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Il Pd, il partito del socialismo di Rosselli

di Giuseppe Mazzella di Rurillo

Il Pd deve assumere come sottotitolo la denominazione del gruppo cui aderisce al parlamento europeo: alleanza dei progressisti e “socialisti” europei.
La prima decisione è la rivalutazione in sede storica e politica del “socialismo italiano” nelle sue luci e nelle sue ombre come ogni storia vivente.
Il socialismo italiano nel simbolo della falce, martello, libro e sole nascente, univa il movimento operaio ed i lavoratori del braccio e della mente “alleando” alla classe operaia i ceti medi e “progressisti”.
La teoria politica del “socialismo liberale” di Carlo Rosselli è posta alla base ineliminabile della sua esistenza nell’assoluto riconoscimento dei valori di libertà e giustizia consacrati nella costituzione della repubblica nata dalla resistenza al fascismo ed al nazismo.
Pone la festività laica del 25 aprile al primo posto della ritrovata unità nazionale indivisibile e unità del popolo italiano poiché essa segna la riconquista della libertà e della democrazia politica prima ancora della scelta della forma di Stato di repubblica o monarchia.
Il 25 aprile è più forte ed emblematica del 2 giugno. Questo è un preambolo indispensabile per la sinistra italiana del XXI secolo.
Poi il ritorno vigoroso alla politica di programmazione economica per la piena occupazione, il sistema delle autonomie locali, ed il sostegno al mezzogiorno per la piena unità economica e sociale della repubblica nel contesto dell’Europa unita come autentica federazione di democrazie.

Giuseppe Mazzella, direttore de Il Continente

Lo storico simbolo del Pci, ritoccato da Renato Guttuso, è del 1953

Immagine di copertina. elaborazione grafica da Il quarto stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo, realizzato tra il 1898 e il 1901

 

2 Comments

2 Comments

  1. La redazione

    11 Novembre 2022 at 12:45

    La Redazione
    Non si può non rilevare come l’articolo odierno di Giuseppe Mazzella si pone nel solco del dibattito iniziato nella sinistra italiana con una revisione critica dei programmi e del contenuti di un partito della sinistra.

    Scrive così la Repubblica:
    Le idee: scrittori, giornalisti, politici, intellettuali ragionano sulla crisi della sinistra
    Abbiamo cominciato il 26 settembre, all’indomani della clamorosa sconfitta elettorale di Letta e compagni. Un trionfo senza discussioni del centrodestra guidato da Giorgia Meloni, centrosinistra in ordine sparso ai minimi storici. Da dove ricominciare? Dalla base, dalle piazze, dai ceti popolari, dalla working class, dalle donne? Lo abbiamo chiesto a scrittori, giornalisti, politici, intellettuali e il dibattito prosegue ancora sulle pagine di Repubblica e sul nostro sito dove tutti gli interventi sono consultabili nelle pagine Internet della Cultura.
    Per “aiutare” il lettore a orientarsi, qui sarà possibile leggere tutti gli interventi e un breve
    abstract degli articoli. Ma sarà anche possibile cliccare sui titoli per essere immediatamente diretti negli interventi che si desidera leggere. O rileggere.
    Il dibattito su Repubblica

    Sono intervenuti: Michele Serra, Francesco Piccolo, Stefano Massini, Massimo Recalcati, Chiara Saraceno, Emanuele Trevi (intervistato da Raffaella De Santis), Isaia Sales, Luciano Violante, Chiara Valerio, Gianni Riotta, Nichi Vendola, Luigi Manconi, Dario Olivero, Giacomo Papi, Daniela Hamaui, Michela Marzano, Linda Laura Sabbadini, François Hollande (intervistato da Anais Ginori), Carlo Galli, Emanuele Felice (intervistato da Eugenio Occorsio), Natalia Aspesi, Javier Cercas (intervistato da Alessandro Oppes), Roberto Esposito, Gianni Cuperlo, Bruno Simili (intervistato da Eleonora Capelli), Giorgio Tonini, Franco Lorenzoni, Pietro Ichino, Paolo Di Paolo, Serenella Iovino, Giovanni Cominelli, Luigi Zanda, Michele Salvati, Giuseppe Laterza, Enrico Letta, Stefano Boeri, Anna Foa, Antonio Bassolino (intervistato da Conchita Sannino), Simona Colarizi

    Ai lettori la curiosità di andare a vedere quanti dei contributori prendano in considerazione una via d’uscita dalla crisi “nel Socialismo”, come fa Giuseppe Mazzella nel suo breve articolo

  2. vincenzo

    12 Novembre 2022 at 09:43

    Dov’è finita la classe operaia? Dove sono finiti i proletari di tutto il mondo? Il lavoro in quali mani è finito? Come è stato possibile rinunciare all’art. 18? L’istruzione, l’egemonia culturale da chi oggi viene manipolata. La politica ha ancora un senso se poi a governare vengono chiamati economisti e banchieri? Come è stato possibile infilare il pareggio di bilancio in costituzione? Come è possibile accettare questa Europa dei banchieri, della commissione europea che impone l’80% delle leggi al parlamento italiano che deve solo ratificare? Come è possibile accettare di segregare metà popolazione che non vuole rinunciare ai propri diritti costituzionali? Come è possibile accettare un “quarto potere” che rinuncia al suo diritto dovere di controllare e informare e diventa megafono e propaganda del potere finanziario? Come è possibile vedere aumentare disoccupazione, povertà e distruzione quotidiana di diritti costituzionali senza ribellarsi? Com’è possibile accettare una politica di guerra rinunciando ad analizzare e quindi denunciare i veri motivi per cui siamo in guerra per l’ennesima volta?

    Potrei continuare. Da anni il PD ha rinunciato a pensare. I suoi leader hanno deciso di stare nei salotti buoni che dettavano l’agenda della politica italiana, salotti di potere molto spesso extra italiani. Questo il grande tradimento di un’intera classe dirigente che nasce con Prodi e finisce con Draghi passando per Napolitano, Renzi, Letta, e Gentiloni ma sempre con l’appoggio del PD.

    Come si fa a riedificare un partito se a decidere la rinascita è ancora Letta che detta i modi, i termini e stabilisce anche quali sono la qualità e la quantità dei contenuti da sviluppare?

    Non può nascere niente di buono se non nasce un leader capace di buttare tutto all’aria e ricostruire daccapo una idea di sinistra che ha la Costituzione italiana come vangelo per ritornare ad una nuova sovranità italiana per ritornare a fare gli interessi del popolo italiano. Uscire da questa Europa per ritornare a pensare da popolo ad una nuova Europa, una confederazione degli Stati europei in cui nella diversità culturale si trovi solidarietà nelle decisioni economiche, sociale ed anche militari. Una Europa che sappia portare al mondo intera la capacità di vivere il mondo rispettando la grande potenza della diversità culturale.

    Non si può continuare a prendere ordini da presidenti di commissioni europei, non eletti, che parlottano quotidianamente con i Bill Gates sulla sanità, sull’energia, sul tipo di alimentazione, tra l’altro sintetica che gli europei dovranno ingurgitare.

    Quale figlio di questo PD, alimentato a latte culturale globalista può ripensare a rifondare una sinistra in Italia?

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