Riceviamo da Guido Del Gizzo, Marina di Cala dell’Acqua srl, e pubblichiamo
Gentile Redazione,
apprezziamo molto l’attenzione che ci state dedicando e ve ne siamo grati.
Devo però fare una breve premessa per spiegare il nostro approccio al problema del porto, dato che non siamo nuovi a questo genere di situazioni.
Circa trent’anni fa ebbi la fortuna, ed il privilegio, di far parte del gruppo di lavoro costituito per sperimentare il modello di intervento del primo “Patto Territoriale”, in Maremma, che frequento dal 1962: io dovevo occuparmi dei progetti relativi all’ambiente, l’agroalimentare e l’artigianato.
Il Patto Territoriale, per i non addetti ai lavori, era un protocollo condiviso di programmazione e sviluppo territoriale, concepito dal Censis e dal Cipe, aperto alla partecipazione degli Enti Locali e dei “corpi intermedi” (sindacati, associazioni di categoria e quant’altro), il cui ambito di applicazione doveva essere un territorio omogeneo, più grande di un comune e più piccolo di una provincia.
Da oltre 50 anni, in provincia di Grosseto, maggioranza ed opposizione si rinfacciano, ad ogni campagna elettorale, di non aver realizzato i tre progetti strategici per il territorio: la conclusione del Corridoio Tirrenico (in Maremma c’è l’unica interruzione, di circa 200 km, nell’autostrada costiera, tra lo stretto di Messina e quello di Gibilterra), l’ampliamento dello scalo civile dell’aeroporto (Grosseto è sede del 4° Stormo Caccia di pronto intervento) e la realizzazione delle Terme di Roselle, la cui costruzione iniziò negli anni’60, su progetto dell’arch. Di Salvo, ed il cui scheletro, rimasto incompiuto per più di mezzo secolo, è stato finalmente demolito qualche anno fa.
Avevamo soprannominato questi progetti “le arabe fenici” e direte che ho una fissazione per quest’uccello, ma non è così: ci riferivamo ai versi del Metastasio, che ironizza sulle grandi affermazioni di principio che non trovano riscontro nella realtà.
(“E’ la fede degli amanti/come l’Araba Fenice/che vi sia ciascun lo dice/cosa sia nessun lo sa”)
La verità, nota a tutti, è che non si chiude il corridoio tirrenico perché, intorno a Capalbio, quasi tutta l’alta borghesia italiana ha delle proprietà enormi, derivate dal latifondo successivo alla Riforma Integrale del Serpieri (1933), e non vuole che l’autostrada passi di là; l’aeroporto non si amplia perché l’Aeronautica Militare non vuole essere disturbata dai voli civili e perché Pisa non vuole concorrenza; le terme non si fanno perché c’è un tale coacervo di interessi e proprietà, intorno all’area termale, che non si metteranno d’accordo nemmeno se interviene l’ONU.
Le dinamiche di questo nostro Paese le conosciamo bene e Ponza non fa eccezione: interessi particolari e di rapporti di forza determinano le scelte generali, almeno fino a quando i cittadini non decidono, finalmente, di occuparsi delle faccende che li riguardano.
Noi scommettiamo che la maggioranza dei Ponzesi sia favorevole ed abbia interesse alla realizzazione del porto.
Vengo alle vostre domande.
La prima: Non concordo con la premessa.
Dal 1980 disponiamo di una copiosa produzione legislativa a favore delle aree di crisi e della valorizzazione delle aree pubbliche, che apre opportunità di intervento vantaggiose e rapide: il problema è la maggior parte degli amministratori pubblici generalmente le ignora, anche nelle grandi aree urbane.
Nel nostro caso non occorre un piano per tutto il comparto 13, ma solo una variante che decida la realizzazione del porto in area demaniale marittima, come da progetto da noi predisposto e presentato nel 2016, senza intervenire sulle aree demaniali comunali a terra.
Si doveva adottare la variante, demandandone l’approvazione all’AdP e consentendo la continuazione dell’iter autorizzativo che, già prima delle semplificazioni di recente adozione, avrebbe richiesto non un’era geologica, ma circa 18 mesi: questo è l’unico percorso da seguire e l’amministrazione comunale lo sa benissimo.
La nostra proposta venne stralciata dal Consiglio Comunale che, contestualmente, approvò il progetto, dichiarandolo di pubblica utilità.
Perché questo accadde? E’ una domanda da porre agli assessori responsabili all’epoca.
La risposta alla seconda domanda è semplice: perché il dissalatore a Cala dell’Acqua vogliono farlo e il porto no.
In Maremma direbbero: – Fa come il cane all’aglio, ’un lo mangia e ‘un lo fa mangia’.
Traduzione: questa cosa non la fare, che devo fare finta di farla io.
Il progetto è stato dichiarato di pubblica utilità dal Consiglio Comunale di Ponza, inserito nel Piano dei Porti di Interesse Economico Regionale e perciò sottoposto a Valutazione Ambientale Strategica (VAS) da parte dell’Ente Regionale, con esito positivo.
Malgrado ciò, il Comune ha fatto sì che il TAR sia chiamato ad esprimersi sulla validità dell’iter autorizzativo che il Comune stesso ha assunto la determinazione di interrompere.
Non abbiamo ancora le benedizioni necessarie sull’isola, è evidente: confidiamo in San Silverio….
La terza domanda mi attribuisce un ruolo che non mi compete: la “visione” del progetto del porto devono averla i Ponzesi, io devo attenermi alle autorizzazioni, ai progetti e agli accordi esistenti.
Però, conosco bene il mediterraneo centro-orientale e i posti che suscitano sempre fascino e interesse, nei decenni, sono sempre simili: un porticciolo e un borgo marinaro.
Posso fare pagine e pagine di esempi.
Se la decisione sull’ubicazione del dissalatore definitivo in Cala dell’Acqua riguarda AcquaLatina e la SEP, chiarezza vorrebbe che esprimessero anche sindaco e vicesindaco, già che ci sono…
Se invece così non è, prima o poi, un “luogo politico”, dove discuterne pubblicamente, dovrà pur essere trovato: in quella sede, non mancheremo di segnalare che fare un porto senza progettare cosa debba avere intorno, o, peggio, progettandone solo un pezzo alla volta, è il modo migliore per sprecare opportunità e per subire scelte fatte da altri, lontano dalle sedi opportune.
Ma soprattutto per perpetuare la condizione in cui delle persone sono costrette ad inventarsi quei modi di sopravvivenza e autoimpiego che solo Vincenzo definisce “fare turismo”.
Anche per me sono gli argomenti che dovrebbero oggi essere discussi, ma Vincenzo ha torto: il peccato mortale è continuare a vendere servizi da terzo mondo a prezzi da paese industrializzato, senza rispettare né chi lavora, né chi ne usufruisce, concepiti solo per convivere con il degrado circostante.
E tralascio qualsiasi considerazione di tipo amministrativo o fiscale.
Il problema è immaginare un progetto che non escluda nessuno, rispettando parametri elementari di civiltà e progresso e, magari, provando a fare di Ponza il gioiello che potrebbe diventare.
Cordialmente
Guido Del Gizzo
NdR: il riscontro del sig. Del Gizzo è all’articolo della Redazione “Porto Cala dell’Acqua: aspetti controversi” del 16 maggio scorso
Paolo Iannuccelli
20 Maggio 2023 at 13:43
Caro signor Guido Del Gizzo,
nel pieno rispetto delle sue tesi e convinzioni di uomo esperto e navigato in diversi settori, vorrei fare alcune considerazioni sul suo recente intervento. Il passaggio da una economia ponzese basata prevalentemente su pesca e agricoltura verso il turismo è avvenuto in maniera graduale, ci vuole tempo per migliorare ulteriormente. Il turismo è arrivato solo negli anni sessanta, mentre altre località italiane lo conoscono da millenni. I posti di lavoro degli operatori di Cala dell’Acqua sono sacri e vanno giustamente preservati; garantiscono una certa agiatezza economica per almeno dieci operose famiglie che sicuramente potrebbero migliorare i servizi offerti alla clientela. Lei parla di servizi da terzo mondo senza fare nomi e riferimenti; a Ponza esistono eccellenze riconosciute al livello nazionale e internazionale che garantiscono un alto grado di efficienza e professionalità. I prezzi talvolta sono cari, questo lo sappiamo tuttora.
–
Un cordiale saluto
Paolo Iannuccelli
la Redazione
20 Maggio 2023 at 18:18
Il precedente commento a firma di Del Gizzo, inserito poco fa, è stato rimosso su iniziativa della Redazione in attesa di chiarimenti con l’Autore
vincenzo
20 Maggio 2023 at 18:25
Scrive Del Gizzo: “Nel nostro caso non occorre un piano per tutto il comparto 13, ma solo una variante che decida la realizzazione del porto in area demaniale marittima, come da progetto da noi predisposto e presentato nel 2016, senza intervenire sulle aree demaniali comunali a terra”.
Che delusione, signor Del Gizzo, stavo già pensando che potesse essere una Luce che ci indicasse la nuova strada.
Quando Lei parlava di ridistribuzione della ricchezza, dell’importanza della Politica e quindi della pianificazione territoriale, della necessità del confronto con i cittadini, mi ero illuso, ma oggi siamo ritornati alla dura realtà.
Al di là della delusione qualcuno dice che “codesta variante poteva essere fatta anche con un accordo di programma in sede di conferenza dei servizi”
Perché non si è proceduto? Misteri degli interessi privati e della discrezionalità politica?
Ma ritorniamo a noi: i Ponzesi per cultura – la informo signor Del Gizzo – non amano le ingerenze esterne, semmai le subiscono.
Hanno subito per 40 anni la Samip ed oggi subiscono Acqualatina, Laziomar. Nessuno li convince che un Privato, venga dal mondo liberista a fare gli interessi della comunità locale.
Solo Vigorelli che aveva una cultura “continentale” era riuscito ad arrivare vicino a fare un porto a Cala Dell’Acqua. Solo Lui poteva portare a termine quell’operazione “dopo aver ripreso in extremis i tre progetti che erano stati perduti” solo Lui poteva, dei tre, scegliere l’unico progetto che interessava solo la parte demaniale di Cala Dell’Acqua”.
Quel progetto non aveva consenso sull’isola.
Se Acqualatina sta oggi costruendo il suo Skid non è perché ha consenso sull’isola, ma perché ha consenso politico esterno all’isola anzi è già in netto ritardo rispetto ai contratti stipulati.
Signor Del Gizzo, quest’isola vive malgrado la politica. Ha fatto turismo malgrado la politica. Ha fatto turismo malgrado il PAI. I ponzesi malgrado tutto, ogni anno investono in edilizia, in appartamenti, in nuove barche, in nuovi ristoranti.
Ma credo che nel prossimo futuro la cattiva politica darà un nuovo colpo all’economia turistica creata dai Ponzesi. Sto parlando dell’applicazione della legge Bolkestein.
Vede, a Ponza Centro, gli imprenditori locali sono riusciti a creare una offerta nautica; l’hanno fatto senza sostegno della politica, senza programmazione. Se questi cittadini di Ponza, queste famiglie, dovevano aspettare l’iter del Piani regolatore, stavano ancora a fare i facchini e gli scaricatori di porto. Il nuovo indotto turistico è nato a seguito della messa in mare dei pontili che sono tutti gestiti da ponzesi.
Questi ex contadini, ex pescatori si sono inventati ormeggiatori, locatori di barche, locatori di lettini e hanno dato un’offerta nautica senza avere le strutture di difesa, di protezione ma solo grazie alla loro competenza nautica. Ogni estate nel porto di Ponza ormeggiano una marea di barche e di natanti con il mare di levante sempre in agguato e con un porto che si sta insabbiando.
A Le Forna, Signor Del Gizzo, abbiamo Cala Feola intasata di barche, Le piscine Naturali con attività varie. La balneazione in questa zona è limitata in aree delimitate da boe.
Per accedere in queste zone, si passa attraverso zone Rosse, per cui queste zone balneari sono sempre a rischio di interdizione totale. Questo lo tiene in considerazione nel suo progetto?
Ora lei capisce in questa ottica l’importanza di Cala Dell’Acqua. Se facciamo un porto come da voi pensato, tutta la rada – dalla Montagnella a Forte Papa – diventerà zona portuale e sarà interdetta alla balneazione.
Quando si ragiona di sviluppo turistico bisogna considerare che Ponza rimane un’isola ed ha una offerta turistica chiara: la balneazione. I nuovi investimenti strutturali non devono togliere spazi balneabili.
I campi boa pensati e ripensati servono ma bisogna capire perché e per chi si fanno. Poi senza il numero chiuso di barche non potranno funzionare. Non si può continuare a permettere quella marea di barche che ormeggiano liberamente lungo la costa.
Io sono per un turismo che non distrugga ambiente ma che lo recuperi. Sono per la protezione dell’ambiente coinvolgendo in questa protezione i residenti invernali.
Se noi oggi siamo ancora a discutere di queste cose è proprio perché noi ponzesi non riusciamo a fare una sintesi ed è in questa incapacità culturale che si infilano le proposte colonizzatrici.
Guido Del Gizzo
20 Maggio 2023 at 21:30
Gentile dott. Iannuccelli,
mi scuso se ho dato l’impressione di denigrare il turismo ponzese: mi sembrava evidente che le mie osservazioni riguardassero esclusivamente Cala dell’Acqua e le attività cui fa riferimento il signor Vincenzo – che ho appunto citato – nel suo intervento del 17 maggio, anch’esse localizzate in loco.
È vero, mi sono occupato molto di turismi e di promozione territoriale e Ponza si colloca allo stesso livello di molte altre rinomate località turistiche italiane che, come Ponza, si sono sviluppate con il boom economico degli anni ’60: pescatori, minatori, contadini e pastori poveri che, dall’Umbria all’Elba, dalla Maremma al Parco del Cilento, in quegli anni hanno scoperto di poter guadagnare, in qualche mese, più di quello guadagnavano in un anno, solo cucinando tutti i giorni il pasto della domenica, per i turisti di passaggio.
Quello che intendevo dire è che, se avremo l’opportunità di realizzare il porto, abbiamo immaginato, fra le altre cose, di poter allestire delle aree attrezzate destinabili alla balneazione; così come, visto che 80 posti sono comunque destinati ai Ponzesi, spero che tra essi vi sia un numero di pescatori sufficiente per rifornire quotidianamente un locale che frigga la minutaglia di paranza fresca, non abbattuta: sono pronto a scommettere che sarebbe il posto di maggior successo dell’isola, a condizione che vengano rispettate le regole che valgono per tutti gli altri.
Né è rilevante la questione del prezzo: potrei fare molti esempi di località turistiche molto care, che non hanno neanche la scusa di essere separate dalla terra ferma.
Ho scritto che occorre immaginare progetti che non lascino indietro nessuno e non intendiamo scacciare né sostituirci a nessuno, né operatori turistici, né barche: però intendiamo fissare dei parametri minimi di qualità, che non hanno nulla a che fare con il lusso o con il “fashion”, ma con la sostanza delle cose e che devono essere rispettati da tutti.
Quanto al, per me ormai mitico, sig. Vincenzo, sbaglia di nuovo a scambiare il mio rispetto per le scelte che, secondo me, devono partire prima dai Ponzesi, circa il destino del comparto 13, con la volontà di “sganciare” il porto dal resto: è vero esattamente il contrario e siamo pronti, in qualsiasi momento e in qualsiasi sede opportuna, a discutere delle sinergie che ci sembrano evidenti e che siamo, sin d’ora, disponibili a favorire.
Ribadendo, ove servisse, che Marina di Cala dell’Acqua srl non ha alcun titolo, né alcun progetto, per occuparsi del comparto 13.
Però, Caro Iannuccelli, mi perdoni un’ultima polemica: la sacralità del diritto alla sopravvivenza economica non può essere usato come alibi per giustificare qualsiasi iniziativa e la preoccupazione che tutta l’isola rispetti degli standard qualitativi minimi, dovrebbe riguardare in primo luogo i professionisti come lei e gli amministratori locali, molto prima che gli imbecilli di passaggio come me.
Ancora, le mie scuse per il malinteso imprevisto.
Cordialmente
Guido Del Gizzo