proposto da Sandro Russo
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Non leggo spesso articoli sullo sport, ma devo riconoscere che questo giornalismo, pur “di nicchia”, ha espresso nel tempo talenti notevoli. Il capostipite è Gianni Brera; Gianni Mura ne è stato degno successore. Per le cose interessanti che scrive, in stile molto personale, leggo sempre Emanuela Audisio e… new entry, almeno nel mio (limitato) olimpo personale, Maurizio Crosetto di cui segnalo, da la Repubblica di ieri 10 dicembre, questo delizioso articolo. Che apre anche una finestra sugli umarell.
Umarell, umarell… Mmmm…
S. R.
La storia
La gloria perduta di Federer, il re di Wimbledon diventato umarell
di Maurizio Crosetti
Roger Federer lo ha raccontato nel corso di un’intervista televisiva e lo ha fatto sorridendo, però è quasi un apologo tragico sul senso del tempo.
In visita a Wimbledon fuori stagione e a carriera finita (Wimbledon d’inverno è come un film in bianco e nero visto alla tivù), questa meravigliosa leggenda perduta ha tentato di entrare nell’impianto sportivo come un comune mortale, ma l’inflessibile, impeccabile guardiana molto british ha domandato: «Scusi, lei è iscritto al club?».
Al che Federer si è ricordato che ai vincitori di Wimbledon spetta di diritto una tessera ad honorem, mica quella dell’Atac o della bocciofila, ma si è anche reso conto di non averla con sé, e che forse la tessera era nel cassetto del comodino o nello svuota-tasche in corridoio, o in qualche vattelapesca di ripostiglio in casa, e insomma non c’era verso di mostrarla alla lady di ferro.
E allora, arreso all’evidenza, avversario assai più implacabile di Nadal o Djokovic, il mitico eppure smarrito Roger ha biascicato: «Senta, le assicuro che sono iscritto perché questo torneo l’ho vinto otto volte!»
Forse, a quel punto, la signora lo avrà guardato con misericordia pensando: «Sì, e io sono la regina Elisabetta».
Da gloria immortale dello sport a umarell è un attimo. Ed è forse per questo che Roger Federer ha cercato di vincere al tie-break sfoderando un classico «Lei non sa chi sono io». La guardiana, che in effetti non lo sapeva (le regole sono le regole), ha infine ceduto soltanto grazie all’intercessione di un membro del club, lui sì munito di regolare tagliando, il quale le ha spiegato chi fosse l’uomo che aveva di fronte.
Ed è così che Federer ha potuto finalmente precipitare nell’infinita tristezza di un campo vuoto, di spalti muti, di palline immobili dentro l’inverno del nostro scontento, e probabilmente del suo.
Forse sarebbe stato meglio non provarci neppure, non venirci proprio, a Londra, non tornarci mai più.
C’è un racconto bellissimo di Richard Ford nel quale si narra lo strazio di chi bussa alla porta di una casa in cui abitò un tempo, ormai occupata da altri, per chiedere di dare soltanto un’occhiata.
Niente è più doloroso di un ricordo perduto, nulla è più straniante di un luogo che ci appartenne e al quale non apparteniamo più. Perché solo il presente conta, il problema è che per un ex atleta ogni presente è tutto al passato, e puoi essere stato anche il re dell’universo, ma quando smetti diventi polvere.
Ecco perché Totti, in quel pomeriggio d’addio, piangeva a dirotto. Ogni ritiro di campione è una piccola morte senza ritorno.
Roger Federer finge di sorriderne, però ha capito che non se ne esce. Lei non sa chi sono io, e purtroppo neppure io lo so. Siamo tutti iscritti a un club di cui abbiamo perduto la tessera.
20 Slam in carriera. Roger Federer, 41 anni
Nota
La parola Umarell deriva dal dialetto emiliano e significa “omino”, “omarino”. Il suo significato letterale è “piccolo uomo”(sing. umarèl, plural umarî, ma in pratica si usa solo umarell, invariabile). Gli umarell sono uomini anziani, generalmente pensionati, che trascorrono il loro tempo a guardare i cantieri, in particolare i lavori stradali, tipicamente con le mani dietro la schiena, offrendo consigli indesiderati ai lavoratori.
La parola, entrata nel vocabolario Zingarelli, ha cominciato ad avere una discreta letteratura dietro, dopo che agli umarell é stato dedicato un libro di Danilo Masotti: Oltre il cantiere fenomenologia degli umarells (Pendragon, 2016). E addirittura una canzone da Fabio Concato, uscita nel maggio 2020 che paragona gli sguardi solitari dietro alle finestre in lockdown a quelli bislacchi dietro le griglie dei cantieri. Non solo. A Bologna c’è addirittura un angolo della città intitolato Piazzetta degli Umarell che si incastra fuori dalle mura, fra via Libia e via Scipioni Dal Ferro. C’è un calendario annuale dedicato agli umarell e una ditta ne ha creato (e messo in commercio) delle figurine di plastica da tavolo (sempre meglio di Hulk saranno!).
Umarell… davvero una bella parola, fa simpatia e contiene mondi…