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Inizio con un esempio. Un cittadino va all’Ufficio di Polizia comunale per discutere su una multa avuta per divieto di parcheggio. Ne va a parlare per dire le sue ragioni ed eventualmente per vedersela abolita. Il tutto in modo legittimo e conforme all’agire civile. Non va con pretese ma con ragionamenti, non va con ricatti o altro di disdicevole. Va a chiedere, e rispetta le conseguenze.
Allo stesso Ufficio ci va il Sindaco con una multa inferta al nipote. E ci va con le stesse intenzioni del cittadino di prima. Ne va a parlare per eventualmente ottenerne l’abolizione. In modo legittimo e civile.
E’ chiaro però che la valenza morale è diversa. Quella del cittadino è moralmente giustificabile e quello del Sindaco no, perché c’è un fattore ‘ricatto’, non detto ma presente, non esplicito ma reale, che fa giudicare il comportamento del Sindaco disdicevole e moralmente scorretto. Perché pur essendo ‘uguali’ davanti alla legge, il Sindaco e il cittadino sono ‘diversi’ per carica morale. Avendo, il Sindaco, un fattore in più. La sua funzione pubblica attribuisce ai suoi comportamenti (pubblici e privati) un maggior peso.
Ed è per questo che la nostra Costituzione afferma all’art. 54 – titolo 4° – Parte 1° che ‘i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore’.
L’esempio vuole stigmatizzare come i comportamenti dei politici sono regolati, oltre che dal diritto pubblico e privato, anche da un codice morale (la Costituzione scomoda il ‘dovere’ ). Il quale ha fondamento nella coscienza.
Chi valuta la ‘disciplina’ e ‘l’onore’ dei politici? Li valutano: punto primo – la scelta degli elettori, che, dando loro la rappresentanza politica, ne avallano i comportamenti; punto secondo – gli organi dei partiti che li accettano nelle liste elettorali, dando loro una figurazione da esempio; punto terzo – la loro personale coscienza.
È qui, si può dire, che si aggruma il contenuto della ‘morale politica’. Essa attiene alla coscienza del singolo, ma anche alle scelte della parte politica partito) e anche al favore che ottiene dagli elettori.
È chiaro qui che la dimensione morale è del tutto distinta da quella legale. Giacché questa mira ad evidenziare illeciti mentre la dimensione morale riguarda l’onorabilità della persona. La quale, come è evidente nell’esempio, deve superare in trasparenza quella del semplice cittadino.
Sulla scorta di quanto detto nessuna forza politica (partito) può vantare supremazia. Perché il Parlamento, nelle due Camere, è intasato di persone sospettate, indagate, condannate, in attesa di sentenza, e con pena prescritta.
A voler portare questo argomento all’attualità della cronaca politica sono convinto che la ‘questione morale’, di cui parlava Berlinguer atteneva esclusivamente alla sua persona. Se avesse avuto la fortuna di proseguire nella vita avrebbe dovuto costatare quello che è successo, e cioè che tutte le forze politiche espresse nel Parlamento sono bacate dal tarlo delle mazzette, e che la corruzione coinvolge tutti, chi se ne avvantaggia direttamente e chi indirettamente.
Se si condivide l’analisi non si può non concludere che l’onorabilità del politico deve superare il suo portar voti, che la limpidezza del suo comportamento deve superare sia la sua competenza sia il suo potere elettorale.
La Costituzione non privilegia la professionalità del soggetto, l’aver stima negli ambienti internazionali, il professare sincera fede religiosa. La Costituzione parla chiaramente di ‘disciplina e onore’.
Da google: disciplina: ‘dominio dei propri istinti, impulsi, desideri, perseguito con sforzo e sacrificio, sottomissione volontaria’; onore: ‘la dignità in quanto oggetto di considerazione sul piano morale e sociale e quindi riconducibile o alla personalità dell’individuo o all’ambito codificato di una comunità e dei relativi costumi’.
Ciascuno valuti, alla luce di quanto scritto, quale giudizio attribuire a chi parla e scrive di moralità e di superiorità morale nell’ambito delle cose politiche, sia di ‘destra’ sia di ‘sinistra’.