proposto da Sandro Russo
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Ricorre spesso sul sito il termine fantascienza (che traduce l’inglese science fiction, nei suoi vari sottogeneri, tra cui il fantasy) per essere stato in gioventù chi propone questo articolo, un accanito lettore (e collezionista) di ogni genere di letteratura fantastica. Ma più obiettivamente per essere stato questo genere una sorgente inesauribile di idee anticipatrici in qualunque campo; oltre che scientifico, sociologico e anche formale; inventività subito fatta propria e applicata dal cinema che ha contribuito ad allargare il campo con autentici capolavori.
A lungo se ne potrebbe parlare, ma per presentare questo articolo di Paolo Di Paolo, vecchia conoscenza, scrittore e giornalista di Repubblica, devo almeno citare lo scrittore inglese J.G. Ballard [James Graham Ballard, Shanghai, 1930 – Shepperton (UK), 2009]), ‘maestro’ del genere “catastrofico” (vedi note a fondo pagina).
Mi fa piacere leggere articoli di Autori con un immaginario e con riferimenti culturali vicini ai miei e spesso li propongo ai lettori di Ponzaracconta.
Cambiamento climatico
Consigli per i negazionisti
di Paolo Di Paolo
C’almeno una lettura che consiglierei a chi dice che «il caldo non è una gran notizia»; per esempio, al giornalista Andrea Giambruno e a molti suoi colleghi che, con sempre maggiore disinvoltura, sembrano avere intrapreso — se non una battaglia contro l’evidenza — una specie di spiritosa e cinica fiera del pressapochismo sul tema del cambiamento climatico. Invito a recuperare un romanzo dello scrittore britannico J.G. Ballard, leggibile come una distopia solo fino a qualche tempo fa: sacche d’aria calda che esplodono verso l’alto come palloni aerostatici, nubi di vapore che annunciano piccoli tornado in miniatura e si abbattono sulle piante «sradicandole come fossero fiammiferi».
Il libro si chiama Il mondo sommerso: Ballard lo scrisse all’inizio degli anni Sessanta, prefigurando temperature quasi insostenibili in un paesaggio assediato dalle zanzare e ridotto a laguna per via dell’innalzamento del livello dei mari. Il protagonista è un quarantenne come Giambruno (mi impressiona ogni forma, anche tenue, larvata, di negazionismo soprattutto quando a farsene portatore non è un anziano); non è però un giornalista, dirige un laboratorio biologico e fa i conti con un mondo in cui «le temperature medie aumentavano di qualche grado ogni anno»: «Zone una volta temperate erano diventate tropicali, l’Europa e il Nord America si erano trovati schiacciati dalla morsa crescente delle ondate di caldo, con la temperatura che raramente scendeva al di sotto dei 35 gradi».
Facendo due passi appena fuori casa, a quasi 40 gradi, lungo una striscia di asfalto bollente, il neo-lettore di Ballard potrebbe supporre di essere stato suggestionato dalla potenza della letteratura. E invece è finito proprio in quel mondo che un visionario aveva immaginato sei decenni fa: benché si rifiuti di riconoscerlo.
L’epifania di un cambiamento, l’oscillazione verso il polo estremo che diventa sistematica, costante — l’estate torrida, il rogo devastante, la grandinata violenta, il nubifragio omicida (Repubblica di un anno fa: due morti per una tromba d’aria in Toscana…) — non bastano a prendere coscienza: c’è, in alcune menti, una resistenza diffidente che il visibile/tangibile non intaccano. Il dato, pure incontrovertibile, non agisce sul piano intellettuale e tanto meno su quello emotivo: con uno spirito fatalista o una statistica esistenziale molto alla buona, si corregge la paura. O meglio, la si evita. Mettendosi al riparo in quella confortante, imperitura ma per certi versi nociva «chiacchiera sul clima» evocata ieri su queste pagine da Ezio Mauro.
Raccontare agli umani i rischi («mostruosamente catastrofici») dell’innalzamento della temperatura di 4 gradi prima del 2100 non suscita nessuna autentica angoscia. L’apocalisse che arriva subito e di colpo funziona bene nei filmoni, ma questa è un’apocalisse a rate, dilazionata; complottisti, terrapiattisti, scettici di varia natura la trovano poco persuasiva, poco coinvolgente. Né si rendono disponibili «all’atto di fede laica» che richiederebbe il riscaldamento globale: «prendere coscienza dei nostri limiti cognitivi e metterci nella condizione di superarli», scrive Fabio Deotto, autore di L’altro mondo. La vita in un pianeta che cambia. Ma come?
Lavorando a un romanzo, ho risalito i secoli incappando in stagioni estreme, piccole ere glaciali e calori distruttivi, capaci di fiaccare imperi, e sempre ho trovato comunità umane in cerca di ragioni metafisiche: bastava chiamarla “ira di Dio” per rassegnarsi, magari sentendosi in colpa (oggi qualche giornale ci allena alla spensieratezza e a lavarci la coscienza). Prevale, a ogni modo, l’irrazionale: d’altra parte, qualche anno fa, i danni di un uragano sulla costa statunitense furono derubricati da una compagnia assicurativa come “atti di Dio”, per i quali non è prevista copertura.
[Di Paolo Di Paolo, da la Repubblica di ieri, 25 luglio 2023]
Il primo romanzo pubblicato da J. G. Ballard fu Il vento dal nulla (The Wind From Nowhere) del 1962, che aprì una tetralogia di genere catastrofico (anche se in seguito Ballard lo rinnegò, fu questo libro a dargli la possibilità di guadagnarsi da vivere come scrittore). Gli altri tre romanzi furono Il mondo sommerso (The Drowned World), Terra bruciata (The Burning World) e Foresta di cristallo (The Crystal World), basati sui quattro elementi aristotelici aria, acqua, terra e fuoco, più un quinto elemento, il tempo, che domina Foresta di cristallo.
Il vento dal nulla (The Wind From Nowhere, 1961), Urania n. 288, 621, Mondadori.
Deserto d’acqua (The Drowned World, 1962), Urania n. 311, 648, Mondadori; come Il mondo sommerso, Feltrinelli.
Terra bruciata (The Burning World o The Drought, 1964), Urania n. 417, 788, Mondadori.
Foresta di cristallo (The Crystal World, 1966), Feltrinelli.
Ai romanzi fondamentali di Ballard ne vanno aggiunti almeno altri due, di notevole impatto:
Morte dell’erba (The Death of Grass) scritto da John Christopher (pseudonimo di Sam Youd) e pubblicato nel 1956.
Lebbra antiplastica (The Plastic Eater, 1972) di Kit Pedler, Gerry Davis (Trad. ital. Mondadori 1977)
E ai classici del genere catastrofico (ben più di quelli citati) si possono agevolmente aggiungere quelli cosiddetti “post-apocalittici”, dov’è descritto il mondo (la Terra) all’indomani di una catastrofe immane e definitiva. Anch’essi molto numerosi e potenti; uno per tutti, La strada (2006) di Cormac Mc Carthy. Sul sito, citato qui: L’umanità si è salvata per due o tre miracoli, dell’ottobre 2022.
C’è anche da dire che Ballard ha spaziato nel campo della fantasy con le sue opere successive. Molti dei suoi romanzi e racconti sono ascrivibili alla cosiddetta New Wave della narrativa fantascientifica e viene situato generalmente nell’alveo della letteratura postmoderna.
La sua opera, oltreché per il suo carattere apertamente sperimentale, si caratterizza per le atmosfere cupe e quasi distopiche e per l’analisi cinica e cruda delle miserie e perversioni umane nella moderna era tecnologica, che lo ha portato successivamente al venir considerato un nume tutelare della corrente cyberpunk della fantascienza (Wikipedia)