Piroscafo Santa Lucia

Una tragedia mai veramente raccontata

di Alessandro Romano

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Esattamente 80 anni fa, con la strage del Santa Lucia, cambiarono radicalmente le sorti della mia famiglia. Mio nonno, Alessandro Romano, a soli 43 anni lasciava 7 figli ed un’impresa edile impegnata sulle due isole Ponziane.
In un attimo si spezzarono i legami con Ventotene dove, fin dal ’700, i Romano si erano insediati con tutta la restante comunità dei coloni. Infatti, divisa sulle due isole per motivi di lavoro, con la morte di mio nonno la famiglia si stabilì definitivamente a Ponza, dove si trovava mia nonna Concetta nel momento dell’affondamento.
Fu una tragedia nella tragedia: si passò dal benessere alla sopravvivenza, in più strappati dalla terra di origine.
Nella nostra famiglia si è sempre ricordato quel momento con un rispetto ed un dolore silenzioso e profondo, travalicando anni e generazioni e ciò soprattutto perché quanto accadde in quel fatidico 24 luglio 1943 restava e resta tuttora non comprensibile. Solo ipotesi, molte delle quali strampalate, scaturenti da un soggettivismo arbitrario che fa politica non storia.
Infatti quando l’affondamento è trattato nelle cronache, soprattutto nazionali, si cerca di mitigare o ignorare le responsabilità degli autori di quella strage, tralasciando di provare con documenti inconfutabili e coevi ai fatti la necessità strategica di quell’azione di guerra contro dei civili inermi.
In altri termini, mai un’inchiesta seria neppure giornalistica è stata fatta.
Mortificante, poi, il silenzio che negli anni la mia famiglia si è imposta su quanto accaduto, quasi fosse una colpa essere stati tragicamente coinvolti in quella triste vicenda con tutte le sconvolgenti conseguenze che ne derivarono.
Probabilmente proprio perché mai si è fatta vera luce sull’affondamento.

Infatti, dal punto di vista storico, ai documenti militari su quanto accaduto a poche centinaia di metri da Ventotene, mai sono state affiancate ufficialmente le testimonianze di chi quella tragedia l’aveva vista con i propri occhi.
Ad iniziare proprio dalle giovani Candida e Francesca Romano, figlie di nonno Alessandro, che da Ventotene osservarono terrorizzate quanto stava accadendo al loro genitore raccontando, poi, ai militari del porto nei minimi particolari quello che fu un vero e proprio crimine di guerra.
Lanciare tre siluri contro un traghetto civile e mitragliare sui superstiti e sui soccorritori una volta affondato, andava al di là di ogni possibile motivazione bellica.
Raccapricciante racconto dei fatti che fu più volte confermato anche e non solo dai giovani Benito Malingieri e Beniamino Verde che, peraltro, furono tra i primi a muovere da Ventotene verso il luogo dell’affondamento nel vano tentativo di recuperare qualche passeggero.
Come da loro stessi raccontato, la fase di soccorso in mare fu impedita dagli stessi aerei inglesi che continuavano a mitragliare tra i rottami ed i pochi superstiti del Santa Lucia.

Concetta Mascheri, memoria storica di Ventotene, più volte raccontò che dal promontorio di Cala Rossano si vedevano tra gli oggetti galleggianti i superstiti che si sbracciavano in una disperata richiesta di aiuto. Tra di essi descriveva una donna dai capelli lunghi e rossi che galleggiavano sull’acqua calma. Come queste, altre testimonianze di ventotenesi e confinati, tutte perfettamente coincidenti e tutte sconvolgenti, confermano la gravità dell’accaduto.

Come si è detto in varie occasioni e persino nelle celebrazioni in suffragio e ricordo dei civili uccisi, “fu un’azione di guerra necessaria e come tale va considerata”: tuttavia ancora oggi resta in tutta la sua drammaticità l’atroce dubbio non solo sull’accanimento verso un innocuo traghetto di linea, ma sulla provata strage dei superstiti in mare che, al di là di come si sono trovati in quella condizione di naufraghi e di che nazionalità o condizione sociale fossero, andavano comunque risparmiati  e salvati.

Su questa circostanza noi appartenenti alle famiglie delle vittime stiamo aspettando una risposta da 80 anni, perché l’affondamento del Santa Lucia non fu una disgrazia, ma un eccidio.
Che la storia dia, una volta per sempre, il numero esatto delle vittime ed un nome a quella strage che ha tutti i connotati di un gravissimo crimine di guerra e che, come tale, va ricordato e celebrato.

 “Una nazione che ha paura della propria storia è condannata a commettere gli stessi errori”.
(E. Burke)

Alessandro Romano

2 Comments

2 Comments

  1. Biagio Vitiello

    26 Luglio 2023 at 20:58

    Riguardo al Santa Lucia, qualcuno cerca di assolvere gli Inglesi dicendo persino che a bordo si supponeva la presenza del Duce, ma è una fandonia colossale, perché l’intelligence inglese conosceva tutti i movimenti del postale.
    Mio padre che nell’affondamento ha perso la mamma e la sorella minore, aveva raccomandato alla mamma di non partire, perché il giorno prima era stata segnalata per le isole la presenza del nemico. Ma purtroppo la raccomandazione è stata vana, anche perché mio padre era al lavoro al faro della Guardia. Mia nonna sia per necessità che per cocciutaggine (i geni siciliani dei Misuraca) partì per andare a Napoli dalla sorella che aveva un alberghetto ai “Quattro Palazzi”, per comprare a borsa nera alimenti di necessità, da rivendere a Ponza. Mio nonno, purtroppo era in America e di lui non si sapeva nulla; poi al ritorno in patria abbiamo saputo che si era imboscato nella miniera del West Virginia dove lavorava. Se la polizia l’avesse preso, l’avrebbero internato in campo di concentramento perché gli USA erano in guerra con l’Italia.
    Per gli inglesi nutro un profondo rancore, per questo atto orribile. Non si è mai espressa ai livelli alti, almeno una forte condanna dell’accaduto che ha spezzato la vita di tanti innocenti (ed è anche per questo che non vado mai ad alcuna manifestazione dell’evento).
    Mai un inglese è stato presente alle cerimonie di Commemorazione. Mai che qualche inglese abbia detto qualcosa su questa (chiamiamola) “disgrazia”.
    Dimenticavo di aggiungere a quanto ho scritto in merito al Santa Lucia, che mio padre fu raggiunto al faro della Guardia della notizia dell’affondamento e venne a Ponza per avere altre notizie in merito. Mi disse che da Ponza partirono tre gozzi.

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