Editoriale

Epicrisi 410. Il tempo dell’ascolto

di Enzo Di Giovanni

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E’ un luogo strano, questo, ce lo siamo raccontati mille volte, ed ancora lo faremo.
Ad esempio…
La maggior parte dei viaggiatori, turisti e no, che giungono a Ponza, si stupiscono della presenza di una comunità stanziale: – ma come fate?! – sottolineando, che, certo, l’isola è bella, con punte di “bellissima!”, ma che viverci è un’altra cosa.
Le corse della nave che saltano per il cattivo tempo, i servizi assenti o gravemente deficitari, quel senso incombente di isolamento o isolitudine
Eppure, tra i miei ricordi da ragazzo, c’è quello di mia nonna quando veniva a trovarci a Gaeta, dove ci eravamo trasferiti per esigenze scolastiche. Si fermava qualche giorno, sbuffando, ma poi mormorando tra i denti “ma che ci faccio qua? Mi manca l’aria, vedo solo cielo e palazzi…” preferiva tornarsene, pur sola, a Ponza.

Sono passati tanti anni, ma per me è esattamente lo stesso, gli ozi di Formia mi disturbano: ad essere incombente non è l’isolamento fisico, ma quel senso di oppressione che mi dà la cosiddetta terraferma.
Decisamente da preferire l’abbraccio da un’isola sola, il suono del vento, che non è un rumore: lo senti nascere, ed anche al buio già sai se è levante o ponente perchè parlano lingue e raccontano cose diverse.

E’ un altro modo di vivere l’isola perchè la natura che si esprime senza legacci sa essere, a saperla ascoltare, tutt’altro che asfissiante.

Contraddizioni?

Ma neanche tanto, se è vero che, come dice giustamente Franco De Luca, “la natura è come è, a farla bella o spregevole è il giudizio dell’uomo”.

Il disagio è legato alla percezione che si ha di un luogo: Palmarola poteva apparire orrida ad un viaggiatore dell’ottocento perchè disabitata e con fama di luogo di martirio, con la stessa intensità per cui appare oggi meravigliosa.

Ed alla stessa maniera passeggiare per un porto invernale deserto, e freddo, – siamo in tempo di Candelora! – può provocare disagio ma anche un senso profondo di libertà.

Il disagio dobbiamo cercarlo altrove.
La mancanza di ambienti in cui sviluppare la socialità di cui non possiamo fare a meno, in cui si segna la distanza tra tempo da impiegare in attività produttive e tempo perso.
Soprattutto, il vero disagio si manifesta nel non sentirsi artefici del proprio destino, di una scelta di vita.
Quanti di noi scelgono veramente cosa fare?
Da quando il turismo ha invaso prepotentemente l’esistenza degli isolani al punto da dettarne in maniera incondizionata tempi, stagioni ed attività, cosa altro resta?

A Ponza non si farà mai un … dice uno degli amici incontrati del ritorno a casa di Sandro Vitiello, tra un bicchiere di rosso ed un merluzzo appena pescato.

Suona come una sentenza, e purtroppo è una verità storica, in un disagio che non è più solo giovanile.
L’unica cosa che è cambiata nel tempo sono gli spazi sempre più ristretti che ci restano a causa dello spopolamento e della conseguente occupazione dall’esterno.
Non controlliamo più il nostro territorio, e la cosa non suona bene, nè ci sono elementi che lascino sperare in un cambio di rotta all’orizzonte.
Un altro elemento poco rassicurante è la notizia ripresa dalla stampa, secondo la quale Ponza è in prima linea nel gioco d’azzardononostante il reddito pro capite della popolazione sia il più basso” come recita l’articolo. Se confermata, la cosa non dovrebbe stupire affatto: è noto che il gioco compulsivo colpisce soprattutto le fasce della popolazione meno abbienti.
In questa cornice assistiamo alla vicenda di Padre Francesco, che assume ancora più rilevanza.

Un parroco francescano che in un paio d’anni è riuscito a rivitalizzare la comunità fornese al punto da diventare un riferimento imprescindibile: non è poco. Non possiamo che sperare in un esito in linea col desiderio di tutti.

La canzone per la domenica questa settimana ha una formulazione differente dal solito: non echeggia melodie dimenticate, ricordi personali, o nuovi generi da valorizzare. Si parla di far ascoltare l’indicibile, l’inascoltabile, che già di per sé suona strano.
Sandro Russo, partendo dal giorno della memoria ci propone un trittico in cui esplora come l’arte rappresenta ciò che non è facile rappresentare: il male assoluto.
Attraverso la musica dodecafonica (prima parte), in cui i suoni più che esprimere una melodia graffiano la coscienza dell’ascoltatore riproducendo il dolore, la sofferenza, l’orrore.

Attraverso varie altre forme d’arte, come le arti visive, dove spesso lo schermo nero copre ciò che non si può vedere, o la scrittura, in cui può capitare di chiedersi se “…nel rappresentare le azioni del male, lo scrittore non potrebbe involontariamente averlo reso attraente, ottenendo con questo l’effetto opposto a quello voluto?
Tema quanto mai attuale, soprattutto in epoca di sovraesposizione come questa.
Ed infine con un escursus sugli sviluppi in musica: classica, dodecafonica, leggera… (terza parte)

Salutiamo con tristezza ed affetto Carmela Bello e Giulia De Vito, zia del nostro Sandro Romano.

Due preziose testimoni di quella Ponza che amiamo, discreta e per bene, ci hanno lasciato nel giro di poche ore.
Ma ci sono per fortuna anche cose belle:
Confetti rossi per Benedetta Spignesi laureata in Scienza dell’educazione e della formazione con uno studio su Ponza.

E poi un nuovo fiocco azzurro: è nato Diego, per la gioia di Simona e Luigi, a cui giungono gli auguri di tutta la redazione.

Mentre finisco questa epicrisi settimanale comincia a farsi sentire il levante previsto, quel suono di cui parlavamo all’inizio: da casa mia è il vento che si annuncia meglio.
E’ un piccolo artificio letterario per introdurre l’ultimo pezzo settimanale che segnalo: chissà come era il suono del dodo? Che verso faceva?
L’argomento potrà sembrare poco incisivo a prima vista, ma se leggete il pezzo scoprirete che non è così: si parla di manipolazione genetica con tutti gli interrogativi legati ad essa.
E comunque il dodo mi è sempre stato simpatico, forse per quell’aspetto improbabile.

Buona domenica ai lettori di Ponza racconta.

1 Comment

1 Comments

  1. La Redazione

    5 Febbraio 2023 at 15:21

    Comunicazione di servizio
    La consueta rubrica “Una canzone per la domenica” questa settimana viene omessa in quanto quella della settimana scorsa ha dato luogo ad altri due pezzi a seguire, sempre collegati al mondo della musica (e dell’arte in genere), come evidenziato da Enzo nella sua epicrisi settimanale.
    Si riprenderà come al solito – e con rinnnovato entusiasmo – la settimana prossima.

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