a cura della Redazione
.
Continua il nostro excursus sulle definizioni della politica, prendendo qua e là da saggi, libri, articoli di giornale le voci pertinenti al tema.
Le origini storiche del termine “sinistra” sono riportate in Note.
Dizionario Politico
Sinistra è tutelare i diritti. Tutti
di Andrea Romano
Andrea Romano ha scritto un saggio per spiegare ai suoi figli il senso di una militanza. Eccone un estratto
La grande novità fu presentarsi non come l’ennesima ribellione ma come interprete di un disegno di emancipazione
Ma insomma, a cosa serve la sinistra?
Francamente una risposta non ce l’ho. Forse perché non ce ne può essere solo una rispetto a un fenomeno storico che ha cambiato pelle decine di volte, fin da quando si è affacciato nel mondo moderno ormai un secolo e mezzo fa. Anche se poi è soltanto da qualche decennio che la chiamiamo così (“sinistra”), perché i grandi partiti italiani che ne hanno fatto la storia utilizzavano molto raramente questa parola per definire se stessi e la propria politica. In particolare il Pci, nel cui linguaggio abbondavano termini come “progresso”, “popolo”, “forze popolari”, “lavoro” e “lavoratori” ma dove “sinistra” compariva assai di rado. Anche perché nell’orizzonte del comunismo italiano “sinistra” aveva un vago sapore di estremismo settario, da cui tenersi ben lontani. Le cose cambiarono con la fine degli anni Sessanta, quando quella parola si diffuse senza inibizioni anche sulla spinta del protagonismo dei tanti gruppi della cosiddetta “nuova sinistra” (che era “nuova” proprio perché diversa dai grandi e tradizionali partiti popolari).
È forse più facile pensare a cosa sia servita finora, la sinistra. Perché vediamo tutt’intorno a noi i risultati della sua funzione storica. Dalle fondamenta del welfare state (nel servizio sanitario nazionale, nella previdenza pubblica, nel sistema pensionistico, ecc.) alle tutele di base del mondo del lavoro, dalla garanzia dei diritti civili alle norme contro ogni discriminazione: non c’è ambito della nostra relazione di cittadini con la cosa pubblica dove non si riconosca l’impronta della sinistra. Anche quando non si tratta di risultati prodotti direttamente dall’azione politica dei partiti di sinistra, che per larga parte della storia italiana si sono trovati all’opposizione, quelle norme di uguaglianza e quegli istituti di civiltà sono nati anche in conseguenza della pressione e della mobilitazione della sinistra. Se c’è dunque un senso comune nella storia della sinistra, anche nel caso italiano, è nel suo essere stato motore di progresso civile: un motore che spesso ha spinto la destra, talvolta costringendola, ad assumere decisioni e iniziative che autonomamente non avrebbe mai preso.
Vedi che mi hai risposto? Quindi la sinistra serve a promuovere il progresso, anche oggi.
Non sarei così sicuro che la parola “progresso” (senza ulteriori specificazioni) riassuma tutto il senso della sinistra, sia nel tempo presente sia in quello passato. (…) Resterei piuttosto all’ispirazione originaria della sinistra, in questo caso sia italiana sia internazionale, e quindi alla ragione di fondo che ne ha sorretto i primissimi passi. Quell’ispirazione guardava all’urgenza di garantire la dignità degli ultimi, attraverso la conquista di diritti che per noi sono scontati da tempo ma che allora erano negati alla larghissima maggioranza della popolazione. Di volta in volta erano i diritti dei braccianti agricoli, quelli dei bambini costretti a lavorare in miniera o delle donne a cui era negata la libertà dai bisogni più elementari. Ma tutti insieme erano i diritti dell’intero genere umano, né più né meno: perché era l’umanità nel suo insieme a essere privata di dignità dal dominio incontrastato di una minoranza privilegiata. La grande novità della sinistra moderna fu il presentarsi non già come l’ennesima ribellione di uno specifico gruppo di schiavi o di diseredati, come ce n’erano state tante nei secoli precedenti, ma come interprete di un disegno di emancipazione dell’intera umanità. Le catene da spezzare, nella prima iconografia socialista, imbrigliavano il mondo intero. E il più celebre inno socialista di sempre, nato in Francia nel 1871 in onore della Comune di Parigi, annuncia fin d’allora che l’Internazionale sarebbe statala «futura umanità» (nell’originale francese: «L’Internazionale sarà il genere umano»), non certo uno specifico gruppo di cittadini o di lavoratori.
Da allora è cambiato tutto, ma in fondo non è cambiato granché. E se in passato la funzione della sinistra è stata questa, non è scontato che così possa essere anche in futuro. Perché la questione è, in buona sostanza, se la sinistra saprà tornare ai fondamentali e dunque conservare lo sguardo originario con cui si è sempre rivolta a un orizzonte di emancipazione generale. O se invece si frantumerà in tante piccole rivendicazioni di gruppo: ciascuna pienamente legittima; ciascuna promossa da una specifica e forte identità di genere sessuale, di desiderio, di lingua, di etnia, di minoranza o di altro tipo; ma tutte insieme incapaci di restituire quel quadro generale, popolare e vocazionalmente maggioritario che ha alimentato la sua storia più che secolare.
Pubblicato per Piemme da Mondadori Libri S.p.A. /© 2023 Mondadori Libri S.p.A., Milano
[Da la Repubblica del 18 ottobre 2023]
Il libro. Futura umanità. Storia della sinistra raccontata ai miei figli, di Andrea Romano (Piemme Ed., pagg. 224, euro 19,90)
Immagine di copertina: dall’articolo di Repubblica
Nota storica (a cura della Redazione; estratto da Wikipedia (ibidem)
– Le denominazioni “destra” e “sinistra” delle due parti opposte nell’arena politica nascono in Francia poco prima della Rivoluzione francese. Nel maggio 1789 furono convocati gli Stati generali dal Re di Francia, un’assemblea che doveva rappresentare le tre classi sociali, più che veri e propri ordini, allora riconosciute: il clero, la nobiltà e il terzo Stato, ovvero il popolo in generale. Quest’ultimo si ordinò all’interno dell’emiciclo con gli esponenti conservatori capeggiati da Pierre-Victor Malouet che presero i posti alla destra del Presidente, i radicali di Honoré Gabriel Riqueti de Mirabeau quelli alla sinistra. Questa divisione si ripresentò anche in seguito, quando si formò l’Assemblea nazionale. A destra prevaleva una corrente volta a mantenere i poteri monarchici, a sinistra stava la componente più rivoluzionaria
– Con il termine sinistra, nel linguaggio politico, si indica la componente del parlamento che siede alla sinistra del presidente dell’assemblea legislativa e, in generale, l’insieme delle posizioni politiche qualificate come progressiste ed egualitariste. Indica infatti un orientamento politico social-liberale, riformista, socialdemocratico, liberalsocialista e liberaldemocratico (centro-sinistra), socialista democratico, ecosocialista e laico (sinistra), o comunista, di matrice anarchica e non (estrema sinistra), diametralmente opposte rispetto a quelle della destra.
– Il termine sinistra, originariamente di matrice liberale, è stato applicato a una serie di movimenti, in particolare il repubblicanesimo in Francia durante il XVIII secolo, seguito dal socialismo, tra cui anarchismo, comunismo, movimento operaio, marxismo, socialdemocrazia e sindacalismo nei secoli XIX e XX. Da allora, il termine sinistra è stato applicato a un’ampia gamma di movimenti, tra cui il movimento per i diritti civili, il movimento femminista, il movimento per i diritti LGBT+, il movimento contro la guerra e il movimento ambientalista, nonché un’ampia gamma di partiti politici.
Sandro Russo
19 Ottobre 2023 at 11:11
Sono un noto estimatore di Michele Serra e delle sue ‘amache’. Per dare evidenza alla sua nota odierna, non ho trovato posto migliore di questo, tra gli articoli recenti del sito, perché veramente il personaggio in questione è il più protervo e dozzinale oppositore di tutte le convinzioni e gli ideali della “sinistra”.
–
L’amaca del 19 ottobre 2023
La Curva Ovest scende in campo
di Michele Serra
–
In questo clima di tregenda, la notizia che la Lega del Salvini convoca una manifestazione “in difesa dei valori occidentali” mette quasi di buon umore. Tra i valori occidentali e il Salvini c’è lo stesso rapporto che collega un pesce alla bicicletta.
Non che negli esordi bossiani la cultura democratica fosse in primo piano. A partire dal linguaggio: il Bossi che vantava la sua armata di “trecentomila doppiette”, e dava del terrone ai nati sotto il Po, e del bingo-bongo ai nati sotto la Sicilia, già aveva tracciato il solco, tra gli applausi entusiasti dei suoi. Ma non c’è dubbio che il Salvini abbia poi ben dissodato il terreno e perfezionato il modello. Dall’ostensione del rosario nei comizi alla cultura da rastrellamento dei suoi social non si è fatto mancare nulla.
Per lui l’Occidente è una curva di stadio, la Curva Ovest, eccezion fatta per l’innamoramento moscovita, che almeno geograficamente parrebbe molto poco occidentale.
Il valore fondante dell’Occidente è il concetto di tolleranza (che significa, tradotto in prassi, divisione dei poteri, rispetto delle minoranze, diritti umani al primo posto). Premesso che, a un esame di tolleranza, ognuno di noi faticherebbe per arrivare a una risicata sufficienza, quale voto, da uno a dieci, prenderebbe il Salvini? E quale voto la Lega, che è il risvolto trumpista dell’Europa, elmo cornuto e porto d’armi in primo piano?
Basti dire che al suo confronto Giorgia Meloni, che è pur sempre la leader dei post-fascisti italiani (il prefisso post vada inteso come atto di fiducia), sembra Bertrand Russell. Salvini, rispetto all’Ovest, è così oltre che è già l’Est.