segnalato dalla Redazione da Huffington Post
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La pagella Snpa-Ispra sull’Italia: progressi in raccolta differenziata e biologico, ritardi su clima e consumo di suolo
di Antonio Cianciullo – Da Huffington Post del 21 febbr. 2024
Sotto vari aspetti la situazione ambientale migliora, ma che ci sfugge l’essenziale. La difesa della vivibilità delle città, la protezione della salute, la crescita dell’occupazione sono legate alla capacità d’innovare il nostro modo di produrre e di vivere per rispondere alle esigenze che la crisi climatica fa emergere
Che immagine dell’Italia emerge dal Rapporto Ambiente di SNPA, il sistema per la protezione ambientale composto da Ispra e dalle agenzie ambientali? Visto che i dati sono contrastanti, per evitare la noiosa metafora del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto è bene provare a dare un colore definito al ritratto.
Cominciamo con le pennellate in positivo.
Su tre dei trend con il segno più non ci sono dubbi. L’agricoltura biologica è un indiscutibile punto di forza del nostro Paese. “Nel 2022”, si legge nella sintesi, “l’agricoltura biologica interessa il 18,7% della superficie agricola utilizzata (SAU) e il 7,3% del numero di aziende agricole. Negli ultimi 32 anni l’andamento è stato crescente sia in termini di operatori sia di superficie coltivata, in controtendenza rispetto allo storico declino della superficie agricola”.
Poi c’è la raccolta differenziata, spinta da un’adesione larga che mostra la disponibilità a gesti concreti di buon senso ambientale: “Si conferma il trend di crescita della raccolta differenziata anche nel 2022 con l’aumento di un punto percentuale a livello nazionale rispetto al 2021; che raggiunge così il 65%”.
Infine la ritirata delle discariche: “In costante discesa la quantità di rifiuti smaltiti in discarica. Dal 63,1% del 2002 si è passati al 17,8% del 2022. A livello regionale, nel 2022, la più bassa percentuale di rifiuti urbani smaltiti in discarica è conseguita dalla regione Campania con l’1,1%, seguita da Lombardia, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, e Trentino-Alto Adige. Si collocano al di sopra della soglia del 10% tutte le restanti regioni”.
Questi tre punti di forza hanno qualcosa in comune. Sono attività in cui, sia pure con qualche inevitabile contraddizione, l’opinione pubblica, le associazioni di categoria e i governi che si sono succeduti hanno agito in sinergia. E con continuità. Lo stesso non si può dire per altri due settori che pur vengono dati con segno più da SNPA: rinnovabili e qualità dell’aria.
Per le rinnovabili nel rapporto si legge: “Dall’analisi del trend 2004-2020 emerge che l’uso delle energie rinnovabili è aumentato e la quota è quasi triplicata nel periodo considerato: dal 6,3% del 2004 si è passati al 20,4% nel 2020 con un valore superiore all’obiettivo del 17% assegnato all’Italia”. Vero. Ma c’è il piccolo particolare che il vantaggio è tutto concentrato nei primi anni del periodo considerato. Poi c’è stata una lunga, irragionevole pausa. E solo da un paio d’anni sono arrivati segnali di ripresa che per il momento sembrano del tutto insufficienti a raggiungere l’obiettivo previsto al 2030.
Anche sulla qualità dell’aria è vero che i dati migliorano (“Si conferma l’andamento decrescente del PM2,5 negli ultimi 10 anni: risultato della riduzione congiunta delle emissioni di particolato primario e dei principali precursori del secondario”). Ma i parenti delle oltre 50 mila persone che ogni anno muoiono per aver respirato un’aria insalubre forse non si sentono particolarmente ottimisti. E infatti nel rapporto si aggiunge: “Risulta tuttavia superato, nella quasi totalità delle stazioni di monitoraggio, il valore di riferimento annuale dell’OMS (99,7% dei casi)”.
Poi ci sono le voci con il segno meno. Va male il clima e ne stiamo prendendo atto tardi e con fatica: “L’Italia registra, negli ultimi trenta anni (1991–2020), valori di anomalia della temperatura media spesso superiori a quello medio globale sulla terraferma. Il 2022 risulta essere l’anno più caldo di tutta la serie dal 1961, con una marcata anomalia della temperatura media di +1,23 gradi rispetto alla media climatologica 1991–2020, superiore di +0,58 gradi rispetto al precedente record assoluto del 2018 e di +1,0 gradi rispetto al valore del 2021”.
Il clima va male perché siamo in ritardo sulle politiche di adattamento e perché nel dopo covid siamo ripartiti con il piede sbagliato: “I gas serra si riducono rispetto al 1990 (-20%), ma la diminuzione non è sufficiente: pur superando l’obiettivo europeo fissato per il 2020, sono necessari ulteriori sforzi per raggiungere i nuovi obiettivi al 2030. Dopo la battuta d’arresto dovuta al periodo pandemico, nel 2021 i gas serra hanno visto un incremento dell’8,5% rispetto all’anno precedente”.
Anche sul consumo di suolo, determinante per la stabilità idrogeologica e per la difesa climatica, ci siamo pentiti di esserci pentiti. Avevamo cominciato a ridurlo, poi ci abbiamo ripensato anche perché la legge per la rigenerazione urbana non è mai stata approvata. “Dal 2006 al 2022 è aumentato in Italia di oltre 120.000 ettari”, si legge nel rapporto SNPA. “Nell’ultimo anno, il consumo di suolo netto registrato in Italia è stato, in media, oltre 21 ettari al giorno pari a 2,4 metri quadrati al secondo. Un incremento che allontana ancora di più dall’obiettivo di azzeramento del consumo netto di suolo, previsto dall’Ottavo Programma di Azione Ambientale, mostrando una preoccupante inversione di tendenza dopo i segnali di rallentamento registrati nel 2020”.
In sintesi si può dire che sotto vari aspetti la situazione ambientale dell’Italia migliora, ma che ci sfugge l’essenziale. La difesa della vivibilità delle città, la protezione della salute, la crescita dell’occupazione sono legate alla capacità d’innovare il nostro modo di produrre e di vivere per rispondere alle esigenze che la crisi climatica fa emergere.
A rafforzarsi saranno le economie che risponderanno meglio a questa nuova esigenza di mercato. Chi frena perde capacità competitiva e posti di lavoro.
Immagine dall’articolo su Huffington post on line