Dissalatore

Basta con le bettoline

di Tonino Impagliazzo 

Ho ritenuto prendere a prestito una frase dal passato per aprire una conversazione di più ampio e diverso spettro su un tema alquanto delicato: l’acqua.

Realizzare sulle isole Pontine degli “impianti industriali” per la produzione di acqua dissalata ha lasciato emergere una debolezza da parte della Provincia di Latina per una decisione poco convergente con il turismo dei luoghi.
La Provincia di Latina senza un indirizzo programmatico chiaro ha indicato, circa 25 anni fa, una scelta, in nome e per conto delle isole, che prevedeva la realizzazione sui relativi territori di due impianti industriali per la produzione di acqua dissalata e che il tempo, poi, ha dimostrato essere alquanto distante dalla loro “vocazione“ naturale-ambientalista.

Il tema dell’acqua abbraccia, oggi, diversi segmenti che vanno dal trattamento dei reflui alle reti di distribuzione, dal sistema degli approvvigionamenti idrici alle prementi, dal trattamento dei residui della dissalazione, con impianti da allocare distanti dalla costa, al “riuso” delle acque demersali per un utilizzo a favore della micro-agricoltura dei luoghi, per finire alle nuove tecnologie della interconnessione sottomarina.

La scarsa conoscenza dei luoghi insulari, l’andamento orografico dei territori e la loro fragilità consigliano una diversa presa di coscienza, degli addetti ai lavori e dei cittadini, che non può non tener conto della legge, ancora vigente, che stabilisce l’onere della fornitura dell’acqua a totale carico dello Stato, nonché della più recente modifica dell’articolo 119 della Costituzione che ha rafforzato la visione protettiva delle piccole isole, al punto da considerare questi luoghi  “Patrimonio dell’Umanità”.
E tutto ciò in controtendenza rispetto ai progetti e alle scelte della Provincia di Latina e del “decreto siccità”  che non hanno riservato alla materia sufficiente adozione di cautela vista la peculiarità dei territori insulari.

Un percorso da intraprendere oggi, di concerto anche con la Provincia di Latina e la Società Acqualatina, non può prescindere da un sereno e lungimirante dibattito, lasciando alle spalle grettezze e scarse vedute, per un futuro di crescita a favore delle isole. Obiettivo prevalente dovrà essere quello di superare congiuntamente difficoltà di prospettiva per un sereno riavvio per stabilire una opportunità di crescita più  ampia e disegnare un percorso di medio termine più produttivo, più efficace e più duraturo.

E sin da subito vorrei chiarire che l’intento dello scritto non è quello di escludere dal servizio l’attuale Gestore (Acqualatina spa) ma unicamente quello di apportare ogni utile contributo al fine di rimuovere dal dibattito sulle Piccole Isole ogni anomalia determinata dall’indirizzo previsionale che, predefinito dalla Provincia di Latina circa 25 anni fa, il tempo ha mostrato essere poco lungimirante al punto da rendere oggi necessario un approfondimento delle analisi onde evitare possibili danni futuri al territorio.

Tanto premesso mi sono chiesto:

  • è corretto mantenere in auge un bando della Provincia di Latina – ATO4 – di circa 25 anni fa, ancora “non attuato”, che previde una produzione di “acqua destinata all’uso umano” con un impianto industriale da posizionare su ciascuna isola, a fronte di una domanda turistica sempre più crescente e più attenta al rispetto dell’ambiente? Non lascia forse qualche dubbio tale tipo di scelta?
  • è corretto tacere sul Decreto Siccità, sulle Direttive CEE destinate a ridurre l’emissione di CO2 nell’atmosfera, sulle SIC e le ZPS già recepite in sede nazionale e regionale e le AMP e ZPS decretate dal Ministero dell’Ambiente, e tentare di annullare leggi e pareri scientifici a tutela delle acque delle isole? Sono questi da considerarsi interventi ad ampio spettro o sono piuttosto il frutto di comportamenti lacunosi e poco lungimiranti?
  • è corretto ignorare la legge n°307/1950 sull’acqua a carico dello Stato destinata alle “Piccole Isole” e la modifica dell’Art. 119 della Costituzione?

Diciamolo con franchezza: alla base del nostro colloquio c’è una domanda che, da 30 anni (dalla visita del Dir. Besson a Ventotene con alcuni tecnici del Consorzio delle Isole Pontine), attende una risposta sincera e idonea alla possibilità di considerare per una piccola isola, in alternativa all’impianto Industriale, la fornitura di acqua per uso umano utilizzando tecnologie che offrono soluzioni diverse, meglio coordinate e più rispettose dell’ambiente.

L’ipotesi – un tempo Progetto della Regione Lazio, ex Cassa Mezzogiorno – che prevedeva un “collegamento sottomarino” con la vicina città di San Felice Circeo, posizionando il tracciato su un fondale marino sabbioso e omogeneo alla profondità massima di circa 100/120 metri, ancora oggi è considerata dai cittadini di Ponza e Ventotene iniziativa valida e vantaggiosa che non può e non deve essere frettolosamente accantonata. E questo anche da parte di coloro che promuovono il territorio turisticamente e coloro che prediligono le isole come luogo di vacanza.

Alla luce delle nuove tecnologie industriali rifiutare a priori la provvista di acqua destinata alle isole attraverso una interconnessione sottomarina con la vicina Circeo significa non essere al passo con i tempi né lungimiranti. Non è forse tempo di cambiare rotta e dirigere la prua verso scelte più aderenti alle vocazioni dei territori insulari che fanno dell’acqua un valore aggiunto e fondamentale per lo sviluppo del turismo e per la tutela dell’ambiente?

Concludo                                                         
Per quanto argomentato ritengo che sia necessario focalizzare l’attenzione sulle difficoltà e i costi legati alla programmazione dei servizi e alla gestione degli impianti visto gli enormi scostamenti numerici che ci sono tra le presenze invernali e quelle estive.
In merito ritengo che sia anacronistico e inopportuno pensare di ricorrere ancora nel futuro a navi Militari per garantire il servizio.     
Le scelte economiche
che si prendono per fronteggiare le grosse differenze di domanda di acqua tra periodi invernali ed estivi (per Ponza, ad esempio, passiamo da 2500 presenze a 25.000) determinano costi di manutenzione e di approvvigionamento, fatti via mare, che cadono a totale carico dell’utenza provinciale e della Regione. Ha senso continuare in questo modo?
Pensando in particolare a Ponza perché non desistere dal posizionamento degli impianti “in zona marina” (Cala dell’Acqua) dove la produzione e concentrazione di salmastro comportano il deterioramento delle attrezzature e degli impianti con conseguente lievitazione dei costi derivanti dalla necessaria manutenzione?

E non di poco conto sono le conseguenze di certe scelte per quanto riguarda l’impatto ambientale.

Al di là dei danni che si arrecano all’ambiente terrestre e marino c’è il tradimento dei valori legati alla tutela del territorio e della fiducia che i nostri avi e tutti coloro che amano le nostre isole hanno riposto in coloro che oggi, responsabilmente, sono deputati a fare scelte e prendere decisioni.
E la scelta di utilizzare l’interconnessione sottomarina per il trasporto dell’acqua va sicuramente in direzione del rispetto del territorio e di chi vi vive oggi e di chi vi vivrà nel futuro.

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