Canzoni

Una canzone per la domenica (273). “Now and then”, il revival dei Beatles

proposto da Sandro Russo

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È con una specie di doloroso piacere che presento questa canzone nella nostra rubrica domenicale. E credo che sia uno stato d’animo largamente condiviso tra quelli che hanno amato i Beatles, quelli che con loro sono cresciuti, che con i testi delle loro canzoni hanno cominciato ad imparare l’inglese, con essi hanno sperimentato l’entusiasmo e la perdita.
Per dirla tutta, i Beatles sono così inestricabilmente legati all’idea della gioventù per quelli della nostra generazione che anche solo nominarli, sentire le loro canzoni richiede una preparazione emotiva e uno stato d’animo particolari.
Figuriamoci quando dalle fumosità del mitico e intangibile passato esce addirittura una canzone nuova, mai sentita. Con le loro voci precise, gli strumenti suonati da loro stessi.

A sentirla, la canzone, è un po’ una minestra riscaldata, diciamo che non è tra loro pezzi migliori, ma dicevamo, è tutto quello che c’è dietro che emoziona.
E non è neanche la prima volta… è già successo quando nel 1995 e nel 1996 sono state “tirate fuori” due canzoni “postume” (John Lennon è morto nel 1980), rispettivamente: Free As A Bird e Real Love (anch’esse presentate, alla fine di questo pezzo, ma senza dirne troppo di più; c’è una quantità di notizie, sul web…  Voi lettori proprio niente volete fare?).
E non è che ogni volta è stessimo lì a giudicare il pezzo, piuttosto eravamo sottoposti a un massaggio/strizzatura fatto di immagini, brandelli di pensieri, impressioni e ricordi per cui in quelle musiche ci si perdeva… ci nuotavamo in mezzo come in un liquido amniotico.
Stavolta, con Now and then è stato di poco diverso, ma ci sono passati addosso quasi altri  trent’anni… e qualcosa è cambiato soprattutto in noi, nel modo di vivere i ricordi e la nostalgia.
Ma ecco il pezzo, e a seguire un interessante articolo di Stefano Massini, tra i nostri giornalisti/scrittori di riferimento.

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Now and then Lyric

[Intro: Paul McCartney]
(One, two, three)

[Refrain: John Lennon]
I know it’s true
It’s all because of you
And if I make it through
It’s all because of you

[Verse 1: John Lennon, John Lennon & Paul McCartney]
And now and then
If we must start again
Well, we will know for sure
That I will love you

[Chorus: John Lennon & Paul McCartney]
Now and then
I miss you
Oh, now and then
I want you to be there for me
Always to return to me

[Verse 2: John Lennon]
I know it’s true
It’s all because of you
And if you go away
I know you’ll never stay

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[Chorus: John Lennon & Paul McCartney]
Now and then
I miss you
Oh, now and then
I want you to be there for me

[Bridge: George Harrison]
(Ah)
(Ah)
(Ah)
(Ooh)
(Ah)

[Refrain: John Lennon]
I know it’s true
It’s all because of you
And if I make it through
It’s all because of you

[Instrumental Break]

[Outro: Ringo Starr]
(Good one)

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strawberryfieldsforever
I Beatles oltre i Beatles
di Stefano Massini

Il brano “Now and Then” detronizza Taylor Swift dal podio di Spotify, 54 anni dopo lo scioglimento dei Fab Four. Così tecnologia e Rete cambiano la musica
C’è una meravigliosa staffetta nella coincidenza per cui internet ebbe il suo battesimo nel settembre del 1969, mentre usciva l’album “Abbey Road”

Un nuovo pezzo dei Fab Four? Nel 2023? Ebbene sì. E non solo: Now and then detronizza Taylor Swift dal podio di Spotify, la piattaforma lanciata trentotto anni dopo lo scioglimento del gruppo. C’è quindi qualcosa di potente in questo ritorno al futuro, c’è uno spiazzamento fra livelli temporali che avrebbe fatto sorridere Italo Calvino nella sua lezione sui classici, e al tempo stesso c’è anche (come negarlo) il paradigma del nostro maneggiare ciò che è stato e non è più, ostinandoci a imporre un sequel a esperienze ed esistenze concluse, incapaci come siamo di accettare gli epiloghi. Proviamo allora ad analizzarla, questa clamorosa materializzazione di Paul, John, George e Ringo che senza neanche scomodare Wells irrompono in un pianeta muto e narcotizzato sull’orlo della Terza Guerra Mondiale.

Al successo i nostri erano più che abituati, ma certo non può non far pensare la miriade di clic con cui adolescenti inglesi, americani e di ogni dove stanno scaricando il brano, loro che sono come minimo nipoti di quei derelitti a cui Roversi consigliava di chiedere chi fossero i Beatles in una celebre hit degli Stadio: del nov. 204, sul sito ascolta qui].

Il punto è che la nostra epoca, completamente votata alla mitopoiesi da social, è più che mai sensibile a tutto ciò che riceva il marchio di leggenda, e finisce quindi per erigere templi ed altari a tempo di record pur di concedersi lo status di adepto a un culto unificante, qualunque esso sia. A creare il caso, forse, è quindi più la community dei Beatles che non l’effettiva capacità trascinante di un brano non ipnotico come i numeri farebbero pensare, cosicché esso finisce per tradursi in un pretesto per accedere all’ecclesia, alla moltitudine di chi può ritrovarsi e fraternizzare all’insegna di quella frase non per nulla virale « oh my God, sto ascoltando anch’io i Beatles! » , la cui forza sta nel rompere non solo barriere geografiche, ma addirittura temporali.
A tutto ciò si aggiunga che lo stile dei Quattro è lontano anni luce da sovrani di Spotify come Bad Bunny e Dua Lipa, fino al punto da apparire per assurdo una novità abbagliante, proprio nella misura in cui è sconosciuto e spiazzante.
È un paradosso, ma il vintage esce ancora una volta a gonfie vele se intercetta la sete di stimoli dissonanti dai prodotti in serie tutti uguali e a misura d’algoritmo.

Dopodiché, rileveremo che c’è una meravigliosa staffetta nella coincidenza per cui la rete Internet ebbe il suo battesimo (sotto forma di Arpanet) esattamente nel settembre del 1969, mentre usciva per la Apple Records Abbey Road.
Il loro addio (che si sarebbe consumato otto mesi dopo con Let It Be) andò di pari passo ai primi vagiti di una tecnologia che avrebbe radicalmente trasformato il mondo della comunicazione e pure della musica, su cui loro stessi avevano impresso un segno indelebile.

Scompaiono i Beatles e nello stesso mese, silenziosamente, nasce Internet. Ecco, è per questo che il trionfo planetario di Now and then mi appare anche come la chiusura di un cerchio, il grande cerchio in cui i fenomeni ti sembrano autonomi ma si influenzano e ingenerano a vicenda, con i Beatles che incarnarono la rivoluzione degli anni ’60 e Internet che segna l’ultimo ribaltamento copernicano della loro eredità, così ignorata eppure vitale per la musica del terzo millennio, quella che corre online, quella che rimbalza sugli smartphone della generazione Z.

Si è tuonato che questo inatteso parto dei Magnifici Quattro sarebbe in realtà una specie di creatura in laboratorio, assemblata dall’Intelligenza Artificiale che ci ha abituati ormai a varcare la soglia del commiato risuscitando gli assenti come sarebbe piaciuto a Mary Shelley.
Ma il caso è stavolta più complesso di quelle irritanti (e irriverenti) forzature che sui nostri screen riesumano dalle ceneri Fred Astaire facendolo ballare sulle note di un rap oppure fanno duettare campioni del download con Ella Fitzgerald o Natalino Otto.

Come accadeva in quel sequel di Blade Runner girato da Denis Villeneuve, nella sequenza in cui un ectoplasma di Elvis si esibisce ormai nel pianobar di un hotel, così non ci stupiremmo di trovare Rodolfo Valentino o Buster Keaton arruolati nel cast di una serie tv su Netflix, perché in fondo questo stupro temporale non ha perso soltanto l’effetto sorpresa, ma altresì quello dello scandalo, a mio avviso imponendo più di una riflessione sull’etica a cui dovremmo attenerci nei confronti di ciò che si coniuga al passato o al trapassato remoto.
Nell’era in cui ogni cosa si è tramutata in dati, e la memoria risiede in un archivio pressoché infinito di link accessibili a chiunque, è come se assistessimo alla perpetrata violazione di tutto ciò che ha concluso il suo ciclo vitale, trovandosi suo malgrado riattivato in nome di una sfolgorante restituzione alla vita.
Prendiamo dunque atto che ciò che le religioni declinano in resurrezione e reincarnazione, la tecnologia l’ha reso possibile sotto forma di un ripristino, con tutte le incognite che la materia riserva (non ultimo il senso reale di un diritto all’oblio).

Dicevamo però che la vicenda di Now and then è sostanzialmente diversa, trattandosi qui non di creare ex-novo un brano sulla maniera dei Beatles (cosa che l’Intelligenza Artificiale sarebbe perfettamente in grado di fare), ma di intervenire chirurgicamente su una vecchia pessima traccia su musicassetta, registrata da Lennon con piano e voce. Era una proposta per un nuovo pezzo, poi mai realizzato anche per la scarsissima qualità del nastro, non per nulla candidato da George Harrison alla pattumiera.
Qui è intervenuto il dio dell’Hi-Tech, riuscendo a separare la voce di Lennon dai ronzii intollerabili del microfono e dai bassi del piano che coprivano ogni cosa, ottenendone infine una reale voce dal passato. La sua voce, insisto, senza artifici.
Il resto lo ha determinato l’onnipotente hype: il regista Peter Jackson, ideatore del boom, deve aver pensato che l’amicizia fra hobbit che faceva partire struggenti volate d’archi nel suo Signore degli Anelli poteva elevarsi al cubo se al posto di Frodo Baggins e Samwise Gamgee c’erano McCartney e Lennon.

E allora come resistere al fascino cinematografico di quella musicassetta con su scritto “Per Paul”, a lui consegnata da Yoko Ono ben quattordici anni dopo l’assassinio del marito?
E sia: al di là dell’effettivo interesse musicale del brano, è oggettivo che l’hype e l’hi-tech si siano stretti la mano per consentire alle masse del 2023 il singhiozzo mercificato di un nuovo abbraccio, mediaticamente esplosivo, fra quei due mitologici ex- amici da far assolutamente riappacificare, secondo il diktat spietatissimo del grande melò social in cui siamo sprofondati.
La ricetta del fenomeno Now and then è quindi completa, mescolando insieme fattori molto diversi e tentando una ricomposizione di target in teoria inavvicinabili, secondo la sublime legge del marketing che traduce un prodotto in comune denominatore di una comunità. Sulle note di questo brano (e al di là di esse) si saldano la nostalgia e il revival, il pathos cinematografico e una prova muscolare tecnologica, con il forse imprevisto elemento aggiuntivo di una platea di teenager ansiosi di celebrar(si) in un mito, fosse anche quello semisconosciuto di un epico sottomarino giallo. E il trono di Spotify è assicurato.

Immagine di copertina (da Repubblica) Icone. In questo scatto i Beatles sono immortalati nel backstage dell’ABC Cinema di Ferensway, Hull, nello Yorkshire, durante il loro tour autunnale del 1963: è il 24 novembre I Fab Four tornarono ancora all’ABC Cinema il 16 ottobre 1964 [Staff/ Hull Daily Mail/ Mirrorpix Via Getty Images]

L’autore – Scrittore e drammaturgo, Stefano Massini è nato a Firenze nel 1975. Tradotto e rappresentato in tutto il mondo, tra le sue opere di maggior successo Lehman Trilogy con cui ha vinto il Tony Award alla migliore opera teatrale

L’articolo su Robinson di Repubblica (file .pdf): La Repubblica 12.11.2023. Articolo Massini Beatles. Screenshot

Da YouTube: Free as a bird

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Da YouTube: Real love

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N.B.
Tutto quel che avreste voluto sapere deiBeatles (e non avete mai avuto il coraggio di chiedere), nella magistrale lezione di Alessandro Alfieri al Teatro Manzoni il 14 dicembre 2022, trasposta sul sito in tre puntate [il video YouTube dell’intera lezione è allegato alla prima puntata e dura 49 minuti (è sintetizzato e montato]:


https://www.ponzaracconta.it/2022/12/18/i-beatles-come-non-li-avete-mai-sentiti-raccontare-1/

https://www.ponzaracconta.it/2022/12/21/i-beatles-come-non-li-avete-mai-sentiti-raccontare-2/

https://www.ponzaracconta.it/2022/12/24/i-beatles-come-non-li-avete-mai-sentiti-raccontare-3/


Di Sandro Russo, sui Beatles, leggi anche qui:

Chi erano mai questi Beatles…

 

1 Comment

1 Comments

  1. Carlo Secondino

    1 Dicembre 2023 at 23:58

    Complimenti Sandro! La tua proposta di “Now and then” è stata una scelta apprezzabilissima. Il tuo testo introduttivo poi, mi ha proiettato negli anni ’60 e 70, ma, soprattutto, dopo questo pezzo dei Beatles dissepolto (e poco importa se sia stata necessaria la manina della non so quanto ‘minacciosa’ AI) son corso a riascoltarmi “Let it be” ed “Hey, Jude”.
    Bravissimo anche Stefano Massini, la cui dettagliata ricostruzione, grazie ad alcune notizie non molto note, è arricchente per chiunque – tra il rapimento operato dalla memoria e il desiderio di conservarne consapevolezza – volga il pensiero e l’animo a quegli anni.
    A te e a Stefano Massini, dunque, un gigantesco “Grazie”!

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