Ambiente e Natura

Acqua di riuso, trasformare una debolezza in risorsa

 di Tonino Impagliazzo

 

Il “riuso dell’acqua” sulle isole trae origine da una necessità che intende trasformare una debolezza in risorsa. Le isole per loro natura soffrono di limitata acqua e sono costrette a sopportare costi aggiuntivi per il trasporto “via mare”. Nel corso degli anni i cittadini delle isole hanno imparato a conoscere “la preziosità” e l’importanza di un bene destinato a tutti. Il tema non è stato inserito nei piani PNRR del Comune che ha selezionato altre iniziative.

Breve cenno storico       

L’esigenza di recupero dell’ acqua sull’isola per quantitativi adeguati nasce allorquando i Romani decisero di utilizzare questo luogo per la sosta strategica militare, il riposo e la vacanza. In quel periodo vennero realizzati sull’isola due grossi invasi idrici per la raccolta dell’acqua piovana (la grotta del Serpente e le Cisterne della Dragonara) e due collettori idrici che trasportavano l’acqua dalla località Le Forna alla zona Santa Maria (Ponza) e dal serbatoio della Dragonara (che raccoglieva le acque piovane dal Monte Guardia e dagli Scotti di sopra) alla zona del Porto (Cisterna sotto ex Scuola C. Pisacane).
Il ripopolamento dell’isola, nella metà del ‘700
, fu promosso da Carlo III° di Borbone e venne attuato con contadini e pescatori provenienti dall’Area Partenopea che iniziarono la costruzione delle prime case con materiale locale, nel tipico stile dell’isola , cioè a forma di cubo e copertura a cupola per mantenere fresco l’abitacolo e consentire, al tempo stesso, la raccolta dell’ acqua piovana attraverso i tetti facendola convogliare in cisterne ricavate sotto il vano abitativo.

Due Leggi dello Stato (ancora vigenti), promosse e sollecitate dai Padri Costituenti, la n°307 del 1950 e la n°378 del 1967, assegnarono alle piccole isole la fornitura dell’acqua, risorsa utile e necessaria per l’uso umano, a totale carico dello Stato.

 


Valorizzare un elemento prezioso

L’acqua di riuso rappresenta oggi un valore aggiunto nell’offerta turistica, perché utilizzare acqua per usi “non alimentari” a costi minimi da ai cittadini l’opportunità di recuperare un’ economia rurale “di nicchia” e una micro-agricoltura, una produzione di ortaggi locali, la floricoltura, il giardinaggio e il piacere della riscoperta degli odori e delle essenze insulari.
L’acqua di riuso e tutto quello che ne discende è un tema che può interessare i giovani stimolandoli a non allontanarsi dalla propria terra di origine e a non disperdere le conoscenze e la cultura della produzione dei frutti e dei sapori dell’isola, eredità della cultura e della tradizione Partenopea,  –                                                Il riuso delle acque, attraverso adeguato impianto di trattamento, rete di premente e serbatoi di accumulo per le acque “demersali “ e quelle dei “reflui urbani”, potrà contribuire a ridare alla terra ricchezza e abbondanza, Benefici ne trarrà anche il mare del “sotto-costa” per essere preservato da inquinamenti ulteriori.  Ovviamente bisogna vigilare sugli effluvi improvvisi e abbondanti delle acque “stradali”, sugli scarichi provenienti dal lavaggio e contro-lavaggio delle aree pubbliche nelle vicinanze del mare e da quelli provenienti dai battelli marini.

L’ acqua ottenuta dal riuso indurrà il Comune a selezionare le reti di utilizzo e le modalità di uso del prodotto, con definizione del lavaggio degli assi stradali, modulazione del lavaggio dei contenitori del RSU, programmazione di  un piano per la nebulizzazione e la disinfettazione notturna delle aree a ”forte densità umana e commerciale”. A tutto ciò va infine unita un’azione di miglioramento della vigilanza sulle acque dei battelli in ormeggio libero (alla fonda) e in ormeggio ai pontili, al fine di prevenire rischi aggiuntivi al fenomeno di atrofizzazione della flora, della fauna e del plancton alimentare nella acque che circondano l’isola .

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