di Pasquale Scarpati
Per la prima parte, leggi qui
Dalla parte della natura
Se l’uomo bada ai suoi interessi, la Natura, naturalmente, ha i propri. L’acqua deve scorrere per forza: non può essere trattenuta se non in enormi invasi naturali o artificiali. Ma anche in questo caso la capienza degli stessi non è infinita, per cui la si deve far uscire e far scorrere secondo la pendenza.
Il vento deve correre impetuoso o dolce e il mare può essere calmo e agitato. Ciò deve accadere anche per il bene degli uomini stessi.
Deve piovere (la siccità l’abbiamo sperimentata di recente), così come deve far caldo e deve far freddo. Deve nevicare e grandinare.
Noi, però, pensiamo anzi pretendiamo che la Natura lo faccia secondo la nostra volontà e i nostri desideri. Ma essa ha le sue regole che spesso non collimano con quelle umane e, come quando una “vaccina”, avvertendo forse avvicinarsi la fine della vita, diveniva furest’ su Corso Carlo Pisacane e travolgeva tutto ciò che incontrava sul suo cammino – terrore e fuggi fuggi, paura e chiusura di porte di case e di negozi prospicienti le strade; cassette colme di merce di Menuciccio ’a vocca storta e colme di frutta di Peppinella ’u prevete poste fuori dalla bottega, buttate in aria, rovesciate e/o calpestate dallo scalpitio degli zoccoli) così essa agisce se si tenta di imbrigliarla in modo non avveduto o si lascia libera di agire come vuole.
Non ci sta! Le sue regole sono ferree, obbligatorie: non si può derogare. Ancor più se, come si dice, c’è in atto un “cambiamento climatico!. Aspettando, pertanto “tempi migliori e lunghi” che devono ancora venire (chissà quando!) bisogna agire su ciò che fin da subito si può fare.
a) Gli incendi
D’estate le montagne “fumano”. Qualcuno ha osservato che una volta c’era più verde e paradossalmente, c’erano meno incendi, anzi ben pochi (non ricordo, negli anni ’60, dalle mie parti incendi così frequenti). Oggi meno verde ma più incendi rispetto agli anni precedenti.
Durante il periodo estivo, non passa giorno che dalle pendici delle montagne e delle colline circostanti si innalzano pennacchi neri di denso fumo che appestano l’aria; trasportati dal maestrale o dallo scirocco, si allargano facendo volare ceneri simili a sciami di cavallette.
Aerei Canadair ed elicotteri, rombando, rasentano i tetti delle case e girano a tondo come vespe nei pressi dei nidi. Scivolano veloci sull’acqua (il pensiero che, per un accidenti qualsiasi, qualcuno possa essere inghiottito in quel turbine, mi terrorizza) e poi con un fracasso ancora maggiore si levano pesantemente in volo. Li vedi, grossi pachidermi, salire su su verso le pendici fumanti e poi come rondini in volo, piegarsi, leggeri ma non senza pericolo, per irrorare il terreno. Lo fanno tantissime volte, in una lotta senza esclusione di colpi. La fiamma, però, si spegne di qua ma si attizza di là. Come i bimbi, fa capolino, sorride, fugge via e pare che dica all’uomo: Marameo! Vienimi a prendere!
Costui cosa fa per “acchiappare, domare” la birichina? Butta: acqua salata e schiuma (ne ho avuto esperienza). Pertanto, come se non bastasse, altro veleno per il terreno. Camion e camionette dei vigili del fuoco passano a sirene spiegate, frantumando il sonnolento e assolato pomeriggio. Allorché tace il maestrale, al tramonto e durante la notte, lunghe lingue di fiamme alimentate dallo scirocco (vento preminente da un po’ di tempo da queste parti), salgono, in diaboliche processioni, lungo le pendici. Le vedi arrampicarsi, beffandosi di ogni struttura eretta dall’uomo. Sembrano gironi infernali. Impallidiscono, nei loro confronti, le fiamme che si sprigionano dall’avello di Farinata e di Federico II. Poco o nulla può fare l’uomo a quell’ora. Si affanna, suda e si affatica e, purtroppo, qualche volta qualcuno eroicamente cade. Perché accade questo? Qualcuno, ironicamente, ha detto che il Sole si è “modernizzato”. Si è munito, cioè, di una lente d’ingrandimento e, come questa riesce a far incendiare un foglio di giornale (concentrando i raggi in un punto), così Lui, volendo vedere anzi osservare meglio e più da vicino ciò che succede in questo Mondo divenuto sempre più pazzo, ne ha acquistato una gigantesca e con quella, novello Fetonte, si diverte a bruciare frequentemente qua e là (spesso in più località contemporaneamente). E a pensare che fino a pochi anni fa qualcuno, sia pur timidamente, sosteneva la tesi dell’autocombustione!
Oggi, visto che gli incendi si sviluppano anche dopo una giornata di pioggia o al mattino presto o sul far della sera, costui non si è fatto più vedere o non lo hanno più chiamato.
Un altro ha rilevato che il Covid 19 ha colpito anche il Sole che, pertanto, anche lui è stato messo in… lockdown. Ha notato, infatti, che gli incendi, durante quel periodo, erano diminuiti del tutto se non spariti. Pertanto la Natura, in questo piccolo lasso di tempo, ingenuamente, ottimisticamente ma anche testardamente (…è cocciuta! Per nostra fortuna), ha ripreso il suo corso. Dove prima c’era una chiazza di marrone, è apparso un timido verde.
Ma l’estate scorsa le fiamme, orrende, hanno ripreso il sopra(v)vento; vogliose di Proust sono andate alla “ricerca del tempo perduto”. Non è passato giorno, infatti, che non si son visti scuri nembi apparire or di qua or di là, nonostante il cielo… sereno (sic!).
Quali catastrofiche conseguenze? Come quando l’acqua scivola su un corpo nudo ed il piatto doccia la raccoglie e velocemente la fa defluire, così l’acqua, non trattenuta da nessun ostacolo naturale scorre velocissima giù per i pendii o sulle strade. Si intrufola, poi, nelle crepe vuote ed arse e violentemente le dilata e le spacca come uno strummolo fatto a pezzi da una violenta “pizzata” ed il conseguente pianto del bimbo a cui il giocattolo era stato frantumato. Così piange l’uomo che vede la sua opera distrutta. Ride, invece, la Natura perché l’uomo non ha rispettato il rapporto biunivoco che lo lega ad Essa.
b) Gli alberi
Se c’è un cambiamento climatico a maggior ragione si deve essere obbligati a piantare alberi e vegetazione autoctona specialmente là dove essi sono stati divelti, rimossi. A parte l’ossigeno, è da tutti risaputo la loro funzione. Pioggia violenta o meno. Quando/dove ci sono gli alberi, le radici aggrappano la terra, le chiome attenuano la caduta della pioggia, i tronchi frenano, dividendola, la velocità dell’acqua altrimenti dilavante. A scuola si dovrebbero mandare a memoria questi pochi e semplici concetti e, su ogni strada, oltre a tutte le diavolerie, costose di per sé e spesso allocate ma poi abbandonate (hanno un notevole costo!), dovrebbero essere posti semplici e chiari cartelli enuncianti e rammentanti (anche con immagini) questi concetti basilari.
Non è difficile giungere ad un accordo con la Natura: buona volontà e buon senso.
Così pensa quest’uomo chiamato… Pasquale.