di Francesco De Luca
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“Mò vaco a casa”.
“A’ffà ché?” – domando.
“Sto allestenno ’na rezza a secce”.
“A seppie? E perché… le seppie si prendono con reti speciali?”
“Speciali no, ma devono essere di cotone e non di naylon… perché a quelle non si avvicinano”.
Chi mi parla è Patalano, storico pescatore di Ponza in attività, 84 anni, fisico asciutto, mente lucida, volontà da giovanotto.
Oggi sull’isola tira uno scirocco teso, tanto che la nave verrà e partirà subito per non incappare in onde corrive.
La giornata è grigia e umida, dal vestito invernale, anche se senza freddo.
Per strada si incontra qualcuno di rado, e ha pure fretta.
Al bar del porto c’è chi bivacca in attesa di un improbabile compagno; Ricciolino tiene aperto il negozio di giornali; al furgoncino della frutta qualche donna.
Soltanto gli anziani sembrano muoversi perché spinti dal bisogno giornaliero di nutrirsi. I ragazzi stanno a scuola, ma i giovani dove si intrattengono?
I giovani son fuggiti lontano perché l’isola non offre stimoli che attivino passioni o inclinazioni o, semplicemente, interessi.
Mancano strutture sociali che promuovano questo aspetto della vita paesana. Strutture pubbliche e strutture private.
Io dico che manca proprio l’attenzione all’aspetto sociale della vita paesana. L’aspetto ricreativo, quello conviviale, quello associativo. E manca perché non ritenuto produttivo dalla considerazione sociale. Dove non c’è guadagno, c’è perdita – recita un detto. Ed è fondamentalmente sbagliato. Il guadagno non è esclusivo del fattore economico. C’è anche il guadagno da gratificazione, per il piacere. E’ un guadagno non monetizzabile, ma sicuramente proficuo. Dove c’è piacere, c’è guadagno. E lo si misura nel gradimento di vivere lontano dagli affanni della vita cittadina e vicino alla quiete paesana.
Alla quiete ho detto e non alla morte.
Vedo che il tono si infila nella spirale polemica e me ne voglio tener fuori perché trovo proficuo evidenziare criticità della vita paesana e non cercare colpe.
Penso che una maggiore concentrazione sulla vita quotidiana sia più produttiva che non alienare lo spirito in futuristici scenari di vita sociale. Al punto in cui noi Ponzesi siamo giunti nel periodo invernale a me appare più avveduto richiamare l’attenzione sulla quotidianità piuttosto che sull’eccezionalità del periodo estivo.
Se si affronta il caos estivo con un tessuto sociale smangiato, corroso, difettato per scarsità di relazioni, per contrasti perenni e irrisolti, per contrarietà da insoddisfazioni, la vita isolana si paleserà inautentica, fittizia, pronta a svendersi e non a valorizzarsi.
“Pecché ’a rezza a secce ha dda tène duie laterali. Uno la salva dal toccare gli scogli e l’altro facilita l’imbrigliamento del pesce e gli rende difficile la fuga”. Patalano paziente mi spiega il suo mestiere. Si è rassicurato sull’attracco del suo gozzo e rientra a casa. Lamenta che a lui il pesce lo pagano a 5 euro al chilo e lo vendono poi a 18. Me lo dice col suo solito sorrisino che sottolinea il disappunto, prima di lasciarmi. Alla mattina che scorre con frizione nel grigiore dello scirocco.