Cinema - Filmati

La Chimera, il film di Alice Rohrwacher

di Patrizia Maccotta

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Ho ricevuto in redazione una recensione di Patrizia Maccotta su questo film qualche giorno fa, ma ho aspettato di vederlo, prima di pubblicare.
Mi è piaciuto molto, ma non per tutti è stato così. Evidentemente i film della Alba Rohrwacher sono divisivi, o si amano o si odiano. Critici anche bravi hanno scritto:
“Ma che hanno fatto di male gli spettatori per dover sopportare il mondo fatato e straccione della Rohrwacher? (…)”. E da altri (che non avevano aver visto il film) ho letto addirittura: “La famiglia Rohrwacher la vedo come un sciagura dell’umanità”.
Ecco, già queste asserzioni lo rendono ai miei occhi meritevole di essere consigliato ai lettori di Ponzaracconta.
Buona lettura e, se capita, buona visione!
S. R.


La Chimera è il titolo di un film, a dire poco particolare, uscito nelle sale nel grigio mese di novembre passato. La sua regista, Alice Rohrwacher, è nota per scegliere storie lunghe ed originali (Le Meraviglie, 2014 – Lazzaro Felice, 2018 ) fin dalla sua prima pellicola girata in Calabria – che vede una delle attrici che recitano ne La Chimera, Yle Yara Vianello, nella veste di una bambina alle prese con una fede molto ipocrita – dal titolo intrigante “Corpo Celeste” (2011). Yle, ventiquattro anni, cresciuta in una comune montana sugli Appennini, all’insegna della natura e della vita condivisa, ha recitato ultimamente nel film “La Bella Estate” di Laura Lucchetti.

L’ultimo film di Alice è stato classificato il quinto miglior film straniero dell’anno dal National Board of Review Award, 2023, ed è stato presentato in anteprima (in concorso) al Festival di Cannes di quest’anno. Alice si è laureata in lettere e filosofia a Torino ed ha seguito un master in sceneggiatura e sul linguaggio dei documentari a Lisbona. È la sorella minore di Alba, attrice celebre, che recita anch’essa nella sua ultima opera.

La Chimera… La scelta del titolo indica un sogno vano, un desiderio quasi sempre irrealizzabile. “Ognuno insegue sempre la sua chimera” si dice. Insegue qualcosa che esiste solo nel suo immaginario. In quanto sogno e desiderio la parola “chimera” si allontana in quel senso specifico dal suo significato originario di mostro mitologico.

Nella storia che il film dipana, storia che si svolge sulla soglia di due mondi, su due piani, anche la chimera che i personaggi inseguono ha piani diversi: un piano assoluto, amore e morte, e un piano triviale, ricchezze e avidità. La chimera dell’incontro impossibile viene inseguita dal personaggio più intrigante del film, Arthur, lo straniero che vive in un mondo liminare, che non appartiene a nessun luogo e a nessun tempo (e se vogliamo a nessun ambito sociale),  anche se siamo a conoscenza  che i tombaroli stanno operando negli anni ottanta, e che attraversa la storia con un sorriso dolce ed assente.

La storia inizia con il suo viaggio: Arthur di cui sappiamo che è forse inglese, forse irlandese (molti dialoghi sono in questa lingua, pertanto, due piani anche linguistici nel film) ritorna nella Tuscia per ritrovare la sua chimera, una fanciulla che si chiama Beniamina, alla quale Yle Yara Vianello presta il suo volto solare e sorridente. Arthur vive una realtà tutta sua che non appartiene al mondo comune e che si svolge in una zona liminare che esita tra un mondo terrestre fatto dai paesaggi spogli e austeri della Tuscia, dalle piccole città di tufo grigio – la scelta di un paesaggio invernale si addice alla malinconia della tematica del film – e un mondo legato alle anime dei morti che lo inseguono sui treni, alle civiltà passate, alle tombe che visita (scopo non nobile che stride con la sua alta figura di cavaliere medioevale) con una banda di tombaroli per depredarle.
È una figura lunatica, vestita di abiti estivi malgrado il freddo, che cammina con scarpe logore, alla fine quasi del tutto rotte, su sentieri coperti di foglie, morte anch’esse. Vive in una baracca, eppure ha una sua eleganza, un suo senso della bellezza; ha sempre sulle labbra un sorriso triste, stupito e si interessa alle varie solitudini della vita. È un rabdomante e riesce a scoprire i luoghi occulti dove si trovano le tombe grazie al suo dono.
Il suo sorriso così dolce è il sorriso dell’attore britannico Josh O’Connor (20-5-1990), che ha interpretato la figura del Re Carlo da giovane in una serie.

Josh O’Connor, in La chimera (foto di Simona Pampallona)

Ama, riamato, Beniamina che è morta. Posso svelarlo, si sa fin dall’inizio che Beniamina appartiene all’altro mondo, quello che Arthur corteggia. Beniamina è la figlia di una strampalata nobildonna, Flora, interpretato da Isabella Rossellini. Flora, molto legata ad Arthur con il quale parla appunto in inglese, aspetta il ritorno della figlia che non rivedrà più.

Se è vero che ogni opera d’arte, libro, film, pittura che sia, rimanda ad un’altra opera d’arte, La Chimera, tecnicamente prodotto con più mezzi , una pellicola di 35 mm ed una, amatoriale, di 16, ha suscitato in me il ricordo di un’altra bella casa decaduta che appare in un altro film sul mal di vivere e sulla perdita: Le Sorelle Macaluso di Emma Dante (2020).

Flora (Isabella Rossellini) in La Chimera

Flora è attorniata da tante altre figlie vive, ma è la figlia morta, Beniamina, la sua chimera. Dà lezioni di canto alla sua improbabile “serva”, una ragazza madre brasiliana, dagli occhi vivaci e dal sorriso allegro ed aperto, che si chiama Italia.
Italia rappresenta il piano della concretezza, della gioia di vivere e della materia. Rappresenta anche il piano dell’onestà e del rispetto dei morti.
Arthur, dopo averla conosciuta, viene in un certo senso attratto dalla sua fisicità,  dal suo corpo flessuoso e vivo, dal suo profumo che ci sembra di percepire anche noi, seduti nella sala cinematografica!
L’attrice brasiliana Carol Duarte (São Paulo, 1991), conosciuta in Italia grazie alla pellicola del 2019 La Vita Invisibile di Euridice  Gusmao (che strana coincidenza il nome Euridice!)

Carol Duarte con Josh O’Connor nel film

Si è parlato del film di Alice come un film che si rifà alla storia mitologica di Orfeo ed Euridice – una delle musiche che lo accompagnano è l’Orfeo di Monteverdi – ma io non sono molto d’accordo: il mito viene evocato solo dalla presenza di un mondo sotterraneo e dalla figura di un giovane amore morto .

Contrapposto al mondo un poco surreale che Arthur frequenta, esiste l’altro mondo al quale è pur sempre legato: il mondo concreto, basso, goliardico quasi, dei tombaroli, delle feste dei villaggi, dei guadagni disonesti dei cui racconta uno strano cantastorie quasi volesse collocarlo nel registro di una tradizione orale e non nobile.

Il personaggio di Spartaco, a cui la sorella della regista, l’attrice Alba dà il volto raffinato,  rappresenta la cima di questa catena che lega il mondo degli Etruschi e delle loro tombe, del sacro profanato, al mondo dei piccoli furfanti che trovano i reperti. È il livello alto del mondo triviale, disonesto, avido di ricchezza, che non ha neppure la scusa della miseria per giustificarsi.

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Se la storia di Alice rappresenta pure un livello meno evidente di denuncia della poca cura che il nostro paese ha della sua ricchezza culturale ed artistica, io non l’ho percepito, se non in un modo molto superficiale.

Sono rimasta invece, anch’io, prigioniera sulla soglia tra il Qua e il Là, attratta dal volo degli uccelli che strappano l’azzurro invernale del cielo, dalla poesia dei luoghi (la vecchia dimora e la stazione abbandonata dove Italia fa fiorire la vita nella quale vorrebbe attrarre Arthur) dal sorriso e dalla figura così allungata di Arthur.
Non posso e, soprattutto, non voglio svelare alcuni aspetti della storia, per non uccidere il mistero a chi andrà a vedere questo film.
Spero che anche gli altri spettatori siano rimasti sospesi tra il loro mondo reale ed il mondo, ignoto e buio, dove tutti siamo chiamati ad andare e che forse, proprio per questo, ci attira così tanto, pur facendoci paura. Un altro richiamo è stata la parola, che io non conoscevo, che Sandro pronunciò, dopo la visione di un altro film poetico e diverso, Bella e Perduta (1): la parola “psicopompo” (intermediario tra il mondo dei vivi e quello dei Morti . Pulcinella). E mi sono chiesta se Arthur potrebbe essere la figura di uno psicopompo nella trama di Alice.

Una bella e piacevole sorpresa è stata vedere la sala del Lux di Roma riempirsi a poco a poco di giovani! Alla mia domanda, mi hanno risposto di essere venuti in tanti grazie ad un passaparola e perché sapevano che era un film di qualità! Raro vedere tanti universitari nelle sale in questi tempi! Ha aggiunto valore ad un film che ho apprezzato molto.

 

Nota
(1) – Bella e Perduta, film di Pietro Marcello (2015) dove lo psicopompo è rappresentato dal personaggio di Pulcinella (sul sito leggi qui).

Nella mitologia e in religione, lo psicopompo è una figura (in genere una divinità) che svolge la funzione di accompagnare le anime dei morti nell’oltretomba. La parola “psicopompo” deriva dal greco antico ψυχοπομπóς, composta da psyché (anima) e pompós (colui che manda).

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Appendice del 20 dic. 2023 (cfr. Commento di Sandro Russo)

Una cosa importante che abbiamo imparato al Corso di Cinema tenuto da Gianni Sarro, con una frequentazione che ormai si conta in lustri, è di fare molta attenzione a due aspetti abitualmente sottovalutati del film stesso.
Precisamente l’incipit ,incluso il modo in cui sono presentati i titoli di testa, e la locandina.
Più volte abbiamo potuto constatare che il regista vi pone una cura assoluta che talvolta dà addirittura la chiave del film; non diversamente dall’attenzione posta dalle case editrici e dall’Autore all’incipit di un libro.
Anche stavolta ci ho trovato qualcosa di illuminante, in effetti.

Riconsideriamo la locandina che ha accompagnato il lancio del film nelle sale italiane. Mi aveva colpito la somiglianza – tanto marcata da non essere un caso – con una carta dei Tarocchi.

L’appeso nel mazzo Visconti-Sforza. Ripreso da I Tarocchi dei Visconti (Dal Negro)

Non sono un cultore dei Tarocchi né tantomeno delle speculazioni esoteriche che ci stanno dietro, ma condivido lo stato d’animo di chi si sente stretto nella logica meccanicistica del reale e faccio mia la frase di Shakespeare: “Ci son più cose in cielo e in terra… [There are more things in heaven and earth, Horatio / Than are dreamt of in your philosophy. – W. Shakespeare, Hamlet]. Anch’io trovo la realtà troppo arida, e pure senza fanatismo ne immagino un’altra, pur se solo in una visuale poetica. Questa mi sembra esattamente l’emozione da cui è mossa la regista e anche per questo comune sentire il film mi è tanto piaciuto.

Non sono un conoscitore dei Tarocchi, ripeto, per cui sono andato a ricercare i significati di quella figura in particolare. E qui è stata la sorpresa, perché ci ho trovato il nucleo, il fulcro del film.
Li riporto senza ulteriori commenti (da Wikipedia e dal Vocabolario Treccani).

L’Appeso o L’Impiccato
è la dodicesima carta degli arcani maggiori o trionfi dei tarocchi; nei mazzi più antichi lo stesso arcano viene talvolta indicato anche come Il Traditore. Viene utilizzato sia nei giochi di carte sia a scopo divinatorio.

Nelle rappresentazioni moderne, l’Appeso è un giovane che appare capovolto, appeso per una caviglia al ramo di un albero o allo stipite superiore di una cornice. Ha una gamba piegata dietro l’altra e i polsi dietro la schiena, presumibilmente legati (Tarocchi Visconti), poiché la posizione nel complesso è associata a un supplizio pubblico. Alcune correnti eretiche, di matrice gnostica, si identificano in questa figura perché incarna, nei confronti del mondo, il ribaltamento della fede comune. Nei mazzi più antichi, in cui l’arcano si chiama “Il Traditore” (ad esempio nei Tarocchi di Carlo VI), l’appeso tiene in mano due sacchetti di monete talvolta stilizzati in semplici sfere, a rappresentare il prezzo del suo tradimento.

Sebbene la carta descriva un supplizio, il giovane appeso viene tradizionalmente raffigurato con un volto sereno, in preda all’estasi più che al dolore o all’umiliazione. In alcuni casi, come nel caso dei tarocchi Rider-Waite, ha anche il volto contornato da una aureola. A questi elementi, oltre che alla intrinseca ambiguità grafica della carta (che si presta a essere osservata capovolta) si riconducono molti dei significati simbolici associati all’Appeso in cartomanzia, che lo associano all’accettazione, all’armonia interiore o alla capacità di trascendere le convenzioni e osservare il mondo da un punto di vista più spirituale (Wikipedia)

E così in Calvino che ha pensato, capito (e scritto) tutto
La carta dell’Appeso è l’immagine che chiude la storia dell’Orlando pazzo per amore nel libro di Calvino Il Castello dei destini incrociati.
Orlando,il paladino impazzito e già rappresentato dal Matto, viene legato a testa in giù e, recuperato il senno, afferma: «Lasciatemi così. Ho fatto tutto il giro e ho capito. Il mondo si legge all’incontrario. Tutto è chiaro».

E chiudo con uno dei significati di Chimera, fornito dal vocabolario Treccani:
Chimera – 2. fig. Idea senza fondamento, sogno vano, fantasticheria strana, utopia (…)

Direi che in questi tre punti è compreso tutto il film. La curiosità di vedere come li ha rappresentati (messi in scena) la sora Alice Rohrwacher è quello che vi spingerà al cinema.

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Appendice del 21 dic. 2023 (cfr. Commento di Tano Pirrone)

Cinema di poesia La chimera di Alice Rohrwacher. Doppiozero

Ha compiuto cento anni il romanzo “Vele scarlatte” di Aleksandr Grin, da cui è stato tratto il film di Pietro Marcello e la sceneggiatura che spesso ripercorre i contorni di una fiaba. La storia pare semplice ma il regista, che utilizza con eleganza la narrazione cinematografica, ci offre un esempio di emancipazione femminile in un periodo storico difficile; la poesia delle immagini è sottolineata dalla fotografia limpida di Marco Graziaplena. Il film, dopo il passaggio al Festival di Cannes è stato poi presentato alla 17ª Festa del Cinema di Roma.

2 Comments

2 Comments

  1. Sandro Russo

    20 Dicembre 2023 at 14:00

    Ho tenuto per qualche giorno da parte la recensione di Patrizia Maccotta sul film perché, prima di leggere quel che ne aveva scritto, volevo vederlo. Visto e gradito che l’ho, ne posso scrivere anch’io…
    Immagini e continuazione del Commento, nell’articolo di base

  2. Tano Pirrone

    21 Dicembre 2023 at 16:47

    Senza voler tediare i lettori non interessati con una recensione di 4-5 pagine (in .pdf, ma scritto largo con grandi immagini), e volendo comunque proporre un punto di vista interessante sul film in questione, riporto qui il link da un articolo di Luca Ragazzo su Doppiozero: Cinema di poesia? La chimera di Alice Rohrwacher, dove si rilevano i collegamenti con il cinema di Pietro Marcello (Le vele scarlatte), anche per noi nume tutelare, tra i garanti della vitalità del cinema italiano, e si esplicita l’idea di Pasolini del “cinema di poesia”.
    per saperne di più:
    https://www.doppiozero.com/cinema-di-poesia-la-chimera-di-alice-rohrwacher

    Il .pdf della recensione e la locandina de Le vele scarlatte nell’articolo di base a cura della redazione

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