Racconti

Un amore nato in fasce

di Simonetta Basile

Simonetta Basile è una ponzese d’adozione che ama e frequenta la nostra isola da quando i genitori, innamoratissimi di Ponza, ve la portarono per la prima volta ancora in fasce, intorno agli anni ‘60
“La ringrazio moltissimo per avermi indicato dove trovare le foto! Grazie davvero”
Con queste parole Simonetta mi ringrazia per averle indicato, nel rispondere alla richiesta, arrivata in Redazione verso la fine di ottobre, dove reperire sul nostro sito delle immagini d’epoca della nostra isola.
Ma molto di più c’era a seguire nel suo messaggio di ringraziamento…
C’era, rispondendo a sua volta alla mia richiesta di raccontare del suo amore per l’isola, una bella storia, fatta di ricordi e di quadretti isolani, che Simonetta ha avuto il piacere di parteciparci e che abbiamo il piacere di condividere con i nostri lettori.
Buona lettura e… speriamo che ne arrivino altre
Enzo Di Fazio

***

Sono legata a Ponza da sempre, direi un cordone ombelicale mai reciso. Le racconto la Mia storia…

Mio padre, classe 1938, amava profondamente l’Isola e a soli 22 anni un giorno d’estate, senza mappe né GPS salpò da Fiumicino con un piccolo gommone alla volta di Ponza, per lui, fino a quel momento sconosciuta e pertanto affascinante e misteriosa. Sfortunatamente, il sole lasciò ben presto il posto alle nuvole e non essendoci più visibilità si perse per mare…
A bordo anche mia madre diciottenne che spaventatissima altro non poteva fare se non pregare Iddio che qualcuno li salvasse.
Mio padre mi raccontò che seguirono la scia di un traghetto che fortunatamente incrociò la loro rotta. Arrivarono a Ponza sani e salvi.

Fu amore a prima vista. Ponza diventò per mio padre un luogo segreto dove sentirsi felice.

Mio padre lavorava tutto l’anno sognando le lunghe ferie estive che puntualmente trascorrevamo a Ponza. D’inverno, non c’era un fine settimana in cui non si andava a Fiumara per manutenere la nostra barca. Faceva tutto da solo, era bravissimo, dalla pittura ai lavori di idraulica e di falegnameria. Era un uomo molto intelligente, aveva mani d’oro e intelletto acuto. Mi portava spesso con sé, ero la sua aiutante preferita. Avevo piccole mani utili da infilare negli spazi ristretti della barca e magari riuscire a tirare qualche cavo o arrivare dove lui non poteva. Eravamo tre sorelle, forse avrebbe voluto un maschietto per condividere tante cose ma la vita questo gli diede! A luglio finalmente si partiva per Ponza, tutti felici tranne mia madre che non sopportava la lunga permanenza in barca. Così, mio padre decise di affittare una casa a Le Forna per i mesi estivi senza però lasciare la sua amata barca che ormeggiata al porto ci aspettava ogni mattina per andare a fare il bagno.

La prima volta che i miei genitori mi portarono a Ponza ero in fasce e tutti i periodi di vacanza della mia infanzia li ho trascorsi sull’ isola.
I miei ricordi più belli sono li, sulle banchine, sul corso, sulla spiaggia di Chiaia di Luna, al Frontone con mia nonna e poi grandi tuffi alle piscine Naturali, tanti bagni all’ Arco Naturale. Milioni di ricordi…

Ricordo che, alle Piscine Naturali, mia sorella maggiore, si tuffava di testa dal punto in cui oggi c’è un piccolo bar con terrazza e tavoli per mangiare. Non c’era nulla lì ai tempi. Io avevo paura e mi accontentavo di semplici tuffi a candela dalla piattaforma in basso.

Quando tirava Levante forte, andavamo a piedi a Chiaia di Luna e mio padre  camminando attraverso il tunnel mi raccontava storie di schiavi romani che scalpellavano le pareti, meraviglioso… mi sembrava un tunnel infinito visto con i miei occhi da bambina. Poi la spiaggia e di fronte la regina delle isole: Palmarola.

Ero una bambina molto vivace e ne combinavo di tutti i colori. Ricordo che un’estate prendemmo una casa in affitto a Le Forna da una certa signora Civita. La proprietaria della casa coltivava nell’orto degli splendidi pomodori. Io ebbi la brillante idea di raccoglierli tutti (ma proprio tutti…) e di andare a rivenderli in una frutteria a pochi passi che li acquistò per pochi spicci. Mi sentivo una grande commerciante, facevo affari d’ oro… avevo forse 8 anni…
La sera stessa della vendita dei pomodori la proprietaria della frutteria confessò alla sorella di aver acquistato a poco prezzo dei pomodori freschissimi da una bambina bionda molto carina ed educata. La sorella per poco non svenne: ‘ecco dove sono finiti i miei pomodori!!!’
Ne potrei raccontare tante altre di marachelle…

Sulla banchina, dove oggi attraccano i traghetti c’era un rivenditore di acqua, bevande, succhi di frutta, etc. Mio padre si riforniva sempre lì.

Erano i tempi delle bottiglie di vetro e del reso. Io, le mie sorelle e mia cugina rubavamo le bottiglie di vetro vuote nelle casse sulle strade, fuori dai ristoranti e le portavamo al deposito, guadagnando il giusto reso! Ero terribile!

Il pomeriggio al ritorno dal bagno andavamo all’ Emporio, sulla cima della salita dove oggi si trova il Comune, compravamo ago, filo e perline con i proventi delle bottiglie e creavamo dei gioielli da rivendere sulla piazza del comune. Eravamo bravissime! I nostri orecchini, braccialini e collanine andavano a ruba. La nostra piccola bancarella di artigianato locale si trovava proprio di fronte a dove oggi si trova il Bar Tripoli, quindi un gran via vai di gente… i nostri affari crescevano!

Ricordo che mio padre di solito ormeggiava dove oggi ormeggiano gli aliscafi e lì, c’erano file e file di barche, tanto che per scendere a terra si doveva saltare di barca in barca. Una volta ormeggiammo a fianco all’aliscafo, sbarcati passeggeri ed equipaggio riuscii a salire a bordo furtivamente e bevvi tanta di quella Coca-cola dal frigo del bar dell’aliscafo che mi sentii male…
Insomma, i miei genitori erano piuttosto in ansia perché ero davvero imprevedibile…

Ricordo che sempre dove ora attraccano i traghetti, venivano scaricati a terra grandi pesce spada. Se chiudo gli occhi posso ancora sentire l’odore del sangue di pesce spada misto al sale marino sul mattonato nero della banchina.

Ricordo che ero felice, allegra, spensierata, serena e Ponza era la mia casa, mi accoglieva come una grande conchiglia proteggendomi dalle brutture del mondo. Il mio cuore è sempre stato sull’ isola dove ho trascorso i momenti più belli della mia infanzia e ogni volta che torno non appena dal traghetto avvisto i colori delle case del porto, l’inconfondibile colore bordeaux del muro del corso, il faro, Sant’Antonio trattengo lacrime di gioia e dimentico ogni pena. Ponza per me è l’ isola dell’oblio, dimentico i problemi della vita reale e torno felice a quando ero bambina.

Sono felice che negli anni io e il mio amatissimo compagno siamo riusciti a comprare una piccolissima casa con una vista che spazia sull’infinito, un mare azzurro infinito che culla un’infinità di dolci ricordi!

 

Tutte le immagini appartengono all’archivio del sito, per gentile concessione di Fabio D’Atri, tranne l’ultima che è di Enzo Di Fazio (ndr)

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