proposto da Sandro Russo
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La recensione di un libro, ma dietro, la realtà di un paese di cui pochi conoscono la storia e i risvolti politici. Per tutti i curiosi, per noi che ne sappiamo di più e per i molti ponzesi che sono stati nostri ospiti – di Domenico, Emanuela e miei – un articolo da la Repubblica sul libro di uno scrittore singalese.
L’intervista
Perché racconto i fantasmi del mio Sri Lanka
di Carlo Pizzati – Da la Repubblica del 24 giugno 2023
Parla lo scrittore Shehan Karunatilaka, vincitore del Booker Prize con il romanzo appena uscito anche da noi ambientato durante la guerra civile finita nel 2009. “Incapaci di guardare al passato”
– Ora c’è di nuovo ottimismo perché sta arrivando un ingente prestito dal Fondo monetario internazionale ma io non lo condivido
– Amo il realismo magico di Rushdie, Marquez, Gogol, Bulgakov, Bolaño ma il mio è un esperimento di fantasy e fantascienza
– Il mio protagonista è gay e anche se la discriminazione da noi non è così evidente, se la storia porterà più eguaglianza ne sarò felice
Sono le quattro del caldo pomeriggio di Colombo, capitale dello Sri Lanka, e Shehan Karunatilaka ha già un bicchiere di whiskey ghiacciato tra le mani. Forse è per scacciare i fantasmi protagonisti del suo sinfonico romanzo vincitore l’anno scorso del celebre premio Booker Le sette lune di Maali Almeida (Fazi). Il successo è arrivato come un’ondata travolgente, grazie a questo racconto ironico e fantastico che è anche una denuncia ai recenti anni bui del suo Paese.
L’ambientazione è proprio nello Sri Lanka del 1989, al culmine del conflitto cruento del governo contro i separatisti Tamil durato dal 1983 al 2009. Il romanzo naviga con stile pirotecnico tra vittime smembrate dai macabri squadroni della morte e spassose avventure di questo e dell’altro mondo in un giallo il cui obiettivo è scoprire, entro una settimana, chi ha ucciso Maali, fotoreporter gay, amante del gioco d’azzardo.
Rushdie, Marquez, Gogol, Bulgakov. Secondo la critica internazionale, questi sono i maestri del realismo magico che l’hanno ispirata. Cosa pensa di questa forma di espressione in relazione all’autofiction, ora più di moda?
«Amo questi autori, e aggiungerei Bolaño. Ma il mio è un esperimento di fantasy e fantascienza, la storia di un fantasma smemorato che cerca di risolvere il proprio omicidio. Ho seguito più la tradizione di Edgard Allan Poe, Steven King, Clive Barker e Lovecraft: uno spettro che vuol vendicare la propria morte in un contesto denso di politica e filosofia. Forse per questo il testo è diventato più serio. C’è una barriera sfuocata tra il fantasy, considerato bassa cultura, e il realismo magico, giudicato come alta cultura. Sono entrambe forme di espressione valide. Il realismo magico è stato associato all’America Latina e all’Asia per decenni, ma oggi tutti viviamo in distopie, abbiamo tutti certi elementi in comune, ovunque. Ma a volte è più facile parlare di alcune realtà attraverso i demoni, in una storia fantastica, anziché scrivere un romanzo realistico».
Temeva che se fosse stato più diretto stilisticamente avrebbe sentito una più pressante necessità di autocensurarsi?
«Non mi sono svegliato dicendo: “Devo scrivere sulla situazione in Sri Lanka nel 1989” o “Devo scrivere sull’ingiustizia”. Trovo che la politica nel mio romanzo sia abbastanza superficiale e basilare. Chi vuole approfondire può trovare saggi meglio documentati.
Uso il contesto politico solo come sfondo».
Nel romanzo, però, tutti commettono qualche tipo di crimine — governo, secessionisti, politici, civili. Lo Sri Lanka è condannato, come lei scrive, dal cattivo nakath, la maledizione di tutti i Paesi nati nel 1948, forse anche un modo per delineare una tragedia post-coloniale?.
«Siamo cresciuti con tante superstizioni e idee. Quando scoppiò la guerra, durante la mia infanzia, pensavamo che non sarebbe finita mai. O, peggio, che sarebbe stata la nostra la fine. I miei si lamentavano di come gli anni ’50 e ’60 fossero stati un periodo bellissimo. E quindi si contemplava l’idea che, dopo, la nostra isola fosse stata maledetta.
Alcuni astrologi dicono che è la dannazione di tanti Paesi nati nel 1948, e segnati da continui conflitti, ma ho pensato di interpretarla più come una metafora sui fantasmi della nostra storia recente. Mi interessava capire perché non guardiamo al nostro passato, perché fingiamo che non sia successo nulla e andiamo avanti. Dopo l’89, la guerra è continuata per altri 20 anni. Quando è finita, nel 2009, lo Sri Lanka non si è mai ripreso, perché dieci anni dopo era ancora in bancarotta. Abbiamo visto così tante false partenze. Ora c’è di nuovo ottimismo (che non condivido) perché sta arrivando un ingente prestito dal Fondo monetario internazionale. Tanti dicono “oh sì, adesso saremo inarrestabili!”. Mi piacerebbe unirmi al coro, ma è un film che ho visto troppe volte. Ma, chissà, questa è l’altra peculiarità dello Sri Lanka: le cose possono cambiare molto molto rapidamente.
Anche in meglio».
Si dice che la Storia appartiene ai vincitori. Ma se tra i vinti ci sono degli ottimi scrittori, forse non è così. La letteratura può correggere la Storia?
«Non solo la letteratura, l’arte in generale, compreso il cinema e il teatro. Lì i vinti possono avere una voce e possono sfidare le versioni ufficiali delle distopie. Ci sono così tanti crimini irrisolti o attribuiti a capri espiatori. Sta agli scrittori e agli artisti indagare più a fondo, là dove mancano altre evidenze».
In che modo il rapporto con l’aldilà ha influenzato questo romanzo?
«Siamo tutti affascinati dalle storie di fantasmi, ogni cultura le ha e il motivo è perché nessuno sa cosa succede dopo la morte. Possiamo aver fede, o altre diverse credenze, possiamo fidarci della scienza o anche essere solo incuriositi dall’ignoto. Ma è tutta speculazione. Sono cresciuto con la formazione religiosa del Buddhismo Sinhala, ma anche con influenze cristiane. Lo Sri Lanka è aperto all’accettazione di tutte le religioni: cristiana, musulmana, induista, buddista ecc. Ma ho immaginato il mio personaggio, Maali, come qualcuno che ha visto l’orrore dei campi di battaglia, qualcuno assolutamente convinto che non può esserci alcun ordine o alcun aldilà a causa di tutte le cose orribili che stavano accadendo impunite e di cui nessuno sembrava curarsi».
Il personaggio principale è gay. Pensa che il successo internazionale del romanzo possa contribuire alla battaglia per i diritti LGBTQIA+ nello Sri Lanka?
«Non credo che lo Sri Lanka sia marcatamente omofobico. La discriminazione è più sussurrata che espressa apertamente, e si manifesta di più nelle zone rurali.
Ma nell’epoca in cui è ambientato il romanzo non potevi esplicitare l’omosessualità pubblicamente, specialmente non in famiglia. Ora, 40 anni dopo, le cose sono diverse.
La nuova generazione non è così repressa, non ha bisogno d’essere così cinica nei confronti del sistema. Ma c’è ancora molta strada da fare, qui, per i diritti di tutti, perché ci sono ancora leggi dell’era vittoriana, e ogni volta che gli attivisti LGBTQIA+ cercano di condurre le loro istanze al centro dell’agenda politica trovano resistenza. Ma se questo romanzo porterà più eguaglianza e accettazione, ne sarò più che felice».
Il libro. Le sette lune di Maali Almeida (Fazi Ed.)
Le due pagine di Repubblica in file .pdf: La Repubblica del 24 giugno 2023. Scrittore e libro Sri Lanka
Sul sito si possono cercare i molti articoli che abbiamo pubblicato, sullo Sri Lanka, nel corso del tempo: