proposto da Sandro Russo
Ieri mattina, ad uno sguardo al volo del frontespizio di Repubblica, ho solo notato un titolo. E senza guardare meglio, già sapevo che l’autore dell’articolo era Gabriele Romagnoli. Dal mare magnum delle notizie ciascuno isola quella che gli “risuona”, che meglio si aggancia ai suoi pensieri… e si mette a scriverci sopra. Poi le associazioni, le variazioni (in senso musicale) arrivano da sole.
Lo propongo ‘in differita’ rispetto alla data del giornale, ai lettori di Ponzaracconta. Sono temi che per un motivo o per l’altro abbiamo già trattato.
Il messaggio di addio della sonda Nasa
L’ultimo tweet di InSight il robot troppo umano che si spegne su Marte
di Gabriele Romagnoli
La mia carica è al minimo, questa potrebbe essere l’ultima foto che posso inviare. Ma non preoccupatevi: il mio tempo qui è stato produttivo e sereno. Grazie per essere stati con me
Dal 2018 ha raccolto dati importanti per approfondire la nostra conoscenza del Pianeta rosso
La Missione. InSight è una missione spaziale della Nasa per l’esplorazione di Marte. La sonda è atterrata sul pianeta il 26 novembre 2018. I suoi pannelli solari sono stati messi fuori uso dalla polvere marziana
È possibile avere pietà di una macchina? Sì, se la macchina ha pietà di noi e di sé stessa; se la macchina, in definitiva, siamo noi. Da decine di milioni di chilometri di distanza, coperto dalla polvere rossa del pianeta Marte, un robottino si è scattato l’ultimo selfie e si è mandato l’ultimo messaggio. Scritto da un uomo, in realtà, e per tutti gli uomini. Ha annunciato la sua morte per esaurimento della batteria con queste parole: «La mia carica è davvero al minimo, pertanto questa potrebbe essere l’ultima immagine che posso inviare. Non preoccupatevi per me, però: il mio tempo qui è stato sia produttivo che sereno. Se potrò continuare a parlare con la squadra della mia missione lo farò, ma presto chiuderò qui. Grazie per essere stati con me». Un tweet. Il mittente: In-Sight. È un acronimo: indica un esploratore che fa uso di indagini sismiche. Molto meglio la sua traduzione letterale: intuizione. Specchiandosi nel selfie, il robottino ha intuito la propria fine. Poi, come per la vignetta di un cartone inanimato, gli hanno attribuito parole umane, troppo umane.
Avrebbero potuto condensare la sua esperienza (anni di preparazione sulla Terra, il lungo viaggio, altri quattro anni su Marte) con frasi da replicante di Blade Runner (leggi qui e qui, con un articolo di Gabriele Romagnoli): «Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi: vortici di polvere danzanti sui crateri di Jezero, meteoriti in fiamme schiantati sulla sabbia, più di mille terremoti e tutti questi momenti non andranno perduti, perfino il suono del vento è stato registrato, ma per me è tempo di morire». Avrebbe reso ancor più confuso il confine tra l’intelligenza artificiale e le sensazioni umane.
È quello il limite che si cerca di valicare spedendo lontano da noi il nostro stesso pensiero a bordo dei complessi veicoli che gli riesce di progettare. Vogliamo sapere, per dirla con Philip Dick, se gli androidi sognano pecore elettriche. O se hanno le nostre stesse visioni, paure, sofferenze.
Il matematico inglese Alan Turing (quello che si suicidò avvelenandosi, forse con la mela morsicata trovata accanto al suo corpo) (1), pubblicò nel 1950 un articolo divenuto famoso. Al tempo si negava la possibilità dell’intelligenza artificiale: le macchine fanno solo quello per cui sono programmate, non hanno gusti, non provano dolore. Turing propose un criterio per stabilire se una macchina potesse pensare come un uomo: è capace di far credere a un uomo che pensa come lui? Suggerì un test. Tre stanze chiuse. Nella prima un esaminatore umano. Nelle altre due una macchina e un uomo. L’esaminatore comunica tramite computer con entrambi, fa ogni genere di domanda (dai ricordi del Natale alle preferenze erotiche) e alla fine pronuncia il verdetto. Se sbaglia, la macchina ha vinto. La macchina pensa. Avrebbe sicuramente vinto Hal 9000, il computer di bordo di 2001: Odissea nello spazio (sul sito, leggi qui). Quando i suoi circuiti, attraversati da follia omicida, vengono disattivati, la sua voce diventa più umana, l’autocoscienza che gli avrebbe permesso di superare il test di Turing lo abbandona, ma sopravvive il marchio dell’umanità: la sofferenza. La stessa che affligge i replicanti consapevoli nel film con Harrison Ford nei panni del cacciatore di androidi e lo induce a provare per loro, o almeno per una di loro, empatia, sentimenti. Non sarà un caso che in una delle versioni preparate da Ridley Scott il protagonista stesso fosse in realtà uno di loro.
La macchina è umana o l’uomo sarà una macchina? Che cosa accadrà quando avrà un chip che rivela la “carica” rimanente, il tempo mancante allo spegnimento? Uscendo sconvolto dalla visione del film di Kubrick, David Bowie scrisse Space Oddity, l’odissea del Maggiore Tom, che smette di rispondere alla base, scegliendo il distacco, l’isolamento, il più elevato punto d’osservazione di questo pianeta azzurro, o triste: dipende da come vorrete tradurre “blue” (sul sito leggi e ascolta: L’uomo che cadde sulla terra. Ricordo di David Bowie).
La stessa condizione di InSight, che ancora per poco rimira la desolazione del pianeta rosso. Soltanto l’ottimismo ostinato della Disney ha ridato vita a un robottino scarico: WALL-E (leggi qui). E gli ha restituito pure la memoria e il senso perduti, consentendo perfino all’umanità di tornare, dopo sette secoli, sul pianeta che aveva prima distrutto poi abbandonato. Una favola. La fine dei robot ci commuove perché è come la nostra: una violenta pressione del pulsante Off o un lento esaurimento energetico. Poi, più niente, salvo l’illusione, speranza, fede, in un’altra possibilità: in una galassia lontana lontana, dove si sognano pecore elettriche.
Intelligenze artificiali
Hal-9000 – È il computer della Discovery, la nave di “2001: Odissea nello spazio”. Si ribella all’equipaggio ma viene disattivato
Roy Batty – lnterpretato da Rutger Hauer, è il capo dei replicanti ribelli di “Blade Runner ”, dotato di forza e intelligenza superiori
WALL-E – Nell’omonimo film Disney è un robot spazzino, ultimo abitante della Terra
Note
1) – Da quella storia, il film The Imitation Game di Morten Tyldum, con Benedict Cumberbatch e Keira Knightley
Immagine di copertina. A.I. – Intelligenza artificiale (A.I. Artificial Intelligence) è un film del 2001 scritto e diretto da Steven Spielberg, basato su un progetto di Stanley Kubrick.
“Viaggio in un mondo in cui i robot hanno sogni e desideri”
L’articolo su la Repubblica del 22.12.2022, in file .pdf: Repubblica 22.12.2022 Art. di G. Romagnoli