di Emilio Iodice; traduzione di Silverio Lamonica
La osservavo zoppicare mentre attraversava il mio patio.
Volevo aiutarla.
La formica era in cerca di sostentamento e di qualsiasi cosa per risollevare il suo corpo avvizzito, mentre affrontava lo sfacelo di un buco, reso infernale dal caldo e dal sole, sull’isola di Ponza.
Lasciai cadere alcune gocce d’acqua lungo il suo cammino.
Evaporarono.
Nei paesi del Mediterraneo, a fine luglio è tempo di festa per le formiche ed altri insetti, poiché vanno all’assalto dei succulenti chicchi d’uva, fichi e fiori, per bere i loro dolci succhi e portare nutrimento alle loro colonie.
Ma non quest’anno.
L’estate è un inferno incandescente che brucia il terreno e asciuga qualsiasi cosa, lungo il suo cammino.
Il suolo scotta. Scotta davvero.
La temperatura si aggira oltre i 45 gradi Celsius (113 Fahrenheit ).
La terra appare moribonda, incapace di risollevarsi per fornirci ciò di cui abbiamo bisogno.
Le bucce di pomodori e melanzane sono spesse e dure ed offrono poco, in fatto di nutrimento.
Un contadino mi ha detto di aver trovato arnie essiccate, con migliaia di api sparse nei dintorni.
Mi son recato nel giardino.
Ho cercato gl’insetti. vNon ce n’erano. Il terreno era una piastra infuocata. Qualsiasi essere minuscolo che vi strisciasse sopra, sarebbe morto.
Di solito, eserciti interminabili di formiche rosse e nere tagliavano foglie e trasportavano semi, parti d’insetti e qualunque cosa potessero portare nel loro insediamento, per nutrire la regina e le migliaia di abitanti.
Ora, la loro metropoli viene scavata in profondità, nel sottosuolo, in una caverna sotterranea, priva di luce.
Fresca, ma senza cibo.
Lo scavo colossale serviva per salvare la colonia dalle torride temperature.
Il loro magazzino di razioni per l’inverno, era sparito.
Potrebbero sopravvivere all’estate 2023.
Loro – e noi – ce la faremo a superare i futuri gelidi mesi e il caldo del prossimo anno?
Forse.
Lo sapremo presto.
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