Zannone

Dimenticavo il cognome

di Francesco De Luca

 

“Alfonsino”, lo chiamano tutti così. Perché è piccolo di statura? No… non è un gigante ma… nemmeno un esserino. Lo chiamano così perché i genitori vollero addolcire il nome del loro primogenito, Alfonso. Che, a mio vedere, ha già di per sé un che di delicato.

Alfonsino ha memoria di quanto accadeva sull’isola di Zannone, al tempo dei Casati. Suo padre infatti era il guardiano dell’isola. Dal Comune veniva pagato per tenere puliti i sentieri e badare allo stato boschivo dell’isolotto. Dai Casati veniva pagato per sorvegliare la villa.

E Alfonsino cosa c’entra? C’entra per due ragioni. La prima: su Ponza-racconta si è focalizzata la vita che si faceva sul faro della Guardia. Una volta abitato dai fanalisti con famiglia e oggi privo di guardiano e di manutenzione. Bene, pure a Zannone c’è un faro, una volta abitato dai fanalisti con le famiglie e oggi anch’esso in malora.

Se di fari dismessi si parla, ebbene… che il ricordo si allarghi!

La seconda ragione: Alfonsino da bambino trascorreva l’intera estate col padre a Zannone. Per il gusto di trascorrere il tempo dei bagni in un luogo d’avventura.

Lui e il padre. Caccia, pesca, silenzi senza fine, con la natura che protegge e impaura, che invita e che minaccia. Camminate, bagni, sudate e impegni fuori dal normale. Un’ avventura!

Quando venivano i Casati anche la nonna si trasferiva a Zannone per accudire ai bisogni dei Casati. I quali venivano quasi sempre accompagnati da qualcuno. Il marchese, la moglie e gli ospiti.

La villa era grande, non grandissima, ma abbastanza per contenere tutti.

E comunque in estate c’era movimento sull’isolotto!

Nella parte alta, zona Monastero, dimoravano i Casati e il Guardiano (la famiglia di Alfonsino), nella parte bassa, zona Faro, c’erano i fanalisti coi familiari.

Ognuno col suo da fare. Di solito i Casati stavano appartati. I fanalisti pensavano a sfruttare le risorse del mare per il bisogno quotidiano. I piccoli, i bambini, cercavano di organizzarsi per giocare.

I piccoli… qui si introduce un’ altra testimonianza: è Ornella, la figlia di Filippo ‘u lanternaro, fanalista a Zannone con moglie e figli.

Ornella e Alfonsino, stessa età su per giù, le due case separate dal bosco, dove non era improbabile incontrare in estate i mufloni. Cosicché Ornella veniva accompagnata dal padre fin dove finisce il bosco e da lì veniva a prenderla Alfonsino.

Come comunicavano i due padri di famiglia? Con la tofa. La tofa è un grosso murice. Ad una estremità si pratica un foro in cui si immette il fiato che genera un forte suono. Un richiamo primitivo da una parte, e dall’altra rispondeva un altro richiamo.

Che mondo fantastico! Indimenticabile!

E infatti Alfonsino ricorda che dai sei anni in poi (fino al 1964) lui, a differenza dei fratelli più piccoli, si faceva trasportare a Zannone per immergersi in una continua avventura.

C’era una barca la “Fagiana” che faceva la spola per le vettovaglie ai Casati.

Una salvezza! Fu la salvezza per Filippo ‘u lanternaro. Ebbe un malore. Perse i sensi e non si riprendeva. Il padre di Alfonsino con mezzi di fortuna richiese l’intervento della barca. Venne, fu trasportato a Ponza.

Alfonsino ne parla con lucidità. Lui era accanto al padre nell’accaduto e snocciola i ricordi con sicurezza.

‘U lanternaro  salvò la vita per quel provvidenziale intervento. Lo testimonia pure Ornella a quel tempo bambina, colpita da quei fatti di cui tanto si parlò in famiglia.

 Alfonsino oggi fa il nonno a tempo pieno. Col furgoncino passa e ripassa fra Giancos e le ‘case popolari’ sui Guarnieri, dove abita. A Giancos va tutti i giorni per prendere il pane . A lui piace quello che viene da Formia, col traghetto.

Dimenticavo di dire: di cognome fa Iodice. Iodice Alfonsino.

 

 

1 Comment

1 Comments

  1. Enzo Di Fazio

    31 Gennaio 2024 at 14:32

    Conosco bene Alfonsino e la conoscenza risale proprio ai tempi di Zannone quando capitava, entrambi figli di guardiani (chi della villa dei Casati chi del faro), di giocare insieme nel grande appezzamento di terra antistante l’accesso principale alla villa.
    Lì c’era un’altalena legata ad un enorme fico (se non ricordo male presente ancora oggi a dispetto del degrado che si sta impossessando di tutto il resto) e una carriola di legno attrezzo utilizzato spesso per i nostri giochi. Ovviamente avveniva d’estate quando si era liberi dagli impegni scolastici.
    Con Alfonsino siamo pressoché coetanei e il tempo dei giochi è quello degli anni ’60 legati alla presenza del marchese Casati e dei signori di Milano ma anche alle cose buone che faceva l’impareggiabile zi’ Alena (la nonna di Alfonsino), come le nocchette accompagnate alla marmellata di amarene (leggi qui). Anni che un po’ ho cercato di raccontare su questo sito nella rubrica Fari e ricordi, cominciando proprio dal faro di Zannone (leggi qui). Indimenticabili anni in cui tutto brillava ed era curato, dalla villa dei Casati al faro in cui si alternavano tre guardiani che, non di rado, si portavano dietro le proprie famiglie.
    Ancora oggi quando incontro Alfonsino il mio saluto non è buongiorno o buonasera ma “Alfonsi’, benedetta ‘a mane ‘i Ddie” che era un intercalare, quasi un saluto beneaugurante, che il padre Silverio utilizzava di sovente quando si vedeva con i fanalisti, oggi un modo istintivo, il nostro, per lanciare il pensiero a quei tempi.

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