di Tonino Impagliazzo
La sensibilità con la quale Ponza Racconta mantiene alta l’attenzione sulla frana di Casamicciola e l’impegno di riportare all’attenzione dei lettori ogni informazione sulle cause del disastro e sulle “ipotesi di rimedio” è lodevole.
L’episodio della tragedia è un invito ad incardinare correttamente debolezze e fragilità di tutti i territori a rischio, che equivale a costruire ”un rammendo razionale” e non permettere una gestione scorretta delle sfide che questi territori fragili ci pongono.
Renzo Piano ammonisce “inizi da qui il governo per fare un grande piano per ricucire il territorio dal rammendo idrogeologico con terrazzamenti e muretti a secco (Liguria e Costiera Amalfitana) all’attenzione verso gli arbusti e le colture insulari”, mentre Cesare de Seta, storico dell’architettura e saggista alla Federico II di Napoli, sulla tragedia di Casamicciola, ricorda che “serve un programma di risanamento del suolo altrimenti continueremo a pagare il prezzo di scelte sbagliate in termini di disastri, vite umane e disagi diffusi“ e cita la commissione De Marchi alla quale si deve la Legge per la difesa del suolo (la 183/1989).
Il Sindaco di Forio d’ Ischia, Francesco De Meo, riferisce del fenomeno idrogeologico dicendo “abbiamo abbandonato la campagna, le opere idriche che prima i contadini facevano sulle colline e che ora non si fanno più per cui quando cadono quantità di acque in modo violento e in poco tempo il terreno non riesce ad assorbirle e queste, non trovando argini, prendono velocità trascinando a valle ogni cosa“.
Il disastro di Casamicciola, che ci tocca per più ragioni, ha tanti padri dei quali si parla poco, tranne che di due: dare la colpa all’ abusivismo edilizio (che potrebbe esserci) e ai cambiamenti climatici (che ci sono), ma c’è dell’altro.
Una chiave di lettura del disastro di Ischia poco conosciuta richiede una riflessione controcorrente rispetto all’ onda emotiva. Nel racconto più diffuso non viene riferito della mancanza di una cultura del territorio che, poggiando sulla conoscenza, sullo studio e sulla cultura dei luoghi, impone rispetto sull’uso del suolo in maniera più ragionata, di una urbanizzazione meno selvaggia e di una cura del reticolo fluviale e delle aree non urbanizzate dalle quali possono provenire disastri come questo.
Le piccole isole e la modifica dell’Art.119 della Costituzione
La recente modifica dell’ Art.119 della Costituzione (data 28 lug. 2022), avendo inserito al quinto comma “La Repubblica riconosce le peculiarità delle Isole e promuove le misure necessarie a rimuovere gli svantaggi derivanti dall’ insularità”, impone l’obbligo di non ignorare o trascurare, quando si parla di “Piano di risanamento”, i territori delle piccole Isole e di non eludere dal paradigma delle debolezze e delle fragilità questi luoghi così ricchi di risorse naturali e culturali che costituiscono un valore aggiunto e una risorsa di alto spessore per gli abitanti e per la nazione.
Il Ministro Musumeci non a caso associa le piccole isole e la frana di Casamicciola alla categoria dei territori deboli e fragili esposti a subire disastri ambientali, alla perdita di materiale lungo la costa, di falesie che crollano, di arenili e di accessi al mare che si disperdono, laddove viene ignorata, da parte degli addetti ai lavori il tema della cultura ed il rispetto della natura, “patrimonio unicum” dei territori insulari.
E’ necessario intraprendere un percorso di tutela delle piccole Isole, e questo non è cosa semplice perché nel momento in cui si omette di considerarle bisognevoli di particolari attenzioni si condannano questi luoghi a tutta una serie di conseguenze negative come:
l’abbandono dei mestieri della terra e del mare, la soppressione degli usi e dei costumi del territorio, l’incuria verso la storia e la cultura di origine dei propri abitanti e, per finire, un utilizzo del territorio poco corretto che lascia esposte queste terre, dono della natura, alle speculazioni, ai violenti fenomeni meteo-marini lungo la costa, alle conseguenze delle mareggiate, tutti fenomeni che, solo un’attenta politica di prevenzione può arginare
Vincenzo Bonifacio sul “Rischio alluvioni e frane” a Ponza pone in evidenza che nell’isola ci sono “due aree ad alta criticità, individuate nella zona del porto e nell’invaso di Santa Maria e riferisce che la struttura del “Canalone” che serviva per far convogliare l’acqua della Guardia verso Chiaia di luna è stata coperta e, in alcuni punti, l’accumulo dei detriti ne ha ridotto la portata ed uno sbarramento non permette più all’acqua di defluire in maniera regolare.
CASAMICCIOLA può essere un archetipo?
Può esserlo, purché il Modello Ischia diventi il simbolo di una più pertinente Metodologia e di un approccio scientifico più razionale che non escluda i territori delle piccole isole che, oltre al “rammendo del territorio” nei versanti di terra, devono fare i conti con il versante di mare per la messa in sicurezza della costa, delle falesie che vuol dire anche recupero della storia, delle tradizioni e dei valori della cultura di cui questi territori unici sono custodi. E’ forse giunto il tempo che questa catastrofe possa spronare tutti ad una saggezza bipartisan del rammendo e della modifica della legge 183/1989. E se le Autorità intendono dare risposte pertinenti e idonee ai problemi sollevati devono mettere in conto necessariamente anche una totale inversione di mentalità che si rivelerà in parte impopolare.
E’ opportuno, e concludo:
a) eliminare il pericolo incombente di materiale in “bilico” con urgente sistemazione e manutenzione del versante in frana sopra l’abitato;
b) porre in essere il blocco di qualsiasi Condono Urbanistico nelle aree a rischio;
c) diminuire la densità abitativa e rimuovere, là dove possibile, gli edifici e le strade nei valloni;
d) estendere il criterio delle debolezze e delle fragilità ai territori insulari, alle pareti rocciose, agli arenili lungo la costa e agli accessi delle aree marittime.