi siano i volti. C’è anche la preoccupazione.
Preoccupazione di “non avere più un domani” e di sprecare il momento che sembrava d’oro, come hanno fatto notare il 5 aprile, riuniti al cinema Adriano di Roma, gli addetti del settore cinematografico (tutte le associazioni, dagli autori ai produttori ai distributori agli esercenti).
[Di Marianna Rizzini, da Il Foglio dell’8 aprile 2024]
Una scena dal Casanova di Fellini (1976)