Racconti

Le suore di Nostra Signora della Misericordia: la dolcezza di Suor Teresa

di Giuseppe Mazzella di Rurillo

Era il 1954 o 1953 o 1955. A quella età la memoria di un bambino non è forte. Avevo quattro o cinque anni. Non ho ricordi di allora. Mia madre mi  avrebbe detto dopo, quando già ero ragazzo, che ci teneva molto alla mia educazione ed al mio vestiario: – Ti facevo andare sempre bene vestito ed eri un bravo bambino che andava all’asilo ogni giorno lindo e pinto. Ti prendevi il cestino e andavi da solo – mi diceva.

Scendevo da via Principessa Margherita, attraversavo tutta Piazza della Marina ed andavo a Corso Luigi Manzi  all’asilo dell’Orfanotrofio di Santa Maria della Provvidenza, lo stesso che oggi – quasi 70 anni dopo –  sta su tutti i giornali come “L’asilo dell’orrore” dove una suora del Madagascar, che era addetta alla cucina ha picchiato un bambino di 4 anni [Corriere della Sera (data dell’articolo) – uno per tutti, a pag. 18: titolone a tutta pagina: “Botte ai bimbi della comunità. Suora incastrata da un video. Firmato dal giornalista corrispondente da Napoli, Fulvio Bufi, scritto a tavolino. Non si è mosso dalla scrivania. Ha scritto sulla velina dei Carabinieri. Non conosce nulla di Casamicciola].

Io entravo nella grande stanza a destra che era lo stanzone dei bambini. Restavo lì anche a mangiare e dopo ritornavo da solo a casa. Non ricordo di essere mai stato preso a scuola da mia madre o da mio padre.
Ciò che mia madre mi ricordava ormai da ragazzo è:  Scendevi da solo e da solo ritornavi. Una signora che gestiva un negozio in Piazza Marina si domandava chi era quel bambino che passava ogni giorno – la moglie di Fortunato Martinetti che gestiva un  emporio – così ben vestito e così compito e le dissi che era mio figlio.

Nell’ampio salone dei bambini  probabilmente si giocava ma non ne ho memoria. Ho memoria però di una suora. Si chiamava Suor Teresa, era bellissima con un viso dolcissimo che mi manifestava tanto amore e mi chiamava come mia madre: “Giuseppino”. Dovevo essere un bravo bambino perché già a cinque anni ero capace di fare la “primina” cioè lasciare l’asilo ed iniziare la prima elementare. Lo proposero a mia madre ma – sempre mia madre mi ha ricordato – io non volevo lasciare Suor Teresa e volevo rimanere ancora con lei;  al che Suor Teresa le disse: – Signora, se Giuseppino vuole ancora restare qui, lo lasci stare. Ha tempo per crescere.

Restai con Suor Teresa fino al compimento dei sei anni nel giugno del 1955.
Poi dovetti lasciarla ed andare in prima sull’edificio “Manzoni” al Paradisiello ed anche lì andavo da solo da casa e trovai un’altra indimenticabile insegnante, la maestra Fermina Morgera, con la quale sono stato fino alla terza elementare cioè fino al pensionamento della Maestra Fermina. Poi quarta e quinta con il Maestro Pasquale Mattera, molto severo, che aveva la bacchetta per punirci se non fossimo stati buoni. La bacchetta si chiamava “Margherita” e per le punizioni ci dovevamo presentare dal Maestro con il braccio destro teso ed avere la bacchettata nella mano aperta. Nessuno era perfetto. “Margherita” l’abbiamo assaggiata tutti. Ma facemmo l’esperienza che se la mano la mettevi un po’ giù la bacchettata colpiva sul muscolo e faceva meno male. Oggi il maestro Mattera non potrebbe più insegnare.

Non vidi più Suor Teresa. La dimenticai. Ma restò in me la bellezza del volto. La sua tenerezza. La sua dolcezza ed entrò inconsapevolmente in me stesso come la più grande educatrice della mia vita.

Le suore francesi
Suor Teresa apparteneva all’ordine delle Suore della Misericordia dette anche “suore francesi” (1).
Queste “suore francesi” furono portate a Casamicciola dall’Ente Pio Monte della Misericordia di Napoli che aveva realizzato e gestiva il grande complesso realizzato nel 1895 per esercitare l’Opera della Misericordia della cura agli infermi con le cure gratuite agli indigenti. Nel 1902 l’Ente Morale realizzò anche un orfanotrofio per la buona educazione ed un buon avvenire delle “giovanette” in povertà. È probabile quindi che essendo l’Orfanotrofio destinato alle “giovanette” fu scelto l’ordine delle “suore francesi” per l’educazione; e da qui un asilo per i bambini perché non c’era né a Casamicciola né a Lacco Ameno ciò che oggi si chiamerebbe “scuola dell’infanzia.
Questo lo deduco da un rilievo pratico perché tutta la storia della presenza dell’Ente Pio Monte a Casamicciola dal 1604 è stata distrutta con l’abbandono del complesso e delle sue attività. L’archivio storico locale è stato distrutto. Mentre l’archivio storico di Napoli pur ricco è stato reso “segreto” dall’Ente per la tragica e vergognosa storia dell’ abbandono della struttura dal 1973. Ci sono immagine di cartolina dei giardini del Pio Monte della Misericordia negli anni iniziali del ‘900  con le suore e le giovinette dette “Figlie di Maria” come a significare che queste attività erano caratterizzanti di Casamicciola. Poi le “suore francesi” andarono via. Il maestoso complesso fu chiuso. Rimase tenacemente l’Orfanotrofio, con un nuovo ordine religioso di suore. Non so quale sia.

La decadenza di Casamicciola è un arretramento sociale prima ancora che economico ed ancora “fisico” manifestatosi con il terremoto del 21 agosto 2017 con duemila abitanti che sono andati via e con macerie accentrate a Piazza Majo ma presenti – come testimonianza diffuso di un degrado – in tutti gli abitati e case sparse su circa 6 km2.
E’ stata orribilmente cancellata dall’Ente Pio Monte della Misericordia una presenza “umana” di persone – uomini e donne – a Casamicciola di oltre quattro  secoli. Nessun posto in Italia ha subito una cancellazione così brutale della sua storia oltre che della sua economia e della sua socialità.
Suor Teresa credo che sia morta da anni. Dove abbia trascorso la sua vita non lo so. Non ho alcuna immagine di Lei. Vorrei dirle che è stata con me per tutta la mia vita con un sorriso. Una dolcezza. Oggi – vedendo e vivendo la mia Casamicciola ed assistendo al suo degrado un degrado sociale che la cittadina Rossella Pirozzi perfettamente esprime su Facebook – emerge prepotente  una enorme amarezza.
So che Suor Teresa ha sostituito il suo meraviglioso sorriso con  un pianto. Il più amaro pianto dal volto di una donna.


Nota

(1) – La congregazione delle suore di Nostra Signora della Misericordia
L’ordine o la congregazione nacque in Francia. Dopo una missione popolare predicata dai gesuiti a Laval nel 1816, numerose prostitute decisero di cambiare vita: la congregazione fu fondata il 1º novembre 1818 da Thérèse Rondeau per la loro riabilitazione.
La fondatrice si formò presso le Suore della Misericordia di Bordeaux.
Le giovani affidate alle cure della congregazione venivano inserite in una classe di circa cinquanta elementi sotto la direzione di un gruppo di religiose: si creava così un legame di tipo famigliare tra le donne e si rendeva più efficace il controllo da parte delle sorveglianti. Ogni classe aveva i propri locali per il lavoro, la refezione e la ricreazione. Le penitenti, di regola, rimanevano nella congregazione sino alla morte: le donne che, dopo vari anni nell’istituto, erano ritenute persone di fiducia, diventavano aiutanti, ma la congregazione non accettò mai che potessero divenire suore.
La casa di Laval rimase a lungo l’unica: nel 1854 sorsero le prime filiali in Polonia e in seguito altre comunità a Quimper, Lisieux e Vitry-sur-Seine. Dalla separazione della case polacche dalla congregazione di Laval ebbe origine l’istituto delle Suore della Beata Vergine Maria della Misericordia.
La congregazione ottenne il pontificio decreto di lode il 7 settembre 1878 e la prima approvazione delle sue costituzioni il 9 dicembre 1930.
Lo scopo principale della congregazione è la rieducazione delle giovani cadute; a esso si aggiunge il lavoro in scuole tecniche, centri di cura e foyer per giovani lavoratrici.
Attualmente le suore dell’istituto operano esclusivamente in Francia; la sede generalizia è a Laval.
Alla fine del 2008 la congregazione contava 27 religiose in 3 case (fonte: Wikipedia)

Di Giuseppe Mazzella – direttore de il Continente
Casamicciola, 17 novembre 2022

1 Comment

1 Comments

  1. Sandro Russo

    18 Novembre 2022 at 08:08

    Non ho il delicato e affettuoso ricordo delle suore, come Giuseppe Mazzella di suor Teresa. Nel mio immaginario hanno un posto particolare (unico direi) tra tenerezza e orrore. Ci sono una letteratura e una filmografia sterminate, in proposito. Ricordo che mia madre (ponzese) le chiamava con un certo disprezzo i cap’i pezza.
    Mi hanno stupito qualche anno fa – per essere stato loro ospite (invitato da amici, non di mia iniziativa) -, le suorine francesi (Lavoratrici Missionarie dell’Immacolata) che gestiscono a Roma, in piazza dei Caprettari (adiacenze Pantheon) il ristorante Eau vive.
    Senza alcuna polemica, ma con curiosità, ho pensato che è uno strano modo di servire il Signore! Ma la cucina (francese e internazionale) è raffinata e ricordo della cena che ad un certo punto, a fine serata, si sono riunite (lavoranti di sala e delle cucine) e hanno cantato tutte insieme le lodi del Signore. Una stranissima sensazione di spaesamento!

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