Usi e Costumi

L’angolo di Lianella/36. La censura

di Amelia Ciarnella

Premetto che personalmente sono stata, sono e sarò sempre per la libertà, mai per la censura. Né tanto meno per la dittatura che odio addirittura. Però detto questo, un po’ di equilibrio in ogni cosa ci dovrebbe sempre essere perché come si dice, la virtù sta nel giusto mezzo, sebbene sia anche difficile raggiungerla.

Tanti anni fa Mike Bongiorno, riferendosi forse a tutte quelle brutte azioni di violenza che si vedevano e si vedono tutt’ora in televisione, insieme alle infinite indecenze e oscenità ormai all’ordine del giorno e sempre in televisione, disse che un po’ di censura ci sarebbe stata bene, soprattutto perché quando capita di imbattersi in certe scene scabrose e si è in compagnia dei propri figli minori, ci si potrebbe sentire anche a disagio, poiché non tutti sono abituati a vedere certe cose con la massima disinvoltura e naturalezza come se si stesse mangiando un gelato!

Questo succedeva ovviamente quando i tempi della censura erano passati da un pezzo. Il pudore era diventato un illustre sconosciuto e nessuno più lo teneva in considerazione. I giovani sentendosi ormai liberi di fare ciò che volevano, esageravano ogni cosa facendo tutto l’opposto di prima, come succede ai bambini quando gli si proibisce di fare qualcosa e fanno peggio. Anche se non tutti sono uguali. Così cominciarono ad uscire mode strane.
Le ragazze iniziarono ad indossare abiti troppo mini e regolarmente andavano a spasso ovunque e dove preferivano. E a volte capitava di incontrare qualche folle col cervello completamente bacato, che veniva preso da improvviso raptus e senza pensare alle conseguenze, assaltava e violentava.

Ricordo che durante il ventennio fascista non ci sarebbe stato nemmeno bisogno della censura poiché la maggior parte delle donne vestiva normale. A quei tempi di mode se ne vedevano molto poche, mai abiti scollacciati, spalle nude e spacchi sulla schiena come se ne vedono oggi.
Invece arrivò il ventennio fascista e tirarono fuori anche la censura. Quando si stava in spiaggia, erano vietati i costumi a due pezzi e dovevano essere solo interi altrimenti si rischiava la multa. Così per tante altre piccole cose come ad esempio uscire fuori dalla spiaggia in costume da bagno per andare a fare colazione. Anche se il bar era a pochi metri si doveva indossare una vestaglietta sebbene i costumi fossero già molto castigati e non certo simili a quelli di oggi.
Per gli uomini era ancora peggio. Dovevano indossare sia pantaloncini che camicia anche se si allontanavano dal mare pochi passi. I vigili erano quasi sempre presenti sulle spiagge e controllavano tutto, per cui i vacanzieri erano molto attenti a non farsi multare e non assumevano mai posizioni indecorose sulla spiaggia.

Nei tempi passati non si sentiva mai parlare di spiagge di nudisti e se qualcuna esisteva, in località privatissima e recintata, forse nemmeno la polizia ne era a conoscenza, perché questo genere di cose erano tutte proibite.
C’erano poi le censure politiche che a volte venivano esagerate e rese anche più pericolose da qualche facinoroso che sapendo di non essere punito perché agiva in favore del partito al Governo e contro il nemico del momento, tirava fuori delle strane idee, delle vere cattiverie, incitando anche gli altri a diffonderle perché contro il partito avverso. Come ad esempio far bere l’olio di ricino ai comunisti nel periodo fascista. Argomento non certo trattato dalla Legge. E tante altre piccole e fastidiose cose che venivano ideate e messe in atto da alcuni scellerati solo per una questione di idee contrarie alle proprie. Questo e altro rendevano quella vita impossibile e a volte per rabbia, portavano anche a compiere degli omicidi.

Altra cosa antipatica era che quando passava qualche sfilata col gagliardetto tutti dovevano fare il saluto fascista e se qualcuno non salutava e aveva vicino un individuo politicamente “malato” di dittatura, si prendeva anche degli schiaffoni.

Mi raccontarono una volta che durante il ventennio fascista nel mio paese c’era un uomo passato alla storia come famoso comunista, poiché aveva la mania di parlare sempre bene del comunismo, anche se non partecipava mai a nessuna riunione e andava solo e soltanto in campagna.
Quest’uomo era una brava persona e di buon cuore. Spesso dava lavoro ad un uomo con una nidiata di figli che non lo chiamava mai nessuno perché non era un bravo e valido operaio, però il comunista lo faceva lavorare lo stesso. Aveva pena di quei bambini che dovevano mangiare e crescere.

Passarono alcuni anni e avvenne la vittoria del fascismo e quel padre che aveva avuto una nidiata di figli divenuti ormai grandi, invece di essere riconoscente al suo antico datore di lavoro comunista, che gli aveva dato un valido aiuto nel periodo che ne aveva più bisogno, si diede a girare per il paese insieme ad un altro scellerato come lui, bussando alle porte di quei pochi comunisti che c’erano, per fargli bere l’olio di ricino e punirli di essere comunisti.
Ed ebbe perfino il coraggio ingrato di bussare alla porta del suo antico datore di lavoro! Ma quando la porta si aprì, il comunista che già era stato informato di tutto, saltò addosso allo scellerato e scervellato operaio e con forza lo costrinse a bere lui, tutto l’olio di ricino che aveva portato, mentre l’amico scappò via a gambe levate.
Così finì nel mio paese l’avventura dell’olio di ricino e ogni volta che lo ricordavano finiva sempre a grandi risate.

Clicca per commentare

È necessario effettuare il Login per commentare: Login

Leave a Reply

To Top