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La scorsa settimana Paolo Iannuccelli, nostro fedele collaboratore, appassionato conoscitore e frequentatore di Ponza, cui ha dedicato più di un libro, ci ha inviato due brevi racconti, “Immacolata“ e “Una capra in Procura“ tratti dal suo testo del 2005 “Racconti di Ponza”. Abbiamo deciso così di comune accordo di mandare avanti tali pubblicazioni in maniera organica una volta alla settimana, dando loro come titolo “Ponza, raccontata da Paolo”, insomma una nuova rubrica, certi di incontrare il consenso dei nostri lettori, che mostrano sempre di gradire le vicende ponzesi, tanto più se appartenenti al passato.
In alcuni casi, come ci ha chiesto espressamente Paolo, potrà accadere che quei racconti vengano “aggiornati” dall’autore stesso con piccoli ritocchi, in esclusiva per Ponzaracconta.
Sapremo dagli accessi come l’operazione sarà accolta da chi ci legge.
Buona lettura a tutti.
La redazione
L’impiegato postale Salvatore al passo con i tempi
di Paolo Iannuccelli
Gli albori del turismo a Ponza sono da ricordare.
Un episodio riguarda la Pro Loco che, durante l’estate del 1950, ricevette un telegramma che annunciava l’arrivo per il giorno successivo di 70 turisti. Non esistevano grandi strutture ricettive, ma il presidente della Pro Loco non si scoraggiò, trovando numerosi posti letto grazie a famiglie che offrivano pensione completa. I villeggianti furono sistemati bene, rimasero impressionati dalle bellezze del posto e dalla gentilezza degli abitanti.
Durante la bella stagione arrivarono altri vacanzieri: il passaparola era cominciato.
Le autorità locali, per incrementare il turismo, erano molto tolleranti riguardo l’abbigliamento femminile che in quel periodo poteva essere oggetto di scandalo. Corso Pisacane era attraversato da ragazze bellissime, con abiti che facevano impazzire un po’ tutti i residenti.
Un giorno, una splendida fanciulla – formosa e degna di ogni attenzione – si presentò all’ufficio postale, rallegrando con la sua presenza lo staff degli increduli impiegati. Posò il suo seno scoperto sul piano dello sportello dove si adagiavano i pacchi postali prima di essere spediti. Il fattorino Salvatore sgranò gli occhi e disse alla ragazza: “Signuri’, chesta grazia ‘e Dio la dobbiamo spedire?“.
In quel periodo quando era in vista un matrimonio in tanti si recavano alla posta per far pervenire messaggi augurali, talvolta aiutati dall’impiegato di turno. Uno di questi si rivolse a Salvatore che con rapidità scrisse dopo l’indirizzo: “Oggi profumo di fiori, stanotte rumore di strilli”. Il telegramma con quel testo fu rifiutato e corretto adeguatamente vista la circostanza.
Un’altra comunicazione recitava “Felicità duradura“. Quando l’uomo fu ripreso dal direttore, si scusò dicendo: “La mia era una velata allusione augurale”.