Canzoni

Una canzone per la domenica (261). Otis Redding in “(Sittin’on) The dock of the bay”

segnalato dalla Redazione

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È raro che ricorriamo a contributi esterni per la canzone della domenica. Facciamo eccezione questa settimana per un bel pezzo di giornalismo di Gianni Riotta, da la Repubblica del 22 agosto 2023.

La canzone della mia estate
Le ultime note di Otis Redding sotto le bombe di Odessa
di Gianni Riotta

Quel brano del 1967 è stato colonna sonora di una notte di luglio di guerra in Ucraina
La signora che beve al bar Poncho mi spiega il finale del brano leggendario
Successo postumo. Otis Redding morì in un incidente aereo a 26 anni, tre giorni dopo aver registrato (Sittin’ on) the dock of the bay.
Sotto, la città di Odessa devastata dalle bombe

“(Sittin’ on) The dock of the bay”
«Ah, Otis Redding. Lei sa perché Otis fischia le ultime note di Sittin’on the dock of the bay, invece di cantarle?».
Il bar Poncho, a Odessa, Ucraina, è sotto i bombardamenti russi, estate 2022.

Il sindaco Gennadiy Trukhanov e il suo braccio destro, l’italiano Attilio Malliani, corrono al porto, con la scalinata dove nel film di Eisenstein la carrozzina precipita fra i colpi della fucileria zarista, per verificare i danni. Dietro l’angolo del boulevard Hrets’ka numero 18, malgrado la guerra scatenata da Vladimir Putin, il ristorante di Roberto Armaroli, Antica cantina, prepara il tradizionale menu italiano, come un manifesto di tolleranza contro l’odio. In fondo al viale, oltre la colonna con l’imperatrice Caterina mutata in totem del nemico, la veranda dell’Hotel Bristol ospita comandanti delle Forze speciali in elmetto e giubbotto antiproiettile e un americano che beve Negroni dalla tazza di porcellana per il tè, bevande alcoliche vietate in coprifuoco.

Quando i Russki, come li chiamano qui, bombardano un’app ronza da cellulare e smartwatch. La signora che mi chiede di Otis Redding osserva calma l’iPhone segnalarle “Pericolo imminente”.
Il locale si svuota, musicisti, staff, clienti, ragazzi che amano jazz, blues, drink e cucina peruviana, si avviano verso rifugi e cantine, scale umide, magazzini merci che fungono da bunker. Ogni notte una torcia per poca luce, chi bacia l’icona della Madonna di Kiev mentre si parla del dopoguerra e una mamma fa ripetere la lezione alla figlia: “L’universo è composto da energia e materia, legate dalla teoria di Einstein, la chimica ne studia le trasformazioni…”.

La signora del bar Poncho mormora indifferente «Ne ho abbastanza di tenebra. Finisco l’Old Fashioned, e a dormire, bombe o no». Il barista asciuga bicchieri e fa un cenno «Scotch? Offre la casa stasera», la signora torna su Otis, «Sa allora perché zufola alla fine della canzone?».
Che dirle? Parlare di un tempo e un cielo e un mare e un gianniriotta remoti, quando Susanna A. oggi botanica di fama all’Università di Wageningen, prese il vinile, lo poggiò sullo stereo, lasciandomi sentire per la prima volta Dock of the bay?
«No signora — rispondo invece — mi dica perché».
E la signora, bionda, occhiali da fermacapelli, passato da hostess, un figlio al fronte, «È medico, poteva restarsene in ospedale. Si è arruolato volontario il 25 febbraio, il giorno dopo l’invasione». Tocca a me offrirle l’ultimo Old Fashioned, il cocktail caro al presidente Roosevelt, shot di bourbon, zucchero profumato di bitter Angostura, arancia, ciliegia, gocce d’acqua, e ascoltarla narrare di Otis, nel locale deserto.
«Aveva appena 26 anni Otis Redding, in quel 1967. Figlio di un contadino povero, nero, cresciuto cantando gospel in chiesa, s’era fatto conoscere al festival di Monterey, capace finalmente di conquistare anche il pubblico dei ragazzi bianchi, vigilia della rivolta 1968. Studiava Sam Cooke, ballate sui diritti perduti, I was born by the river, Chain gang, ma anche le note felici di Wonderful world.
Il successo lo fa assediare dai fan, il suo manager lo ospita su una chiatta ormeggiata nella baia di Sausalito, California. Là Otis vede nella foschia le navi incrociare al largo del Pacifico, verso San Francisco, sente il grido rauco degli albatros e le onde frangersi sul legno dell’houseboat. Chissà se conosceva il verso di Baudelaire, “come il gabbiano, principe dei nembi, è il poeta”?

Il barista ha spento ogni luce esterna, nella cantina del bar ci si vede solo per un neon fluorescente, dal bancone forse sente la signora, perché basso, struggente, Otis Redding riprende dalla consolle Dock of the bay con i suoi versi di pugno: “Son seduto sul molo della baia, guardo l’alta marea salire, perdo solo tempo, ho lasciato casa in Georgia per la baia di Frisco, non ho nulla per cui vivere, nulla… nulla cambierà, tutto resta uguale, quindi resto anche io seduto qui, riposo le mie ossa ma la solitudine non mi lascia solo”.
La signora fischietta le note finali. «La leggenda dice che Otis avesse dimenticato, forse per la malinconia, gli ultimi versi, preferendo zufolarli. Qualcuno dice che a fischiare fosse il chitarrista Sam Taylor, ma il musicista Steve Cropper, detto “Il Colonnello”, testimonia che fu proprio Otis, mentre toccò a lui aggiungere, in post-produzione, il verso dei gabbiani e il rombo della risacca ».

Finiti i drink, il barista ha fretta di sbarrare Poncho Bar. Io posso girare di notte grazie alle credenziali militari, la signora alza spavalda il bavero della giacca e sparisce verso la statua di Pushkin, il picchiettare dei tacchi perduto fra gli alberi.

Otis morì a 26 anni, pochi giorni dopo la registrazione, 10 dicembre 1967, quando l’aereo su cui viaggiava con la band, si inabissò in una tempesta sul lago Monona, Wisconsin, e il vinile di Dock of the bay andò in vendita postumo, gennaio 1968, “l’anno degli studenti” scriveva Rossana Rossanda.
Nei college americani, oggi, la malinconia di Dock of the bay è associata dalla critica al rimpianto per la primavera dei Kennedy, all’angoscia per la guerra in Vietnam, al disagio dell’uomo a una dimensione, classico titolo 1964 di Marcuse, perfino alla depressione corrente nel XXI secolo. 45 giri d’estate di gioventù, la misteriosa signora di Odessa ne ha fatto per me colonna sonora del luglio di guerra in Ucraina, dedicata alla grande nazione europea che fronteggia da sola il buio, perché la luce non si spenga in tutta l’Europa.

 

Didascalie foto articolo la Repubblica (vedi file .pdf):
Successo postumo. Otis Redding morì in un incidente aereo a 26 anni, tre giorni dopo aver registrato (Sittin’ on) the dock of the bay. 
A fianco: la città di Odessa devastata dalle bombe

 

[Di Gianni Riotta, da la Repubblica del 21 agosto 2023]

 

Da YouTube (by Rhino): Otis Redding – (Sittin’ On) The Dock Of The Bay
The video features video clips and photos of Otis Redding in the prime of his musical career. (Sittin’ On) The Dock Of The Bay was released posthumously on Stax Records’ Volt label in 1968 becoming the first posthumous single to be #1 on the charts in the US.

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YouTube player

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L’articolo de la Repubblica in file. pdf: La Repubblica del 22 agosto 2023. Otis Redding

Il testo inglese

(Sittin’on) The dock of the bay

Sittin’ in the mornin’ sunI’ll be sittin’ when the evenin’ comesWatching the ships roll inThen I watch ‘em roll away again, yeah

I’m sittin’ on the dock of the bayWatchin’ the tide roll away, oohI’m just sittin’ on the dock of the bayWastin’ time

I left my home in GeorgiaHeaded for the Frisco Bay‘Cause I’ve had nothin’ to live forIt look like nothin’s gonna come my way

So I’m just gon’ sittin’ on the dock of the bayWatchin’ the tide roll away, oohI’m sittin’ on the dock of the bay, wastin’ time

Look like nothin’s gonna changeEverything still remains the sameI can’t do what ten people tell me to doSo I guess I’ll remain the same, yes

Sittin’ here restin’ my bonesAnd this loneliness won’t leave me alone, listenTwo thousand miles, I roamJust to make this dock my home

Now I’m just gon’ sit, at the dock of the bayWatchin’ the tide roll away, ooh yeahSittin’ on the dock of the bayWastin’ time

Fonte: LyricFind
Compositori: Otis Redding / Steve Cropper

 

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