segnalato da Sandro Russo
Faccio mio questo scritto lucidissimo e disincantato (diciamo pure amaro) a titolo personale, da persona che non ha mai azzeccato un pronostico elettorale in vita sua, e lo propongo ai lettori. Almeno a quelli che non stanno festeggiando la vittoria della destra.
S. R.
Gli italiani e le promesse elettorali
Un popolo bambino
di Concita De Gregorio
Dice: ma non si rendono conto, gli italiani, della posta in palio? Non capiscono la gravità del momento? Non vedono le conseguenze delle cose?
No, diciamolo. La risposta è no. Per la più gran parte: no.
E come mai, come è possibile che non capiscano cosa stanno rischiando? Perché pensano che tanto non sarà per sempre, tanto non dura.
Qualunque cosa sia non durerà, come non è durata mai. Si prova, si vede: si va su quello nuovo, che sarà mai. Al massimo, se non è buono, si cambia ancora. Vedrai che un altro, dopo, arriverà.
Poi nessuno sa come andrà a finire domani, certo: magari qualcuno un po’ meglio, qualcuno un po’ peggio, ma a voler descrivere il sentimento della vigilia bisogna riconoscere che è questo. Un popolo bambino, al luna park. In fondo è solo un altro giro di giostra.
Avete presente la frenesia dei figli al parco divertimenti, quando ancora a metà del calcinculo già indicano col braccio teso il castello degli orrori, e dentro il castello degli orrori chiedono ma dopo andiamo sulle macchinine a scontro, vero, e dopo andiamo anche alla ruota?
Quell’ansia lì, quella noia subito.
È stata una specie di transumanza elettrica, se guardiamo indietro: il consenso moltitudinario al rottamatore che prometteva di mandare a casa i vecchi ingrigiti dal potere, al comico che mandava a casa il rottamatore, all’uomo del popolo che la cultura è un privilegio della casta, alla donna del popolo che il fascismo ora che c’entra, è tutta propaganda. Renzi, Grillo, Salvini, Meloni.
Venti, trenta, quaranta per cento, bum. Di casa in casa. Ma tanto, è per poco.
Si stancano subito, del giocattolo nuovo, gli italiani. Creduloni e cinici, sentimentali e scettici. Pronti a dire non ce la contate giusta, ah-ah, ci state gabbando in favore delle multinazionali e poi incapaci di ricordare cos’è successo ieri, chi era chi, chi ha fatto cosa. Basta una giacca bianca, una manica di camicia arrotolata al posto della pochette, e via: si va, l’illusione è compiuta.
Berlusconi, che tra gli illusionisti è stato il campione olimpico, lo diceva nei suoi anni d’oro, vent’anni e rotti fa, prima di tornare ad avere i denti e i capelli di prima: bisogna trattare gli italiani come se fossero tutti in quinta elementare. Come se avessero dieci anni.
È desolante, ma aveva ragione.
I bambini sono irresponsabili, sono gli unici autorizzati ad esserlo: vanno per mano ai genitori, che difatti in caso di danno pagano per loro. Ma qui di adulti non se ne vedono, e quelli che si vedono non hanno appeal, non mordono. Sono grigi, già usati. Morde la maschera, l’illusione del nuovo, la giostra più in là — quella da provare ancora. Pazienza se è vecchia anche la giostra nuova, chi se lo ricorda.
Chi ha voglia di fare memoria degli anni Ottanta e Novanta e Duemila, che fatica.
La campagna elettorale più efficace – è opinione corrente e condivisa – l’hanno fatta quelli che hanno detto una cosa sola, ripetuta all’infinito. Giuseppe Conte da solo, al Sud, in maniche di camicia, improbabile Camilo Cienfuegos a cui il popolo più diffidente del pianeta offre in dono tutta la sua credulità: puoi diventare chiunque, trasformarti in chiunque, basta che tu ci dia un pesce subito, la canna da pesca non ci serve. Un’Italia divisa in due, un Sud che vuole il reddito di cittadinanza e un Nord che chiama il merito, non l’elemosina e poi la corruzione, come ai tempi della Cassa del Mezzogiorno e del Meridione parassitario, il Nord produttivo, vi ricordate la Dc? Ma poi il Nord che fino a ieri inneggiava alla gogna di Roma Ladrona oggi è pronto a mettersi nelle mani di una romana verace, una popolana della Garbatella perché dice che vince, è meglio sempre stare con chi vince, no? Roma ladrona, Roma padrona. Il voltafaccia, la grande tradizione italica.
Lo scenario possibile di un governo neofascista e di un’opposizione populista racconta la fine della politica del Novecento, la fine delle radici ideali della politica. Si potrebbe dire, in sintesi: la fine della politica. È una battaglia navale, questa. È un risiko: qualunque cosa può succedere, dopo i gialloverdi e i giallorossi magari i rossoneri, chissà, altri tecnici se ce ne sono disponibili, altri maghi e giocolieri, altri profeti buoni per un quarto d’ora.
Le grandi scuole di pensiero non c’entrano niente, non più.
È un gioco diverso, questo, difatti chi gioca al gioco vecchio è fuori gioco.
Il popolo bambino è disilluso, capriccioso, irresponsabile. Vuole un’emozione nuova, un capopopolo diverso. Vuole qualcuno che risolva i suoi problemi al posto suo, e se non funzionerà poi lo manderemo a casa presto come abbiamo fatto sempre.
Però, però. Non sempre la Storia la capisci mentre accade, questo ci insegnano i vecchi che restano. Non sempre il consenso di popolo equivale al bene, avere memoria della Storia suggerirebbe di fare attenzione. A ricordarlo, il passato. Che — ci dicevano a scuola — è importante: è maestro di futuro. La scuola, accidenti. La scuola. La conoscenza, fatica e sorella perduta, amica volentieri smarrita. Meglio TikTok, un video, no? Dieci secondi al massimo. Buona domenica, comunque: siamo nelle nostre mani, come sempre. Non sarà la fortuna a decidere, saremo noi. Occhio.
[Di Concita De Gregorio. – Da la Repubblica del 25 settembre 2022]
Rosanna Conte
26 Settembre 2022 at 08:35
Come non concordare con Concita De Gregorio? La percentuale dei votanti, 63,9%, mette in evidenza il disincanto di una grande fetta degli italiani per la politica e il disincanto apre le porte alla superficialità e al gioco. L’articolo può essere un’istantanea, ma elude l’analisi facendo solo un timido accenno alla scuola, quella scuola che ha perso il “diritto” a formare dei cittadini tutto a vantaggio del futuro lavoratore, anche con conseguenze gravissime – vedi gli studenti morti durante gli stage. Del resto un’analisi “annoierebbe” o al massimo innesterebbe polemiche – perché oggi riesce difficile argomentare, preferendo glissare sui punti che richiedono uno sforzo riflessivo a vantaggio del “però gli altri… mentre tu…” e, invece, è tutta la società che va esaminata.
Una società consumistica, precaria, brulicante di perdenti e di arrampicatori vincenti, dove solo il piacere e il divertimento possono avere spazio, e dove coloro che occupano spazi di potere – economico, sociale, mediatico – sono i mazzieri del gioco. Ormai siamo nella grande arena del Colosseo dove era sull’onda dell’emotività che la plebe, mantenuta a panem et circenses, decideva la morte o la vita del gladiatore.
Dico questo solo perché la destra ha raggiunto il 44% e FdI, partito post-fascista, ha superato il 26%?
No lo dico (lo diciamo) da tempo e lo ripeto oggi perché si parla di elezioni che sono la temperatura della salute politica di un paese e l’aumento dell’astensionismo è un indice che testimonia questa discesa verso l’indifferenza e il “gioco”.
Non so se ci potrà essere una risalita, ma certamente avverrà per strade diverse da quelle del passato.
vincenzo
27 Settembre 2022 at 19:11
Vi faccio rispondere da Crozza: è più divertente!
Video
Sandro Russo
27 Settembre 2022 at 20:38
Sempre bravo, sintetico e incisivo Crozza, con il quale in larga parte concordo e soprattutto concordano i ceti medio-bassi e i mitici ‘operai’ che si sono sentiti traditi dal partito che storicamente li rappresentava.
Purché da questo non si passi a sostenere che la Destra, essa sì, ha fatto negli anni gli interessi dei lavoratori!