segnalato da Sandro Russo
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Per quanto possa sembrare una parola francese, foliage è un termine inglese che significa “fogliame”. Con essa in italiano si intende il particolare fenomeno per il quale le foglie, prima di cadere, cambiano colore.
In giro per il mondo ci sono veri patiti del foliage, che ha un particolare seguito negli Stati Uniti e in Canada, dove è una vera attrazione turistica. È anche una sensibilità che si acquisisce – quasi una disciplina – e ci fa piacere presentare qui un articolo di Gabriele Romagnoli che ne scrive “per omissione”, nel senso che quest’anno il foliage non c’è stato o si è dimostrato molto deludente.
Speriamo – come per tutto il resto – nel prossimo anno!
S. R.
Il caldo spegne il foliage: sul treno delle meraviglie orfano dell’autunno
di Gabriele Romagnoli – da la Repubblica del 4 novembre 2022
L’atmosfera “autunnale” ormai persa
Da Locarno a Domodossola: il viaggio per ammirare lo spettacolo del cambio delle foglie riserva un paesaggio insolito e spoglio
Quel che resta di una mezza stagione, l’autunno, ha anche la metà dei colori. Sbiaditi sulla tavolozza il rosso, l’arancio, il giallo; restano il sempreverde, il marrone, il nulla dopo la caduta (delle foglie). Il cambiamento climatico ha spento anche il foliage, rendendolo più opaco.
L’allerta era partita dagli Stati Uniti, dove osservare la trasformazione cromatica dei boschi è considerata un’esperienza spirituale, oltreché una risorsa turistica. Per verificare ho preso un treno: quello che va da Locarno a Domodossola. Cinquantadue chilometri in circa due ore: salite, ponti, gallerie e, soprattutto, alberi. Da ottobre a metà novembre lo ribattezzano “il treno del foliage”, mettono su rotaia una versione “panoramica” con maxi-finestre che consentano una miglior visione e fotografia.
Il panorama dal treno del foliage
La partenza è nella stazione sotterranea di Locarno. Foglie adesive gialle e rosse sono applicate alla vetrata dell’ufficio ferroviario: è la macchia più consistente che capiterà di vedere. Le immagini on line sul sito della Vigezzina-Centovalli offrono un tripudio di colori che in questo autunno anomalo non si sono visti o hanno brillato per (troppo) poco tempo. E la natura non consente Photoshop: si presenta così com’è. La sua sofferenza è evidente. I corsi d’acqua sono ridotti, i greti hanno una portata dimezzata. Fa molto caldo nei vagoni e si può pensare che sia l’effetto serra dei grandi vetri, ma quando il convoglio costeggia un campo l’agricoltore che lo perlustra è in maglietta a maniche corte e agita un fazzoletto bianco, non è chiaro se in segno di saluto o di resa.
Che cosa è accaduto? Gli scienziati lo hanno spiegato già da settimane: l’aumento delle temperature ha prolungato la stagione del verde, prima ritardando il picco del foliage e poi riducendone la durata: una fiammata anziché un incendio. La siccità ha smorzato i colori perché le foglie “scottate” hanno perduto le pigmentazioni che consentono l’evoluzione cromatica. Di fronte alle ondate di calore che si sono susseguite gli alberi hanno preferito spogliarsi anziché cambiarsi d’abito. “Stressati”, li hanno definiti: come esseri umani costretti a prestazioni continue, senza riposo né ristoro. Le foglie sono piccoli pannelli solari che quest’anno sono stati sovraccaricati. Meno sole, più colore.
La lunga estate del ’22 (come speriamo sarà ricordata perché significherebbe un’eccezione) ha prodotto l’accelerazione dal verde ai toni scuri. In America, dove esiste addirittura un Foliage Report per gli appassionati, di cui guida gli spostamenti, la mappa si è rapidamente convertita al nero che segnala il superamento del picco. Ora le zone rosse sono sottili lingue di fuoco in prossimità delle coste o dove maggiore è l’umidità.
Il professor Gordon Ober, docente di scienze ambientali in una università del Massachusetts, ha sostenuto che “siamo di fronte a un danno morale di inestimabile valore per l’umanità intera”. Un’esagerazione? Certo la penseranno così quelli, immersi nel momento, che conservano il ricordo senza preoccuparsi di chi non potrà formarselo; quelli per cui è sempre e soltanto un ciclo e quelli per cui “l’estetica del mondo” è un negozio di manicure multietnico. Mentre per un filosofo come Duccio Demetrio, il cui libro Foliage mi accompagna nel viaggio: “La fissità dei sempreverdi ci inganna: vuole farci credere che il tempo si sia arrestato. Mentre per ogni altra varietà che ingiallisce, quando sia arrivato il momento della essenzialità, della nudità, della liberazione dal superfluo, i tronchi, i rami, i grovigli ci richiamano al compito di cambiare punto di vista, se non addirittura modo di vedere e di vivere. Di scoprire la bellezza delle transitorietà delle cose viventi”.
È come se alla vita su questo pianeta si stessero togliendo i riti di passaggio. Gli alberi che non attraversano più i fuochi dell’autunno diventano una facile metafora di quegli esseri umani, affetti da una siccità esistenziale, che cercano di mantenersi verdi più a lungo possibile, di un verde innaturale, fino a cedere di schianto. Il botox è la loro clorofilla. Non c’è tramonto. I giorni di estati troppo estese finiscono senza il fuoco purificatore della trasformazione. Dovremo andare nei musei per ritrovare l’autunno com’era? Lì rivedremo infiammati i Pioppi, quelli di Pissarro e di Monet, il cui atelier galleggiante scorre tra due rive multicolori. Parigi bruciava, sono fiammiferi gli alberi sui Campi Elisi di Van Gogh e in campagna la Donna bretone di Gauguin, intenta a riempiere la brocca, indossa una gonna arancione intonata al paesaggio che la circonda (le opere citate sono raccolte a fondo pagina – ndr).
Invece, per quanto resti comunque spettacolare, quello che il treno attraversa, dal sud della Svizzera al nord del Piemonte non ha più la stessa vivacità. La bambina dall’altro lato del corridoio, che i genitori hanno portato in gita per stupirla, non si distrae mai dal cane di pezza a cui propone un programma alternativo: “Adesso guardiamo la televisione”. Il sospetto è quello di lasciare in eredità un mondo in bianco e nero in cui la meraviglia dura lo spazio di uno spot.
Quando il treno arriva al capolinea di Domodossola è già inverno.
Appendice (a cura della Redazione)
Camille Pissarro. Autunno, pioppi a Eragny. 1894. Denver Art Museum USA
Claude Monet. Pioppi in autunno 1891
Alyscamps. Champs Élysées. Van Gogh. 1888
Paul Gauguin. Donna bretone con brocca. 1888
Paola Annibali
6 Novembre 2022 at 21:51
Ciao Sandro,
molto gradevole perché mette di buon umore il pezzo della Titina interpretato da Charlie Chaplin.
Il Foliage mi ha ricordato come appena ci siamo conosciuti, quasi una ventina di anni fa, Rinaldo (Rinaldo Fiore, il nostro amico scomparso – ndr) mi portava in autunno a fare lunghi giri in macchina verso il Tuscolo partendo da Monte Porzio fino a Frascati. E ripeteva ad ogni curva: – Guarda, guarda…
E poi era la volta dei vigneti: – Guarda, guarda…
Grazie Sandro.