Viaggi

Santiago e San Giacomo, due in uno (1)

di Annalisa Gaudenzi

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Un camino espiritual che Annalisa Gaudenzi  ha il piacere di partecipare ai lettori di Ponzaracconta. Le foto sono dell’Autrice (tranne la mappa) e non hanno didascalia per sua scelta. Sono disposte random come sono arrivate. Cliccarci sopra per ingrandirle. In due puntate. Buon cammino a tutti voi/noi.
La Redazione

Rincorrevo il Pellegrinaggio a Santiago di Compostela da anni.
Quindici prima, infatti, una mia conoscente era partita. Una laica anticlericale, goduriosa senza pentimenti. Identica era tornata, ma felice.
Tre anni fa invece mio fratello. Un viaggio immaginato anche per saldare alcuni disagi, ma io all’ultimo fui costretta a rinunciare.
E finalmente il 2022!

Tutto pronto per partire, i primi di luglio, tanta pianificazione (allenamenti in palestra e trekking intorno Roma, per mesi e mesi) coi colleghi che per il compleanno mi avevano ricoperto di attrezzature super tecniche, e invece… il Covid! Un maledetto Covid caratterizzato – unicamente – da straordinaria, odiosa spossatezza.
Non so quante volte mi sono ripetuta: si vede che è meglio così, chissà cosa poteva capitarti, non puoi farci nulla, ce l’hai messa tutta, lascia stare, anche quest’anno niente.
E invece no! No!
Ed è stato un no potente e ineluttabile, invincibile: dovevo partire!

Stravolgendo ogni altro progetto estivo, chiedendo consiglio anche a un fidatissimo (bravissimo) amico, con ben 9 precedenti sulle spalle, mi sono industriata su internet e infine mi sono aggregata ad un gruppo, aperto, proprio sotto Ferragosto (la negazione del viaggio intelligente, ma… non avevo alternative). Sarei quindi andata sola, ma non troppo.
Meta: il Cammino Portoghese.

Sono i giorni che determinano, forse più della volontà, quanti chilometri si possono fare. Avevo una manciata di tempo e ne ho collezionati quasi duecento. Pochi a sentire gli integralisti, tanti a detta dei miei parenti e amici. Per me giusti. Giusti per farmi capire che è solo l’inizio!
Ma andiamo per ordine.

I Cammini di Santiago sono vari e ognuno registra anche le sue varianti. Il principale è il Francese ossia il più noto e frequentato. Quello che ho vissuto io, invece, ha il pregio di fare capolino sul mare (l’Oceano!) e poi farti rituffare dentro colline coltivate a mais o vigneti coi tralicci in granito, e pure montagne, ricoperte di conifere, qualche faggio e alloro, navigati da venti modesti. Ciò significa che l’agosto si dovrebbe prospettare un filo più fresco, ombreggiato, arieggiato. Invece, questo 2022 si è purtroppo distinto per temperature record, anche da queste parti (perché no, d’altronde?), e numerosi incendi, depauperanti. Insomma, misticismo a parte: sono davvero crepata di caldo!

Non entro nel merito delle tappe. Esistono guide, libri, agenzie, siti e di tutto di più, molto più precisi e validi della mia memoria. E quindi volutamente non scriverò il nome dei luoghi che cito, perché la magia possa avvenire in voi, senza alcun condizionamento.
Proverò a trasmettere, piuttosto, qualche mia sensazione.

Innanzitutto ho avuto l’enorme fortuna di condividere molte esperienze con quattro ragazze fantastiche, mai viste prima, con le quali si è stabilita un’intesa imprevista, che ci ha permesso di passare ore e ore a chiacchierare e molte a ridere e altre ognuna dentro la propria intimità, nei propri pensieri, nelle proprie ferite esistenziali, senza mai darsi fastidio. E questo per me è già un miracolo, abituati come siamo al pienone delle nostre giornate caotiche, metropolitane, al pieno/vuoto delle nostre realtà consumistiche.

Non nego che, mentre ti arrampichi per dislivelli pure di 800 metri, sotto un cielo arso e feroce, ti domandi: Ma perché lo sto facendo? Eppure un istante dopo ribadirti: Fai che non finisca mai!
Sì, c’è la questione della resistenza, della fatica e dei dolori.
A me le vesciche non hanno tormentato i piedi (è la lagnanza più comune, oggetto di scuole di pensiero e di fili ed aghi, per combatterle), forse perché ho adottato il sistema del cambio, cioè giostravo due paia di scarpe (una aperta, una chiusa) e non consentivo al mio scheletro e giunture annesse di affezionarsi troppo all’idea di quel disagio specifico. Lo spiazzavo, sviavo, insomma, gettavo nella confusione ogni genere di intento di boicottare il mio cammino. E devo dire che il mio corpo ha reagito bene. Ne sono… fiera, sì, lo posso ammettere!

Anche se la sera ero totalmente sfinita! Totalmente. E non c’erano passeggiate dopo cena o concertini o eventi locali. No. Mi buttavo sul letto, dopo averci fatto pace solo grazie ad una doccia, prima fredda e poi calda, e ninna. Sì, una tendinite infame mi ha tartassata i primi giorni, ma l’ho domata da far rivoltare ogni omeopata del pianeta: ho continuato a camminarci sopra. E soprattutto ci ho piazzato cubetti di ghiaccio, sfilati dalle limonate che ordinavo ai baretti per strada.

Allora, sì, il bere e il mangiare. Che dire? Siamo italiani, io con la variante “peggiorativa” d’essere vegetariana, quindi qualche pasto l’ho in effetti trangugiato, qualcuno altro di traverso per l’esosità, però ciò non ha condizionato minimamente l’atmosfera del mio peregrinare.

Mi ha colpito invece la gentilezza degli osti (mi viene da definirli così… reminiscenze medievali ne ho avute parecchie in quei giorni…), la loro pazienza, pure, di fronte a nugoli di pellegrini et similia, che a ondate invadevano i tavolini, per poi sparire come la mareggiata, lasciando gli aseos in condizioni ecce homo e i ritardatari basiti e contrariati, ad accontentarsi delle briciole.

Meglio, di molto, l’incontro con i Monasteri. Ce ne sono diversi e splendidi, lungo il percorso, quasi tutti agibili e tirati a lucido per questa presenza agostiana, numericamente imponente rispetto ai mesi brulli e scansati, come gli autunnali o invernali. Vanno visitati, sì, per il semplice motivo che sono la ratio per cui si sta facendo il Pellegrinaggio. C’è poco da fare: checché lo stesso buon Dio dichiari: “Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” -, non c’è nulla (a mio modesto parere) così predisponente alla preghiera come una Chiesa, una chiesa vera e propria, “in carne e ossa”, in mura e altari.

La preghiera è bella, poi, perché è libera, spontanea. Io ad esempio mi sono ritrovata a parlare con me stessa, poi con una certa santa Cleofe – o all’incirca -, mai sentita prima, e con una decina di suorine (meravigliose, tutte spaiate, una alta, una bassa, una bianca, una gialla, una vecchia, una giovane, sì dico tutto politically uncorrect, correggetemi voi, per favore, voglio intendere però: tutte parimenti magnifiche), che cantavano abitualmente alle 19 una Messa, in spagnolo, per i Peregrinos e poi i saluti per rincuorarci, rinsaldarci, in tutte le lingue che sapevano (una decina).
Pure in coreano! Sì, ho scoperto che i coreani sono copiosissimi, per il semplice motivo che è un’esperienza molto considerata nel loro paese, al punto che l’averla compiuta è motivo di particolare orgoglio, va messo nel curriculum e fa fare carriera! Me l’ha spiegato una coppia di neo-sposini, parlando sia io che i due un esperanto improbabilissimo, ma delizioso. Ci hanno tenuto comunque a sottolineare che loro invece erano lì innanzitutto per riflettere sul principio dell’accoglienza.

Ecco l’accoglienza. Forse una prova mi era stata pure prospettata, là, sul campo, ma non sono riuscita a coglierla e tuttora me ne dolgo: non ho potuto portare con me un gatto, credo una gatta, evidentemente randagia. Avevamo appena terminato una tratta, immersa in campi di grano, affiancate da un torrente, ed ecco sbucare l’ennesimo paesetto. In genere addormentati o al limite occupati a sistemare attività agricole, gli abitanti si distinguevano dall’essere abbigliati normalmente e soprattutto dal non indossare uno zaino. Tuttavia i più col sorriso ti augurano: Buen Camino! Altrimenti ti fanno un cenno con la mano.

Insomma, tornando alla micetta, l’animella era magrolina, ma per fortuna furbetta. Si era infatti piazzata prima di un ponticello, punto in cui quasi tutti si assestavano le masserizie per prepararsi ad oltrepassarlo. Noi l’abbiamo rifocillata con ogni possibile cibo a nostra disposizione e io ho provato pure a prenderla in braccio, ma – più lungimirante di me – lei con un tuffo nei cespugli si è dileguata.
– Buen camino – gattina rosa, trova presto una buona casa!


Mappa del cammino di Santiago: dal web, “Il cammino per Santiago” (Terre di Mezzo Editore)
Tutte le foto di Annalisa Gaudenzi.

[Santiago e San Giacomo, due in uno (1) – Continua]

Appendice (a cura della Redazione)m
Ci siamo chiesto il significato della scritta fotografata in copertina:
Onde vai aquil peregrino, meu peregrino onde irá camino de Compostela eu sei que alí chegará…
BO CAMINO E UN DESEXO. CONCELLO DE TUI

Grazie alle dritte di Lorenza e di Annalisa e un po’ di orecchio per le lingue, abbiamo la soluzione.
La lingua non è né spagnolo  né portoghese, bensì galiziano (galego). Tui è la cittadina dove la scritta è stata fotografata.
Dove andrà quel pellegrino, il mio pellegrino dove andrà?
Cammino di Compostela, so che arriverà lì…
Buon camino e un desiderio.
Municipalità di Tui

E queste sono le notizie inerenti (da una ricerchina su Wikipedia):
Il galiziano (anche chiamato galego, dal nome nativo galego) è una lingua romanza proveniente dal latino e dall’antico gallaico-portoghese, nata nella parte ovest della provincia romana della Gallaecia, che comprendeva il territorio della Galizia attuale, il nord del Portogallo e territori limitrofi ad est. L’altra lingua che nasce in questo territorio è la lingua leonese, molto vicina al galiziano.

Distribuzione geografica della lingua gallega (in blu) e del portoghese (in verde)

Tui (fino al 1984 e in spagnolo Tuy) è un comune spagnolo di 16.042 abitanti situato nella comunità autonoma della Galizia. Sorge sulla riva destra del fiume Miño, proprio sul confine con il Portogallo di fronte alla città portoghese di Valença do Minho. Con Vigo è sede vescovile.
È situata lungo il Cammino Portoghese, percorso che da Lisbona porta a Santiago di Compostela.

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