di Giuseppe Mazzella di Rurillo
–
E’ un giudizio unanime che questa campana elettorale per elezioni politiche del 25 settembre è stata la più penosa, assurda, inqualificabile e chi ha aggettivi ancora più squalificativi li usi perché descrivere lo squallore non è mai abbastanza.
L’aspetto più desolante è l’omologazione dei nuovi partiti liquidi dalla storia negata che fa il cittadino comune. Una omologazione che la mia generazione – nata e cresciuta nei movimenti degli studenti del ’68 – ha sempre rifiutato e combattuto sostenendo la “diversità” della sinistra riformista e laica – dal PRI al PCI passando per il PSI – rispetto al conservatorismo ed al clericalismo che in Italia era ben rappresentato dalla DC nella Prima Repubblica.
Comunque la mia generazione era fortemente politicizzata ed ideologizzata e le differenze fra i partiti erano nette e chiaramente individualizzate. L’area vasta della sinistra pur divisa in mille rivoli concordava tuttavia in maniera netta e senza appello sull’antifascismo e come pure sull’evidenza di un “arco costituzionale” che escludeva dal confronto democratico il MSI di Almirante, ritenuto la continuazione del partito nazionale fascista e catalogava i neofascisti fra i nemici della Repubblica e della Costituzione, accusandoli di voler entrare nell’avvenire portando indietro le lancette dell’orologio della Storia.
Permaneva tuttavia una ingiusta “pregiudiziale anticomunista” da parte della DC con la famosa conventio ad excludendum cioè la tesi dei cattolici politici di escludere i comunisti da ogni accordo di partecipazione al Governo per i loro legami con il partito comunista dell’Unione Sovietica nel tempo della “guerra fredda” con il mondo diviso in blocchi tra l’Occidente americano e l’Oriente russo imperiale.
La pregiudiziale anticomunista non solo bloccava la giovane democrazia repubblicana ma faceva crescere il PCI come grande ed unico partito non solo della classe operaia ma di un vasto ceto medio tanto che fare del PCI nel 1984 alle elezioni europee il primo partito italiano con circa il 38% del suffragio popolare. Oltre con la ferrea denominazione “comunista”, il PCI di Enrico Berlinguer era diventato il più grande partito della democrazia italiana al quale aderivano non solo gli intellettuali della sinistra classica ma anche quelli che provenivano dal liberalismo laico delusi dal fallimento sul piano morale della “Terza Forza” divisa tra PRI, PSI, PSDI e cristiano sociali.
Le discussioni fra “colleghi” nelle aule universitarie – la mia facoltà era Economia e Commercio ed i confronti erano aspri e contenutistici perché si andava da Marx a Keynes passando per Schumpeter e Max Weber – erano molto accese. Acceso era anche il dibattito nelle “sezioni” dei partiti che erano i luoghi fisici delle discussioni e delle decisioni. Anzi, il dibattito in “sezione” – nelle assemblee e nei consigli direttivi – era ancora più acceso di quello esterno che si manifestava nei comizi, nelle assemblee elettive dei consigli comunali, negli interventi pubblici sui giornali locali e nazionali che senza timore e reverenza per alcuno arricchivano la società civile e la stessa stampa con opinioni documentate e colte alle quali l’altra parte doveva rispondere, e lo faceva con altrettanta convinzione.
Basta andare all’emeroteca dei fratelli Valentino per consultare le raccolte dei giornali locali degli anni ’50, ’60, ’70 del ’900 e notare che allora, in quel trentennio, c’era passione civile a livello nazionale e locale e attiva partecipazione alla vita civile delle nostre Comunità.
Sul piano locale si trasferiva la passione degli scenari nazionali. Sul piano nazionale c’erano i settimanali Il Mondo di Mario Pannunzio, L’Espresso, di Eugenio Scalfari e Panorama di Lamberto Sechi e anche forte era la stampa di partito dei comunisti con L’Unità, dei socialisti con L’Avanti! e dei democristiani con Il Popolo.
Negli anni ’70 bastò un editoriale del segretario del PSI, Francesco De Martino, per far cadere il Governo!
Nella nostra realtà locale dell’isola d’Ischia la DC era il partito di maggioranza – in alcuni casi assoluta ed in altri relativa – con sei sezioni nei sei Comuni, sei sindaci ed una ottantina di consiglieri tutti intruppati sotto lo scudo crociato.
Dalla metà degli ’60 c’era il PSI con una quarantina di consiglieri e su posizioni di alternativa alla DC e con sei sezioni, ognuna in ogni Comune, con folta e continua partecipazione di iscritti. Le discussioni non erano soltanto limitate alle questioni nazionali. Si dibatteva sulla riforma degli enti locali, sulla necessità di approvare il Piano Regolatore Generale, di attuare l’edilizia economica e popolare, di potenziare la sanità pubblica ed i trasporti, di attuare la riforma della scuola nel senso di renderla accessibile a tutti.
Io ho avuto la ventura di vivere quel tempo non solo in una facoltà universitaria ma in una sezione – quella del PSI di Casamicciola e nel Comitato di Zona che era una specie di Comitato Centrale costituito da 12 dirigenti socialisti dei 6 Comuni – e ultimo, ma non di minore importanza, in un giornale locale – Il Giornale d’Ischia – dove, con Franco Conte, dal 1972 al 1975, ho vissuto il più formativo periodo culturale della mia vita.
Oggi nell’isola d’Ischia ci sono due quotidiani, due televisioni, Facebook è utilizzato da circa 50mila persone. Ma non c’è una sezione del PD e di altri partiti. L’eurodeputato del PD, Giosy Ferrandino, non ha né aperto né chiuso la campagna elettorale. Il senatore Domenico De Siano ha lasciato Forza Italia ed il Senato. Ma nessuno si è accorto che ci stava.
Quella degli anni ’70 ed ’80 del ’900 era una democrazia difficile a tutti i livelli perché sia nel Governo Centrale che nei Governi locali di Comuni, Provincia e Regione, erano necessarie coalizioni per costituire le maggioranze e quindi le coalizioni non solo erano accordi programmatici ma erano anche rapporti personali; di conseguenza il personalismo cioè l’avversione o la simpatia/antipatia per le persone giocavano un ruolo determinante.
Una democrazia difficile anche per gli interessi di danaro pubblico in campo che spesso facevano aggio su tutto e purtroppo hanno portato alla tragedia di Tangentopoli e alla dissoluzione dei partiti storici della prima repubblica.
Da oltre 30 anni viviamo in Italia a tutti i livelli con una politica di politici senza identità ideologica marcata e così i partiti hanno nomi strani come liste civiche che in fondo sono state estese dalla periferia alla capitale.
La rivoluzione informatica e telematica ha creato la democrazia immediata.
L’abbiamo visto con il ritiro del partitino di Calenda Azione dalla coalizione con il PD di Letta, l’unico e ultimo movimento politico che chiami se stesso Partito e che timidamente aggiunge l’aggettivo democratico per una identità per noi del ’68 indistinta ma comunque l’unica ancora di attracco in questo caotico panorama che sposta – con i cambiamenti del mondo – i neofascisti e reazionari con i russi di Mosca che non sono più comunisti ma autocratici con l’ex-agente del KGB Putin al comando supremo mentre i neo-socialdemocratici ed i neo-liberali vanno con gli USA di Biden e l’Occidente. Questo caos calmo direbbe Moretti, ci vede non solo delusi ma pessimisti sul presente e sul futuro perché è in gioco il modello di democrazia politica che è indicato nella Costituzione repubblicana del 1948.
Siamo passati da una democrazia difficile ad una democrazia assurda con una incivile legge elettorale chiamata Rosatellum che non ci permette di scegliere i parlamentari ed abbiamo una legge elettorale diversa per eleggere i consiglieri regionali con un presidente di Regione che nell’indifferenza generale è chiamato Governatore come fossimo già una repubblica federale; ancora un’altra per eleggere i consiglieri comunali con l’elezione del sindaco che è di fatto un podestà, e abbiamo politici nazionali che passano da un partito all’altro come una campagna acquisti e cessioni di un mercato calcistico di serie C.
Facciamo notizia internazionale non sui programmi ma sulla paventata vittoria della “destra”. Le Monde l’altro giorno dedicava all’Italia un’intera pagina politica con un titolo in prima pagina tutto concentrato su Fratelli d’Italia e la vittoria dei post-fascisti con la “fiamma tricolore” l’unica cosa che abbiamo esportato in Francia per il Front National di Marine Le Pen.
Ma dobbiamo sperare che da questo caos si ritorni alla democrazia difficile.
L’unica possibile. L’univa vera.
Casamicciola, 18 settembre 2022