di Giuseppe Mazzella
Gran parte dei piccoli centri italiani soffrono da decenni di un graduale e inesorabile spopolamento. Le isole appaiono particolarmente esposte a questo fenomeno, e Ponza non fa eccezione.
Le cause sono tante e a volte non facilmente definibili, ma fanno tutte capo al livello di vivibilità e di sicurezza economica. Quel che è certo è che il nostro sensibile sismografo isolano Franco De Luca (leggi qui, qui e qui), mette il dito nella piaga dell’ormai pluridecennale letargo invernale, e dell’esodo alla fine della bella stagione, reso più triste dal sempre più accentuato senso di solitudine.
Nè i social, come scrive Martina Carannante (leggi qui) possono lenire la solitudine se non finiscono addirittura per approfondirla.
Non basta, purtroppo, il nostro attaccamento quasi morboso verso l’isola, come racconta Arianna Orlando (leggi qui) – scrive di Ischia ma vale per noi -, per non vedere certi fallimenti che pur avevano sollevato grandi speranze ad Ischia, ma anche qui vale per i ponzesi (leggi qui), come racconta il nostro “cugino” dell’”isola madre” Giuseppe Mazzella di Rurillo. I problemi ovunque restano di difficile soluzione e quelli isolani un po’ di più. Quello che sta avvenendo, e vale soprattutto per le piccole isole italiane, è che Ponza si sta trasformando sempre più in un villaggio turistico estivo, perdendo via via la sua identità storica di comunità.
Non possiamo, quindi, non domandarci: come si può affrontare un problema così dirompente? Il periodo che stiamo vivendo – tra la pandemia da Covid da cui non siamo ancora del tutto usciti, guerra in Ucraina, aumento del costo dell’energia con il rischio inflazione e le manifestazioni dirompenti dell’emergenza climatica – pone agli attuali amministratori una sfida che fa veramente tremare i polsi. In queste condizioni come creare condizioni di maggiore vivibilità e garantire uno standard di vita adeguato?
Per fortuna alcune notizie della settimana sono di segno positivo e riguardano iniziative per dotarci di infrastrutture moderne, tra cui una nuova tensostruttura, un centro polisportivo nella frazione di Le Forna a Cala dell’Acqua (leggi qui) e una pista ciclabile alla Piana che porti fino al Forte Papa. Inoltre l’annuncio della sistemazione degli accessi al mare ancora a Cala dell’Acqua e a Cala Cecata, doteranno l’isola, di altre opportunità per la vita sociale e l’offerta turistica.
Altra notizia molto interessante – segnalata da Silverio Lamonica (leggi qui) -, è l’opportunità offerta agli adulti di corsi formativi in materia turistica, così da preparare meglio gli addetti ai lavori ad una competitività che si fa sempre più pressante e non possiamo trovarci impreparati.
Altra notizia positiva l’accordo che diventa operativo, avviato qualche anno fa dalla vecchia amministrazione, tra l’Associazione A.S.S.O. e il nostro Comune, in collaborazione con il Centro Studi Isole Ponziane APS, per la ricerca e la valorizzazione del nostro patrimonio archeologico (leggi qui). Finalmente, dopo 28 anni dal rinvenimento della nave oneraria di Lucia Rosa, un’esperienza bellissima alla quale partecipai, che promosse una diversa sensibilità e avviò i primi passi per il costituendo museo, Ponza prende coscienza dell’importanza di questo prezioso patrimonio che ci viene dal passato. A tal proposito Silverio Lamonica (in Commenti, leggi qui), fa bene a sottolineare le difficoltà, perché almeno metà del patrimonio è di proprietà privata, ma è sempre possibile promuovere una collaborazione pubblico-privato, come del resto prevede la legge.
E allora, mi si chiederà, queste sono tutte belle notizie. Dove sta il problema? E’ nel fatto che mancano i fondamentali e cioè le questioni prioritarie: dai collegamenti alla portualità, al miglioramento della assistenza sanitaria. “E non sono bruscolini”, come si dice a Roma. Soprattutto perché, come ho già ricordato, incombe allarmante una condizione critica del bilancio comunale, di recente rilevato dalla Corte dei Conti. Un bilancio per il quale si corre il rischio di alienare dei beni immobili, tra cui il terreno ex S.A.M.I.P. E qui il problema si fa ancora più serio e mi permetto di suggerire una proposta.
L’esperienza insegna che la cessione di beni a enti esterni, specie se grandi società, magari multinazionali, non fa che accentuare lo spopolamento e rendere Ponza sempre più una semplice meta turistica estiva. La nostra economia, infatti, è per la maggior parte composta da piccole e medie imprese a carattere familiare. L’ingresso di potentati economici creerebbe inevitabilmente uno squilibrio a danno dei più piccoli. Quindi bisognerà pensare a soluzioni alternative e dotare gli isolani di nuovi strumenti attrattivi all’altezza dei tempi.
E torniamo ai terreni ex S.A.M.I.P. di proprietà del Comune di Ponza.
Dal momento che non vi sono risorse per realizzare un porto pubblico a Cala dell’Acqua, anche se sarebbe stato possibile almeno recuperare una darsena con poca spesa, come faceva facilmente immaginare il laghetto che esisteva nel 1985, come si vede nella foto sopra riportata, e che poi è stato riempito, se sarà proprio necessario alienare parte di questi terreni, potrebbe essere utile predisporre uno stralcio al piano regolatore.
In questo modo si metterebbero a disposizione degli isolani nuovi spazi per incrementare nuove strutture e qualificare meglio l’offerta turistica, favorendo l’investimento interno e soprattutto fidelizzando i giovani a lavorare e vivere nell’isola, potendo godere di maggiori opportunità lavorative. Il che mi sembra un modo efficace per contrastare lo spopolamento.