Rosanna Conte
Indubbiamente qualcosa bisogna pur dire sulle elezioni regionali, anche se mi sembra un replay che poi stanca. Dopo le elezioni comunali e quelle parlamentari, era più che prevedibile che le regionali avessero seguito lo stesso andamento. Certo è andato peggio perché l’astensione è aumentata enormemente tanto da diventare una minaccia reale per la nostra democrazia.
Che a Ponza abbia votato il 24,33% degli aventi diritto al voto, la peggiore percentuale, credo, in assoluto, in questa tornata elettorale, avrebbe dovuto far riflettere i vincitori più che gli sconfitti, ma pare che i vincitori non abbiano nulla da dire. Eppure hanno vinto solo col 19,95% del totale degli aventi diritto, il che significa che è una sparuta minoranza quella che li ha chiamati a governare. Già, e con questi numeri, non si pongono il problema della salute della democrazia a Ponza come in Italia.
E’ ovvio che viene chiesto alla destra vittoriosa di riflettere su questo problema, poiché è da tempo che i partiti loro avversari hanno gettato la spugna frammentandosi, accodandosi a politiche di destra, distaccandosi dalle esigenze reali del paese.
Non è che la destra queste esigenze le persegua. La sua propaganda ha creato nemici fasulli ed ha convogliato su di essi il malessere e i problemi quotidiani. Gli altri partiti non sono stati in grado di smontarla anzi, l’hanno seguita a ruota.
A livello di rappresentanza politica non si sente da tempo nessuna voce che possa proporre soluzioni di salvaguardia dei diritti dei cittadini, da quello al lavoro, alla salute, alla sicurezza sul lavoro, all’istruzione e così via. I partiti che si vorrebbe eufemisticamente chiamare di sinistra perché dovrebbero tutelare i ceti in difficoltà, balbettano, sono privi di strategia politica e sono un guscio vuoto autoreferenziale.
E’ proprio nella totale assenza di proposte alternative, che la destra si è fatta strada in questo modo.
Mi chiedo: questa destra in piena euforia per la vittoria è consapevole di come e perché è arrivata a governare? Continuerà certamente, come già ha dimostrato di voler fare, a seguire una politica filo-occidentale e l’Agenda Draghi perché le maglie dell’economia globale, i lacci della UE e della NATO glielo chiedono, continuerà anche a mantenere e/o creare i nemici contro cui scagliare il forte malessere sociale per sostenere il consenso, ma credo ahimè! che per i cittadini continuerà anche la sottrazione di quel che rimane dei diritti scritti nella Costituzione e conquistati faticosamente cinquant’anni fa.
La sua forza politica è tale da poter portare avanti qualsiasi agenda, naturalmente sempre nel rispetto delle regole democratiche, ma con una strada tutta in discesa.
Intanto non dimentichi che se i numeri, per una legge elettorale disastrosa (colpa di quei partiti che oggi sono afoni), le consentono di stare saldamente al governo, il forte astensionismo suggerisce che forse il vento potrebbe cambiare.
Perché quando manca un legame concreto fra politica e paese reale il voto insegue il nuovo per cercare cambiamenti in meglio. E lo stiamo vedendo da trent’anni.
Enzo Di Giovanni
20 Febbraio 2023 at 11:33
E’ vero ne abbiamo parlato poco, o magari per nulla.
Ed un attento lettore come Silverio Tomao ci rimprovera per questo, anche in maniera ironica, perchè preferiamo parlare di cose magari meno attinenti all’attualità, come il Titanic.
Invece tra di noi ovviamente ne parliamo, come si fa in tutte le” famiglie”.
E non è stata una scelta, quella di non scriverne sul sito: piuttosto, magari quasi inconsapevolmente, c’è stata la scelta di parlarne a cose fatte, in maniera analitica, come stiamo facendo oggi.
L’astensionismo alle ultime elezioni regionali in Lombardia e nel Lazio non sono un fulmine a ciel sereno, sono figlie di un periodo storico iniziato con la dissoluzione dei partiti di massa, quelli che avevano creato l’Italia democratica, e che dopo quasi mezzo secolo sono stati, quasi tutti, spazzati via da tangentopoli e dalle varie crisi economiche che si sono succedute. Il partito Democratico, figlio spurio del più importante partito comunista dell’Europa occidentale, ci ha messo un po’ di tempo ma ormai è al capolinea pure lui. O si ha il coraggio di cambiare o si è destinati a scomparire: questo ci raccontano gli ultimi trent’anni di politica italiana.
La fine dei partiti tradizionali e del loro essere rappresentativi di istanze, ha impoverito enormemente il nostro paese, e non solo in termini economici.
Temo che non abbiano granché da festeggiare neanche gli ultimi vincitori delle elezioni politiche.
Ad ogni giro di giostra, il primo è stato Berlusconi, poi Renzi, poi Salvini, si paventa un salvatore della patria che ha le idee chiare ma che alla prova dei fatti non è in grado di sfangarla.
Si va avanti a colpi di demagogia, di slogan ad effetto.
Il dibattito politico è tutto focalizzato sulle ONG e il loro sacrosanto diritto a salvare vite umane nel Mediterraneo, sulla vicenda dell’anarchico Cospito e, buon ultimo, l’intervento a gamba tesa sul superbonus.
In queste iniziative, a cominciare dall’eliminazione dei benefici sul superbonus (addirittura per decreto!), ci si dimentica, nella retorica imperante, che le forze politiche attualmente al governo sono le stesse che l’avevano avallato o fintamente osteggiato, e che la sua cancellazione non supportata da provvedimenti che tengano conto di quelle esigenze sociali ed economiche che ne avevano determinato la nascita, dà il segno della totale mancanza di una proposta di sostegno alla popolazione ed alle categorie rappresentative.
E’ vero che il trasformismo è fenomeno vecchio in Italia – De Petris lo inventò nel 1883 – ma la politica liquida degli ultimi decenni ha trasformato l’adesione a proposte politiche non necessariamente di partito all’assoluta intercambiabilità di ruoli. L’astensionismo di massa, espressione massima di questa degenerazione di cui Ponza non è che un esempio tra gli altri e non particolarmente significativo, ne è la logica conseguenza: il voto, non più legato ad ideologie o proposte, diventa solo una forma di interscambio a soggetto.
A Ponza ha vinto la destra?
Hanno vinto quei soggetti politici ben rappresentati in loco, non le idee che latitano ovunque.
E’ un delitto? No di certo, ma lascia il tempo che trova. Più che su chi ha vinto, bisognerebbe interrogarsi su chi ha perso: la politica. Di questo se ne accorgono, aldilà degli schieramenti, quei – pochi? -che si interrogano sugli effetti a lunga gittata della disaffezione della politica intesa come partecipazione attiva e rappresentanza. Perchè il non-voto, lungi da essere una scelta, favorisce solo lobby e poteri forti, non certo i cittadini, come ammonisce Barbara Spinelli in un articolo che abbiamo riportato. Questo è il tema, non un’inutile e datato derby alla Don Camillo e Peppone che si ripropone da troppo tempo, fuori tempo massimo, e che, come si vede, non ci appassiona.
silverio lamonica1
20 Febbraio 2023 at 18:41
Condivido quanto à stato scritto da Rosanna e da Enzo Di Giovanni: la crisi della politica c’è e di vede. Purtroppo qualche esempio di interesse personale anziché generale in politica, non è mancato in passato, come nel caso seguente:
https://www.youtube.com/watch?v=1M5ybDbbsgA
E, a corollario di quanto sopra, aggiungo un mio modesto componimento in merito, che apparve qualche tempo fa, proprio su questo sito: https://www.ponzaracconta.it/2020/06/15/la-bertuccia-furba-assai/
In sostanza il popolo è profondamente sfiduciato.
Secondo me, bisognerebbe tornare all’antico sistema di far politica, quando le sezioni erano affollate e il dibattito era animato. Ma la vedo dura.
Ora i così detti “salvatori della patria” non solo non salvano se stessi ( o forse si) ma fanno colare a picco il paese … proprio come il Titanic, di cui su questo sito si è ampiamente parlato e che – inconsciamente – evoca la realtà politica attuale.
“Chi è ommo ca se salva” urlavano i capibarca ponzesi di qualche secolo fa, quando ancora non esistevano le radio di bordo.
E così – purtroppo – accade oggi con chi eleggiamo con fiducia e poi, invece, si comporta come la bertuccia del mio modesto sonetto.