Ribaud Renato

’U rito d’u mellone e ’a granita patriottica

di Renato Ribaud

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La granita a tre colori
di ReRi 

Nelle afose serate di luglio, quando arrivavano i parenti per trattenersi a chiacchierare sul nostro balcone, papà e mamma si davano da fare a mettere il ‘mellone’ nel lavandino della cucina, con un filo d’acqua che – per tenerlo fresco – vi scorreva su fin dal primo pomeriggio. Quando finalmente, sotto il cielo diventato trapunto di stelle, veniva tagliata la prima fetta, lo zio Ettore si divertiva quindi a imitare la voce del venditore: “So’ russe e chin’ ’e fuoco; accattataville; magnate… vevite e… ve lavate ’a faccia!”
Al che papà, sornione e sorridente, aggiungeva: “Dimentichi una quarta funzione: ‘…E ve scetate ampresso ‘a matina’.
Sì perché il ‘mellone’, oltre a dissetarti la sera, aumenta di buon mattino, gli effetti della diuresi.
A precedere la cerimonia dell’apertura del mellone, v’era l’offerta del gratta ‘ghiaccio’, quello che a Roma chiamano la ‘grattachecca’. A svolgere tale operazione, ero delegato io, che al tempo, avevo sette anni, se non meno. Mi venivano consegnati un panno in tela e un gruzzoletto di monetine. Osservato dal balcone dai genitori, che si sentivano responsabili di queste mie prime ‘uscite’ di casa, dovevo raggiungere il vicino Vico Lungo Gelso, dove si trovava il basso di Carmelina Criscuolo. La brava donna, operando con la sua macchinetta su una grossa forma di ghiaccio, tenuta coperta da un sacco di juta, con il corrispettivo in danaro che le porgevo, mi avrebbe dato quaranta ’grattate di neve’, da racchiudere nel panno di tela che portavo, per poi raggiungere la mia casa di corsa, altrimenti col caldo di luglio, si sarebbe squagliato il ghiaccio. Il mio arrivo col fiatone veniva sempre accolto con un prorompente applauso, che mi lasciava per davvero lusingato. Quindi la mamma, assieme alla zia Maria, portava in cucina il panno col ghiaccio e si dava da fare per mettere nei bicchieroni la ‘candida neve’. Su alcuni calici, faceva scorrere lo sciroppo d’amarena, su altri lo sciroppo alla menta e su altri ancora, la limonata.
Servite su un capiente vassoio, le granite – opportunamente disposte – assumevano il colore della bandiera. Cosicché in onore dell’arrivo delle ‘granite patriottiche’, si cantava, in un coro alquanto stonato, l’inno nazionale.
Adesso della granita patriottica, se n’è persa la memoria e se qualche raro parente viene ancora a farci visita, non troviamo di meglio da offrirgli, che la vaschetta col gelato a due sapori, comprata al supermercato sotto casa.

In condivisione con RedazioneCulturaNews – giornale on line fondato da Antonella Salerno e Renato Ribaud

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