di Tano Pirrone
«Pasolini, avrebbe oggi cento anni;
una vita, molte vite intere,
Pasolini che mostra tuttavia
ancora adesso la realtà e il peso
della sua assenza [1]»
Avremmo voluto iniziare la dovuta commemorazione di Pier Paolo Pasolini nel centenario della nascita partendo proprio dal 5 marzo, giorno in cui venne al mondo da Susanna Colussi, maestra di Casarsa e da Carlo Alberto, ufficiale di fanteria bolognese. Non è stato possibile. Suppliremo, allora, con più articoli, a partire dal racconto di un pomeriggio trascorso nell’ospitale Biblioteca Europea di via Savoia, resa tale da una gestione sensibile, accurata, appassionata.
– Mi scusi, avvocato, posso chiederle alcune cose sulla morte di Pasolini? – dico all’avvocato Marazzita [2], che si porta a fatica dietro tutti gli anni che ha, ma i cui ricordi sono nitidi, chiari ed ha un sorriso smagliante, aperto, amichevole. – Se ho capito bene, Lei è convinto che il massacro, quella violenza disumana che disintegrò il corpo di Pasolini, non sia responsabilità del mondo della politica, dell’alta finanza.
Uso im/propriamente la parola massacro, che di solito si riferisce all’uccisione efferata di più persone o di numerosi animali, perché la visione di quel corpo distrutto, ridotto a poltiglia, è già per se stessa un prova di cosa fu l’omicidio Pasolini, e si prova vergogna per le complicità, il buio, le falsità che da quasi cinquant’anni coprono questa tragedia.
– Lei non pensa – continuo mentre Marazzita mi ascolta paziente e sorridente – che la catena: De Mauro, Mattei, Verzotto, delinquenza catanese, Mattei, Pasolini, possa essere vera? Eppure ci sono indizi che portano a questa ipotesi. Non ultima la pagina del libro presentato stasera dall’autore: l’omicidio in concorso con ignoti, che la magistratura ha tanto avversato e che alcune testimonianze di quelli che c’erano sembra suffragare: c’era una macchina targata Catania e “tre persone dall’accento meridionale, intanto che picchiavano a morte lo scrittore, gli avrebbero gridato ‘arrusu’ o ‘jarrusu’ [3], ‘sporco comunista’, ‘fitusu’… la forma e la calata potrebbero essere quelle dell’area di Catania, da dove partì il Morane-Saulnier MS-760 Paris I-SNAP per bruciare l’avventura di Mattei nei cieli turbolenti di Bescapè…
Parlo in fretta perché la riunione e finita, siamo fuori orario, e fra poco la Biblioteca chiude, ma l’argomento è di quelli che ci staresti le giornate a parlare e parlare… Marazzita ha occhi chiari luminosissimi di calabrese di mare…
«No, amico mio, non credo proprio; credo, piuttosto, che la pista giusta sia stata quella di Johnny lo Zingaro [4]».
Ho rinunciato da tempo, ormai, a capire qualcosa dei misteri italiani, troppo infidi e ingarbugliati. E quello della morte di Pasolini è mistero italiano fino in fondo.
Siamo nell’aula della Biblioteca Europea, che fa parte della rete delle Biblioteche del Comune di Roma ed è ospitata dal complesso del Goehte-Institut [5], nella bellissima via Savoia poco prima che confluisca in via Salaria. Nell’ambito del ciclo di presentazioni di libri e scrittori, in cui la Biblioteca Europea si sta distinguendo in modo positivo, questa sera è stato il turno di Fulvio Abbate [6] e della sua ultima fatica “Quando c’era Pasolini”; ad affiancarlo, appunto, l’avvocato Nino Marazzita e il professore Giulio Ferroni [7], che incontro spesso nelle presentazioni di libri e autori interessanti.
L’unico ad arrivare in orario è Abbate; gli tocca intrattenere fin quando non arrivano le due ali: prima Ferroni e poi Marazzita. Le sedie approntate sono tutte occupate, come in ogni precedente presentazione.
Abbate con a fianco Ferroni e Marazzita (a dx nella foto)
Il libro è poderoso, 370 pagine e consiste nell’assemblaggio e nell’aggiornamento di sue opere precedenti sull’argomento: Oggi è un secolo, 1992, C’era una volta Pier Paolo Pasolini, 2005. Un altro libro su Pasolini, ha ancora scritto Abbate: Pier Paolo Pasolini raccontato ai ragazzi, uscito poco tempo fa, «concepito affinché coloro che sono venuti dopo potessero intuire la vitalità, la grandezza dello scandalo che animava gli anni Settanta, i più incandescenti, l’avventura terminale pasoliniana».
Abbate è un raccontatore di luoghi e di persone straordinario: gira per Roma, guarda, parla, raccoglie, assembla, ricava storie concluse e significati. Lo leggo da tanto tempo ed ho sempre apprezzato questa qualità: tutto riesce a portare ad unità, a prove testimoniali incontrovertibili di quanto “deve” dimostrare. Il racconto a volte gira, gira, ma sempre va in buca. Con risultati sempre efficacissimi. Alcune parti, come quelle su Laura Betti, la “moglie” di Pier Paolo, o le pagine su Ninetto Davoli sono esempi di scrittura esemplari; ed ancora i racconti su Franco Franchi, la maschera comica palermitana, che Abbate, sa esaltare e portare al livello che le spetta. Nella ricostruzione del tempo non sono solo questi i personaggi che abitano le pagine del libro: parte importante ha Mario Schifano, la sua opera, il mondo in cui viveva, e il suo modo: considerare bui quegli anni Settanta è come considerare buio il nostro Medioevo!
Abbate sa essere molto duro con gli epigoni della sinistra parlamentare odierna e con alcuni dei suoi capi fondatori; del Pd dice, a pag. 277: «Le figurine spente del Partito democratico. Modeste figure di presepe politico e opportunistico, mezze figure senza fantasia, senza estro». Io che nel PD – «musica leggera per i ceti medi» – sono stato sin dalla sua nascita e me ne son fuggito nello spazio di un mattino proprio qualche settimana fa, non sopportando la vista ridicola di Letta con l’elmetto; segretario in carica del partito che vedeva allontanarsi il posto accattivante e anelato di segretario della Nato a causa della guerra esplosaci fa le gambe, perdendo di brutto l’occasione della sua vita. Stessa distanza guadagna da Veltroni, Fulvio Abbate, e motiva, radicalmente, la piccola, flebile linea politica mini-borghese.
Non sempre l’amalgama fra parti preesistenti e nuova scrittura è perfettamente scorrevole, gli innesti a volta sono come i rattoppi nell’asfalto delle strade romane; cambia marcia, lessico; poi, man mano, ci si convince che non poteva essere altrimenti, che la sovrapposizione di strati non poteva e non doveva essere forzatamente unitaria. La chiave del libro sta tutta nel titolo, il luogo della verità e dell’impegno assunto: non è (solo) un libro su Pasolini, ma un viaggio nei suoi scritti, nella sua memoria e nelle verifiche fatte per riannodare le fila. Il plus, come detto, è la capacità testarda dell’autore/esploratore, testardo e dalla memoria feroce, raccoglitore maniacale di personaggi, cose, case, lapidi, osterie… e metterle insieme, perfettamente assemblate in sequenza di racconto credibile. E se può, amando le coup de theatre, stupisce, infatti chiama al tavolo una bella signora seduta esattamente davanti a me e la presenta agli astanti: è Rossana Di Rocco, il volto dell’angelo di guerra de Il Vangelo secondo Matteo e poi figlia di Stracci poveraccio ne La ricotta, l’angelo asessuato di Ponte Fratta è ora davanti a noi, bellissima con occhi stellari, veri buchi per mondi perduti e lontani. Rende il suo ricordo e sparisce, come fanno solo gli angeli, quelli di Pasolini, poi…
Rossana Di Rocco tra Ferroni e Abbate
Il pomeriggio di giovedì 7 fu troppo corto, per la verità, un po’ per i ritardi iniziali (in parte recuperati alla fine), ma per l’argomento trattato: come scrive Abbate a pagina 27: «Il giorno dell’assassinio di Pier Paolo Pasolini, sia detto senza enfasi, in molti hanno intuito d’assistere all’inizio, esatto, uno spartiacque nella storia del Paese, quasi come l’assassinio del presidente John Fitzgerald Kennedy all’angolo fra Houston Street ed Helm Street, a Dallas, per gli americani».
Io in Sicilia, ebbi vivissima questa sensazione all’arrivo della ferale notizia, che avrebbe portato alla fine di quel processo di sconvolgimento culturale, politico, esistenziale che PPP stava rappresentando per me per tanti della mia generazione alla ricerca di sé stessi e delle proprie ragioni.
Il 17 maggio in Biblioteca, alle ore 17,00 ci sarà la presentazione della nuova edizione del romanzo Petrolio, organizzata dalla Biblioteca Europea e da Roma Culture. Emanuele Trevi racconta l’opera incompiuta di Pasolini.
Fiorella Virgili, Responsabile della Biblioteca Europea
Note
[1] – Blurb del volume recensito: Fulvio Abbate – Quando c’era Pasolini – Baldini+Castoldi, 2022
[2] – Nino Marazzita (Palmi, 1938) è un avvocato e giornalista italiano. è stato avvocato di parte civile nel processo per l’omicidio di Pier Paolo Pasolini e il legale di Eleonora Moro nel processo sull’omicidio di Aldo Moro.
[3] – Il termine identifica un uomo omosessuale passivo e deriva dall’arabo àrus (fidanzata). Il termine è in uso nella dizione (‘arrusu’ e ‘garrusu’ nella Sicilia occidentale, mentre nell’area sudorientale, Catania e Siracusa) oltre ad termini, come ‘puppo’, è in uso la versione ‘jarrusu’.
[4] – Giuseppe Andrea Mastini, conosciuto alle cronache giornalistiche con il nome di Johnny lo Zingaro o il “Biondino” (Ponte San Pietro, 1960), è un criminale italiano. Già conosciuto alle forze dell’ordine per alcuni furti, rapine e un omicidio, fu condannato all’ergastolo nel 1989 in seguito a una serie di sparatorie e sequestri di persona effettuati a Roma. È stato inoltre indicato, seppure senza comprovati riscontri, come possibile complice dell’omicidio dello scrittore Pier Paolo Pasolini per via di un’amicizia con Giuseppe Pelosi – unico condannato per la morte del poeta – e con i due fratelli Borsellino, militanti neofascisti ed amici di Pelosi, che anni dopo lo accuseranno di aver partecipato al massacro (episodio del quale gli stessi ragazzi si erano vantati alcuni mesi dopo i fatti dell’Idroscalo) avvenuto ad Ostia la notte tra l’1 e il 2 novembre 1975.
[5] – Il Goethe-Institut è composto da tre edifici. L’edificio B è il più vecchio ed è una struttura in muratura di cinque piani eretta nel 1900 e realizzata principalmente in tufo naturale e malta di calce. I soffitti sono a capsula, i soffitti dei piani più alti sono in travi di legno, l’armatura del tetto è in legno. Gli edifici A e C sono un’estensione dell’edificio scolastico esistente. Questa estensione risale al 1964 e sono stati costruiti come struttura in cemento armato secondo il modello di Nervis in base al progetto del costruttore italiano Enzo Giannini nello stile del tardo razionalismo italiano. La struttura “Edificio A” era utilizzato in occasione di manifestazioni e delle attività sportive della scuola poi, attorno al 1987, la palestra è stata trasformata in biblioteca.
[6] – Fulvio Abbate (Palermo, 1956) vive a Roma. Ha pubblicato numerosi romanzi e saggi. Il suo canale YouTube è Teledurruti.
[7] – Giulio Ferroni (Roma, 1943) è un critico letterario, storico della letteratura, saggista e accademico italiano. Dal 1982 al 2012 è stato professore ordinario di letteratura italiana presso l’Università “La Sapienza” di Roma; in precedenza, dal 1975, aveva insegnato presso l’Università della Calabria. Ha scritto numerosi saggi di letteratura: su Machiavelli, sull’Aretino, sul Novecento e su molti scrittori contemporanei.