di Alessandro Alfieri, nella trascrizione di Sandro Russo
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Tutto quello che avreste voluto sapere su David Bowie… e non avete mai osato chiedere – è il titolo completo di questo articolo, ed effettivamente le lezioni magistrali di Alessandro aprono la mente e il cuore. Su David Bowie poi, che dopo essere stato un mito in gioventù rimane una consolazione anche alla mia età.
Dopo aver religiosamente assistito allo “spiego” al Teatro Manzoni, lo scorso 23 gennaio (leggi qui) eccomi ora a trascrivere, a futura memoria, il contenuto dell’incontro, integrandolo con i brani che per obbligo di brevità i bravi tecnici e collaboratori di Alessandro Vaccari del Teatro Manzoni hanno tagliato e riversato su YouTube. Il video, di 54 min. è in fondo a questo articolo.
S. R.
Qui di seguito, Alessandro Alfieri…
Insieme ad Alessandro Vaccari abbiamo intitolato questa nuova serie di personaggi del rock “Gli Immortali” non per usare superlativi a vuoto ma per la capacità che hanno avuto non solo di essere stati grandi interpreti, aver raccontato la loro epoca, ma di aver contribuito a cambiarla. Prima e dopo di loro, nel bene come nel male, il mondo non è stato più lo stesso. Alcuni, e stasera parleremo di David Bowie – attraverso la loro arte hanno toccato temi esistenziali, filosofici e addirittura modificato il modo di intendere alcuni concetti. Analogamente a quel che hanno rappresentato altre grandi icone del rock come i Beatles e i Rolling Stones, per gli anni tra i ’60 e ’70, Bowie è stato un testimone – ma si può anche dire un fautore – del passaggio tra i ’70 e gli ’80.
Tutti noi, in maniera diretta o indiretta, siamo stato influenzati delle loro canzoni, e dietro di esse dal loro mondo culturale. In particolare grazie a Bowie, dal cambiamento dell’idea di ruolo e di identità; inoltre – ed è stata una caratteristica che ha attraversato tutta la vita del personaggio, Bowie è stato connotato da una continua insoddisfazione di quel che aveva fatto e ottenuto, il che l’ha condotto, attraverso trasformazioni e cambiamenti successivi, a porsi sempre nuovi orizzonti.
Facciamo l’assaggio di uno dei (tanti) suoi stili, con un pezzo degli inizi.
Space Oddity (Stranezze spaziali, anche conosciuto come Major Tom) (1969) (1) in un video (del ’72) di uno dei geniacci dei clip musicali ai suoi inizi (Mick Rock, si chiamava proprio così, non era uno pseudonimo: nomen, omen). Pare che la genesi del pezzo derivi dalla fascinazione ricevuta dalla visione di 2001 Odissea nello Spazio, (1968) di Kubrick.
Bowie viene dalla grande tradizione del folk e si afferma a cavallo degli anni che sono quelli del Sergent Pepper’s dei Beatles e poco più in là dei Pink Floyd.
Il 1969 è l’anno dello sbarco sulla luna e del Concerto di Woodstock, l’apice e insieme il canto del cigno della ‘controcultura’ hippie. A posteriori riconosciamo che le note distorte di Jimi Hendrix dell’inno americano in chiusura del concerto furono il perfetto epitaffio di quel mondo.
David Bowie (come d’altronde anche Andy Wharol, vedi in seguito) era lontano dal movimento hippie, come pure dall’esotismo e dalle fughe in India (sul sito, leggi qui dei Beatles e di Donovan); come era lontano dall’idea di Natura che pervadeva “i figli dei fiori”. Nella sua visione del mondo, la natura non esiste, tutto va creato: è questo lo spazio dell’arte.
Concetti espressi dal termine otherworldliness (intraducibile in italiano; “altromondità”, “essere fuori da questo mondo”
Vede se stesso come un alieno “l’uomo delle stelle” fuori da questo mondo, alla ricerca di una nuova identità, in continuo rinnovamento. Si pone fuori da qualunque definizione che lo incaselli in un ruolo.
Il movimento Glam nasce qui, ed è un’invenzione inglese: quando si provò a esportarlo in America il successo fu modesto e si caricò di orpelli che non erano del movimento originario con una matrice culturale collegata al decadentismo inizi Novecento: l’arte coincide con la vita (e viceversa); i rapporti arte-vita si esprimono nella creazione del personaggio, in una osmosi complessa per cui la creazione della canzone coincide con quella del personaggio. E nella insoddisfazione che lo portava ad un continuo cambiamento, diversi furono i personaggi e le vite che David Bowie abitò. In questo riconosciamo tratti in comune con Pessoa.
Mostro ora questa galleria di quattro personaggi che possono essere riconosciuti come matrice culturale di riferimento di David Bowie.
Friedrich Nietzsche, il filosofo tedesco (1844-1900) di cui David Bowie conosceva approfonditamente l’opera, in tempi relativamente recenti il suo pensiero è stato riconosciuto geniale e illuminante, dopo anni in cui era stato considerato come l’ideologo del nazismo.
Lindsay Kemp (1938 – 2018), coreografo, mimo, ballerino e attore inglese alla cui scuola di ‘mimica e trasformismo’ Bowie si era formato.
Andy Wharol (1928-1987), americano, figura predominante del movimento della Pop art e uno dei più influenti artisti del XX secolo.
Oscar Wilde (1854 – 1900), scrittore irlandese, esponente del decadentismo e dell’estetismo britannico (cfr. nota (2)].
Andy Warhol che indossa una tuta spaziale con David Bowie ad un party (1966)
L’edonismo estetico degli anni ’80 che ha avuto per David Bowie questi maestri riconosciuti ha trovato la sua formulazione teorica nel concetto di “Camp”, di Susan Sontag (3).
“L’essenza del Camp è il suo amore dell’innaturale, dell’artificio e dell’eccesso. Per di più il Camp è esoterico, è una specie di cifrario privato, una sorta di segno di riconoscimento fra ristrette cerchie urbane (…).”
E siamo ai tre album che caratterizzarono questo periodo: The man who sold the world, del 1970 (4); Hunky Dory (1971), The rise and fall of Ziggy Stardust and the Spider from Mars (1972).
Il video della presentazione su YouTube (sintesi di 54 min.) a cura del Teatro Manzoni, Roma
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Note
(1) – Space Oddity. La canzone è già sul Sito (testo anche in traduzione italiana), appaiato ad un articolo di Gabriele Romagnoli.
Inoltre la canzone è citata come pezzo di chiusura dell’ultimo film di Bernardo Bertolucci (1941-2018), Io e te (2012)
(2) – Oscar Fingal O’Flahertie Wills Wilde (Dublino 1854 – Parigi, 1900) è stato uno scrittore, aforista, poeta, drammaturgo, giornalista, saggista, e critico letterario irlandese dell’età vittoriana, Autore dalla scrittura apparentemente semplice e spontanea, ma sostanzialmente molto raffinata e incline alla ricerca del bon mot (della “battuta” di spirito), con uno stile talora sferzante e impertinente egli voleva risvegliare l’attenzione dei suoi lettori e invitarli alla riflessione. È noto soprattutto per l’uso frequente di aforismi e paradossi, per i quali è tuttora spesso citato (da Wikipedia)
(3) – Susan Sontag, Note sul Camp (1964)
http://www.rigabooks.it/index.php?idlanguage=1&zone=13&id=218&idantologia=289&idnumero=&idautore=
(4) – Sul sito un parallelo tra David Bowie e Kurt Cobain in “Una canzone per la domenica 267). Quelli che riuscirono a cantare la propria morte” con la stessa canzone – The man who sold the world – eseguita (in tempi diversi) da entrambi
[David Bowie di Alessandro Alfieri (2° art. di tre). – Continua]