di Gianni Sarro
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seguito ideale del precedente articolo, dedicato, di una settimana fa circa (leggi qui)
Sin dai primi passi mossi all’interno dell’esposizione dedicata a Vittorio Gassman allestita negli ampi spazi dell’Auditorium di Roma (vi rimarrà fino al 29 giugno, se volete vederla affrettatevi) si ha l’impressione di essere non in un museo dove si celebra la memoria di un grande artista, bensì dietro le quinte di un palcoscenico o di un set cinematografico e che il grande Vittorio sia nei pressi. Vivo, pimpante, energico. Lo ha ben spiegato il figlio Alessandro (curatore della mostra insieme a Diletta D’Andrea e Alessandro Nicosia): “Una mostra come mio padre immagino avrebbe voluto, non funerea ma viva e piena di energia, perché lui era un uomo così, nel bene e nel male pieno di un’energia fuori dal comune”.
La narrazione del Mattatore è divisa in quattro sezioni, in ordine espositivo: il teatro, il cinema, la televisione, la poesia e la scrittura.
Il percorso è inaugurato da alcune foto di un giovane Gassman che accoglie i visitatori (numerosi nonostante sia un sabato pomeriggio afoso di giugno) e dai primi cimeli come il certificato di nascita di Gassman o il registro di classe del Liceo Tasso. Tra le prime foto spiccano quelle di Vittorio mentre gioca a basket. Proprio questa sua spiccata fisicità ed aitanza (mai del tutto scomparsa) lo aiuta non poco agli esordi in palcoscenico.
Nella sezione dedicata al teatro ci sono i costumi indossati da Gassman nei suoi memorabili trionfi: da quello di Amleto a quello di Otello.
Su Epoca. Gassman e la Ferrero (Otello e Desdemona)
La parte, per me, più emozionante è stata quella dedicata alla carriera cinematografica, 130 film di cui i migliori sono quelli girati con Monicelli, Risi e Scola.
Angolo delle meraviglie lo spazio dedicato a Il sorpasso, con la mitica Lancia Aurelia protagonista al pari di Vittorio: irrompono sullo schermo insieme all’inizio del film e proseguono inseparabili fino all’ultima scena.
La ‘mitica’ Lancia Aurelia, ancora funzionante, con tanto di targa, concessa da un collezionista
E poi, qualche metro più in là, il costume di Brancaleone: il personaggio che ha donato a Gassman un’inopinata popolarità tra i bambini, come rivela lo stesso Mattatore in uno dei tanti materiali di repertorio (in questo caso un’intervista a Gianni Minà della metà degli anni novanta) trasmessi dai monitor disseminati in tutto lo spazio espositivo.
Questa è l’altra grande scelta vincente della mostra: tenere in primo piano lo strumento per eccellenza del grande Vittorio: la voce. Battute e dialoghi dei film, lezioni (Gassman fondò e diresse La bottega teatrale, una scuola di recitazione fondata a Firenze nel 1979), interviste e un bellissimo documentario Sono Gassman. Vittorio il re della commedia: innumerevoli testimonianze in viva voce che contribuiscono a farci immaginare che da un momento all’altro voltiamo l’angolo e ce lo troviamo di fronte. In fondo l’arte e chi l’interpreta non sono forse immortali?
Due manifesti fotografati alla Mostra
Una mostra unica, interessante (forse manca qualche oggetto/memoria in più del privato, come i mitici fogliettini dove Gassman appuntava meticolosamente tutte le cose da fare. Lo ha raccontato lui stesso in più di un’occasione), fatta come ha detto Alessandro Gassmann: “Per chi ha amato mio padre e per chi non lo conosce. Un bellissimo omaggio. Spero che sia una scoperta per le nuove generazioni”.
L’intervista a Alessandro Gassmann. Sul Trovaroma del 7-13 aprile 2022. Di Silvia Fumarola
L’autore di questo articolo, alla Mostra (foto selezionata dalla Redazione)
Nota della Redazione
Foto della Mostra, di Barbara Lonardo

Sandro Russo
15 Giugno 2022 at 21:56
Qualche lettore più attento potrebbe aver notato nel pezzo di Gianni Sarro una incongruenza tra il nome di Vittorio Gassman e quello del figlio Alessandro (Gassmann, con due ‘n’ finali).
Ho chiesto una spiegazione a Gianni, che così mi ha risposto:
Allora… Il papà di Vittorio era tedesco. Dopo la fine della grande guerra, s’iscrive a ingegneria. Laureatosi decide di prendere moglie. Convinto che le donne italiane siano le più belle, insieme ad un amico, s’incammina (nel vero senso della parola) dalla Germania verso il Belpaese. Giunto in Italia conosce la futura moglie nonché mamma di Vittorio.
Sulla questione del cognome ha spiegato tutto Alessandro: “Il padre di mio padre, mio nonno, era un ebreo ashkenazita: Gassmann con due ‘n’”. La nonna, ebrea italiana, si chiamava Ambroon ma durante il ventennio fascista, temendo di essere perseguitata, cambiò il cognome in Ambrosi. “Sui documenti miei e di mio padre – continua l’attore – Gassmann ha sempre avuto due ‘n’, anche se lui nelle locandine, dopo la guerra, ne tolse una per semplificarlo. Io invece l’ho ripristinata, in segno del ricordo degli Ambroon e di tutti coloro che hanno dovuto cambiare il cognome per paura di perdere la vita e la libertà”
Maria Silvia Pérsico
17 Giugno 2022 at 16:23
Un grande, Vittorio! Mi piacerebbe molto viaggiare per vedere la Mostra. Mi sembra molto bella e “piena di energia”, come dice il suo figlio Alessandro. Vittorio è venuto in Argentina alcune volte.
A me piace molto godere la sua voce, la sua energia attraverso i video in YouTube.
Saluti
Risponde Gianni Sarro
Gentile Maria Silvia,
gli organizzatori della mostra hanno in programma di portarla anche in Argentina, nei prossimi mesi. Come sottolinei giustamente, Gassman aveva un grande legame con l’Argentina.
Cari saluti