di Francesco De Luca
Abbiamo bisogno di storie. Agli uomini piacciono perché abbiamo bisogno di sapere di vicende di altre persone, che siano vicine o no, che siano contemporanee o no, viventi o no.
Storie, vicende, avvenimenti, accadimenti, vite, che hanno sostenuto le persone o le hanno affossate, o ne hanno accompagnato l’esistenza.
La letteratura si sorregge e si rinnova su questa esigenza della natura umana. Il cinema, nell’era moderna, ne ha rinnovato i paradigma espressivi. Fondamentalmente il cinema si sostanzia di vicende rappresentate con immagini.
Rimane al fondo, coriacea ed esigente, la necessità per gli uomini di conoscere gli avvenimenti dei propri simili. Orribili, orridi, sublimi o subliminali.
Così come presento l’argomentare può far pensare che la trattazione sfoci nella tragedia.
Tranquilli… voglio soltanto avviare il pensiero a razionalizzare questa pulsione che ci fagocita tutti verso il gossip, il pettegolezzo, verso le vicende personali, familiari, intime dei vip e dei poveri cristi.
Ma poi anche quello che pubblicamente non si dice della fuga della nostra vicina di casa, o delle traversie mentali del figlio della nostra lontana parente.
Abbiamo fame di storie. Sulle quali inveiamo con forconi e tronchesi per vivisezionare, per suturare, per infognarci, sulla base dei presunti, nostri, inviolabili, principi morali, o in sintonia col disprezzo cinico dei nostri mancati principi morali.
E teorizziamo intrecci, dissapori, gelosie, infedeltà, amori celati, colpevoli, lunari o solari. Per cercare di cogliere il nesso, di aprire gli occhi, per ritrovarci avveduti e non col prosciutto sugli occhi.
Cosa muove questa frenesia mentale?
La muovono la coscienza e la conoscenza che ci avvertono che siamo un enigma a noi stessi. Nonostante gli anni, le esperienze e gli studi, siamo ignari a noi stessi.
L’inconsistenza della conoscenza di noi stessi dà segnali di continuo. E cerchiamo di trarre dalle storie degli altri insegnamenti, avvertimenti, disvelamenti.
Vorremmo apprendere. E lo facciamo a modo nostro, come possiamo e come sappiamo fare.
Il mistero della vita comprende anche questo. Ossia l’incoscienza.
Non se ne sa molto dell’incoscienza, e la si tiene a margine. Perché non ci fa onore, non ci tranquillizza. L’ uomo, sedicente padrone dell’universo, questa pecca non la digerisce troppo.
Le storie degli altri sono anche la nostra storia.
Tutto confluisce e si compone nel Tutto.
Leggiamo per distrarci, per passare il tempo, per trovare spunti di interesse, ma anche per enucleare il bello dell’esistenza. Che è breve, frettolosa, ma anche gradevole. Ci sono gli altri, ci sono i luoghi, i sentimenti, e c’è l’esserci, come valore ultimo.
Il vivere è il premio non voluto ed è il disagio indesiderato. È la ricchezza che ci è stata assegnata.
Sandro Russo da "Letteratitudine", un blog dove scrivono miei amici
17 Marzo 2024 at 08:54
Leggiamo perché…
Leggiamo perché vivere una sola vita non basta. Leggiamo per viaggiare nel tempo e nello spazio. Leggiamo perché leggere è un’attività artistica (creiamo immagini, suoni, odori, partendo dalla parola scritta). Leggiamo per osservare e interpretare il mondo da punti di vista diversi. Leggiamo per sviluppare il nostro senso critico. Leggiamo perché leggere è un atto di libertà.
Leggiamo perché, in fin dei conti, leggere è divertente.