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Premetto, come ho sempre sostenuto in passato, che per l’isola di Ponza è necessario un piano globale per prevenire i dissesti idrogeologici, e non mettere la toppa dopo l’accaduto (il più delle volte anche inutilmente, come per Chiaia di Luna, dove si sono spesi milioni di euro, col risultato che ne è sempre interdetto l’accesso) .
Gli interventi di prevenzione sui dissesti idrogeologici, dovrebbero riguardare in primis le zone dove vi sono le abitazioni, possibilmente dando la priorità a quelle degli indigeni.
Sostengo che con una buona pianificazione si potrebbe combattere il dissesto, oltre che con la messa in opera di una rete paramassi (chiodatura), soprattutto con la piantumazione di specie vegetali adatte al suolo d’intervento, ma anche con la canalizzazione delle acque pluviali e il ripristino dei muretti a secco (favorendo nel contempo, nuove forme di occupazione giovanile, come “l’agricoltura eroica”, su cui si fanno solo chiacchere a vuoto).
A mio parere, l’Amministrazione dovrebbe mettersi alla prova su questo campo, ma al momento ciò non avviene, né è mai avvenuto per il passato, anche se abbiamo sentito tante chiacchiere sui media .
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Come consuetudine, anche io il 2 Novembre mi sono recato al cimitero, per far visita a chi non c’è più: genitori, parenti e amici.
Il cimitero era ben pulito e in ordine, tranne la parte del piccolo cimitero musulmano, con la stele dei deportati libici morti a Ponza, libero dalle sterpaglie, ma spoglio e ingombro di materiali.
Questo lo ritengo molto grave, perché è una mancanza di rispetto per i morti di un’altra religione; la stessa cosa è successa tempo fa a la Galite, dove il cimitero è in uno stato totale di abbandono e dove – mi hanno riferito – le tombe sono state persino profanate e divelte.
Nel fare il solito giro, sono rimasto basito dalla crescita smisurata degli alberi di ailanto (Ailanthus altissima Fam. Simarubacee, una specie altamente invasiva, assolutamente non autoctona, originaria della Cina): un bosco, dentro e fuori le mura cimiteriali. Mi risulta che per fare i lavori per il sanare il dissesto, sono stati tagliati, il che ha dato loro un vigore ancora maggiore.
Mi domando: a cosa saranno serviti i lavori fatti, se non si è provveduto prima ad eradicare questa pianta aliena?
Bisogna ricordare che essa è la causa principale del dissesto, perché si insinua nelle fissurazioni della roccia, la disgrega e la rende più permeabile all’acqua; pertanto andava eradicata prima dell’intervento, con un diserbo selettivo e contenuto, altrimenti già nel breve periodo l’intervento effettuato si dimostrerà nullo. Non bisogna possedere specifiche competenze botaniche per capirlo. Possibile che nella progettazione non si sia tenuto conto di questo aspetto?
È mai possibile che nessun tecnico, nessun amministratore comunale o regionale ci abbia pensato, e abbia consultato un esperto per la risoluzione del problema? Che nessun ente statale, né “gli amanti del paesaggio” (ambientalisti), abbiano avuto l’idea di controllare o fare qualcosa, prima di sperperare risorse pubbliche, derivanti dalle tasse degli onesti cittadini?
Sarebbe il caso di avere una risposta in merito, da qualche tecnico del progetto e da qualche amministratore (tra coloro che sono stati i responsabili dei lavori), come pure sapere se ci sono delle possibilità di riparare al malfatto, prima che i danni diventino irreversibili.
P.S. Seguirà un osservatorio su altri lavori pubblici fatti a Ponza.