segnalato dalla Redazione
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Dei tanti commenti riportati dai media e letti in questi primi giorni successivi alla tragedia di Casamicciola abbiamo scelto questo di Serenella Iovino (1), da la Repubblica di ieri 26 novembre 2022. Per diversi motivi. Apprezziamo il suo lavoro sui temi delle scienze umane per l’ambiente e dell’ecocritica e l’abbiamo più volte ospitata nel sito, anche in video; inoltre, pur non conoscendo granché della sua formazione e benché abbia avuto una folgorante carriera oltreoceano, appartiene per nascita “all’area napoletana” e quindi è doppiamente partecipe.
La tragedia
Ischia, la memoria del futuro
di Serenella Iovino – Da la Repubblica di domenica 27 novembre 2022
Nel 1922 la prima legge sul paesaggio fu firmata da Croce che nel 1883 aveva perso la famiglia nel terremoto
“È successo Casamicciola”. Sono parole che sicuramente in queste ore risuonano nella mente e nelle case di molti, a Napoli. Da quelle parti infatti Casamicciola è, per definizione, l’emblema del disastro. Quasi un archetipo da quando, in una notte di luglio del 1883, un terremoto del decimo grado della scala Mercalli distrusse completamente questa parte dell’isola verde”, la più grande dell’arcipelago Flegreo. Sì, perché Ischia è un’isola flegrea, ossia vulcanica, come gran parte di quella terra. Ed è antichissima. La sua formazione geologica risale a 150 mila anni fa.
E un’altura vulcanica è anche il monte Epomeo, dove ieri mattina il fango si è trasformato in una colata che ha cancellato vegetazione e costruzioni. Alle forti precipitazioni di questi giorni si è unito il mare, forza 11. Non è una cosa nuova qui: di maremoti in queste zone parlava già Strabone nel IV secolo a.C.
A Ischia, però, stavolta è arrivato qualcosa di molto più antico. È arrivato il diluvio. Come nel racconto del diluvio, infatti, non c’è stata solo la pioggia che cala dal cielo, ma anche l’acqua che emerge dalla terra o dal mare. Una doppia onda concentrica che sommerge e confonde, mescolando alto e basso, giusti e ingiusti.
Come sulla Marmolada a luglio. Come nelle Marche a settembre. Come sempre, e sempre più spesso in questa terra in cui si convive col rischio e ancor di più con le sue cause. Che non sono solo ambientali, ma anche culturali e politiche.
Che l’Italia sia un Paese a forte rischio alluvionale e idrogeologico è noto dall’esperienza. Quanto lo sia ce lo dicono i rapporti periodici dell’Ispra. Il Pnrr va incontro al problema quando destina 2.5 miliardi alla gestione di questo rischio.
Questi soldi però non bastano. Come ha dichiarato Arcangelo F. Violo, Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi, il fabbisogno delle regioni al 2019 era di oltre 26 miliardi di euro, e molti dei fondi promessi dal Pnrr è frutto di stanziamenti precedenti.
In larga parte, tuttavia, questi fondi non sono stati ancora erogati o utilizzati. Ma perché è così difficile gestire bene queste risorse? Qui entra in gioco la capacità politica di governi nazionali e locali, e anche quella di cittadini-elettori, spesso complici nelle dinamiche di speculazione a danno dei loro stessi territori: complici quando costruiscono abusivamente o votano chi non li protegge. Non tutti, certo: il diluvio però colpisce giusti e ingiusti, e i giusti sono spesso i più numerosi.
Però è innegabile: una cultura del paesaggio e del territorio come bene comune, seppure esista nei dibattiti, stenta a prendere piede nelle scelte politiche della cittadinanza: ossia nelle urne, nelle assemblee. E i governi, locali o nazionali, sono raramente in prima linea quando si tratta di governare i disastri in termini di prevenzione e non solo di emergenza. Cent’anni fa, nel 1922, l’Italia conosceva la prima legge sul paesaggio. La firmava Benedetto Croce. Quella legge tutelava le “bellezze naturali” e “monumentali” di particolare interesse storico. Non c’erano cenni all’ecologia, nulla lasciava presagire le emergenze climatiche, ma le speculazioni, le devastazioni, le imprevedibili calamità che rendono fragile la nostra vita nei nostri luoghi: quelle sì, Croce le conosceva. A Casamicciola, in quella notte di luglio del 1883, aveva perduto in un colpo solo tutta la famiglia. Aveva 17 anni.
Dal febbraio 2022 l’art. 9 della Costituzione, che a quella legge s’ispira, allarga la sua sfera d’interesse storico-naturale e con il paesaggio tutela “l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”. Quello che non abbiamo ancora capito è che il tempo, all’improvviso, si è ristretto. Che le future generazioni sono già qui. Il paesaggio — il corpo politico del Paese — non è memoria del passato e basta: è memoria del futuro. È cultura politica, e per questo è vitale che, a tutti i livelli, lo si prenda sul serio.
[Serenella Iovino – Da la Repubblica del 27 novembre 2022]
(1) – Serenella Iovino, è professoressa ordinaria alla University of North Carolina at Chapel Hill, dove ha inaugurato la prima cattedra congiunta di Italian Studies and Environmental Humanities.