–
C’è un ospite non invitato, invisibile ai più se non ai più attenti (o più timorosi), a chi sospetta e legge fra le righe, fra gli interstizi di un’overdose di informazione, replicata all’infinito, una variante per ognuno degli improvvisati e autoproclamati autori.
C’è un convitato di pietra [1], che pensavamo fosse andato via, alla chetichella, all’arrivo di nuovi ospiti imprudentemente non attesi, deluso per essere passato dal centro del cerchio di luce alla mezz’ombra e poi all’ombra in poche ore, in pochissimi giorni.
Il convitato ha un nome, scolpito ormai nei nostri tabernacoli cervicali, nei cuori che silenti pompano e pompano, nei corpi invecchiati da un imprevisto oscuro nemico, invisibile orda d’incerta ascendenza e di oscura provenienza.
Parlo del “Sars-CoV-2”, per gli amici “Covid-19”. La cui partita non è per nulla finita, sospesa, rallentata, per il sopraggiungere degli eventi bellici in Europa: il numero dei morti per abitanti è ancora molto alto (150), più di quelli (morti civili) dell’ultima guerra mondiale (100) e dato paragonabile a quelli che provengono dalla guerra in corso (fra i 38, fonte Onu e i 164, fonte governo ucraino).
La storia continua, con nuove varianti, confuse informazioni, e contraddittori provvedimenti.
L’osservazione onesta dei comportamenti porta a una preoccupante considerazione: un ritorno al peggio non appena l’estate avrà lasciato la scena, portandosi via fugaci ristori e mendaci speranze.
Basta vedere cosa succede in Cina: continua l’attacco virale, crescono i provvedimenti di chiusura, s’inveleniscono le reazioni.
In Italia siamo famosi per le grandi e generose esplosioni di entusiasmate partecipazioni e ad altrettanto sonori sgonfiamenti, con risultati costantemente mediocri.
Luoghi come Ponza, che subiranno rigonfiamenti abnormi del numero dei residenti con turisti provenienti da ogni luogo e con un comprensibile (?) allentamento dei freni inibitori, dovrebbero salvaguardarsi con il rispetto rigoroso delle norme in vigore, con una campagna di sensibilizzazione e con continui costanti controlli: non basta essere belle e ospitali, oggi serve essere anche rassicuranti e affidabili.
La redazione riporta l’entusiastico articolo de Il Messaggero che annuncia che Le isole Pontine entrano nel Pnrr con l’intervista al sindaco di Ponza uscente che non dovrebbe tranquillizzare del tutto le popolazioni interessate, perché vuol dire poco salire su un treno all’ultimo secondo, mentre è già in movimento, se non si ha il biglietto e non si conosce bene neanche la destinazione. L’entusiasmo scema e “scemano” anche le opportunità e le speranze.
Sulla stessa tematica, rispetto all’articolo precedente, tutt’altra modalità di comunicazione in Il buon esempio del Comune di Latina, il quale ha convocato assemblee di cittadini per confronti sull’iniziativa millenaristica del PNRR.
Gli interessi locali hanno la quantità di visite più alta, giustamente: Riflessioni di un nuovo modo di amministrare l’isola di Vincenzo Ambrosino è un accalorato appello – venato al contempo dal timore di essere voce che parla nel deserto – a cogliere l’opportunità democratica indifferibile delle prossime elezioni comunali per cambiare il destino dell’isola; poche sostanziali modifiche nella visione dell’isola futura per assicurarne la sopravvivenza non solo economica, ma anche sociale e culturale.
In vario modo si rapportano all’ambito locale le notizie su Ventotene capitale storica dei valori europei e sull’arcipelago Ponziano La giornata del mare e della cultura marinara…, in un certo senso anche quelle sulla “febbre” crescente del nostro mare Progetto Medfever, in cui si continua giustamente a insistere su un fenomeno gravissimo, accentuato dai comportamenti umani.
L’ambiente, dal punto di vista delle iniziative gastronomiche tipiche, si va valere per l’offerta di tre stelle gastronomiche (Cena a otto mani…).
Passato che non passa e tradizioni sempre affioranti nella memoria si trovano nel sofferto racconto di Francesco De Luca Un insegnante tocca con mano il futuro, in cui con pochi tratti è delineata la funzione primaria richiesta a un insegnante: non far danni! Così nella lettura che Giuseppe Mazzella propone ne I ponzesi visti da Enzo Bacino; e nella richiesta che nella Posta dei lettori fa Antonio Corti d’informazioni su un rito di liberazione degli uccelli in chiesa: l’argomento ha fatto ridere alcuni e suscitato contrarietà verso pratiche violente contro gli animali.
Ma quello che tutto contiene – i rimpianti, le nostalgie, i dolori per le profanazioni, gli sventramenti umilianti inutili selvaggi – è l’articolo che ha in sé la decantazione dell’odio per i torti, le offese subite, le vergognose ingiurie, ma non ancora il distacco per deporre in tutta coscienza il ricordo al calor bianco e la passione, il dolore e l’affetto per il proprio paese violato: è Parigi-Dubai A/R (Andata e ritorno) di Luigi Dies, che con lingua sorella, aspra e assetata, rotonda e gutturale in uno, in quadri con cornici di frasche odorose, ritrae l’acre perduto sogno di un paese che avrebbe potuto essere oggi se stesso ed è invece un non-luogo, un posto uguale a milioni di altri, fotocopie anonime l’uno dell’altro, spaesate dimenticabili repliche.
La maggior parte degli articoli pubblicati e dei commenti (che sono un piccolo luogo in cui spesso si nascondo le opinioni che non vogliono o possono trovare posto in un articolo) pur dedicati alla cultura, al loro interno, poi, fanno riferimento ai grandi problemi politici nazionali o internazionali, prima di tutto la guerra che infiamma il centro dell’Europa, la politica e le coscienze.
Si parte da lontano con Mussolini, che trova sempre spazio per sgomitare e un balcone da cui recitare le sue pantomime: Mussolini a Ponza e a teatro con Popolizio in M il figlio del secolo, ottimamente recensito da Patrizia Maccotta, che giustamente sottolinea le prestazioni del duce-duplo; grandissimi attori, Ragno e Popolizio rendono al meglio il complesso scritto di Antonio Scurati.
Per il grande schermo, Tano Pirrone con Lucky Luciano e Adele Nannetti con Il male non esiste, affrontano due temi sempre scottanti: la collusione fra malavita organizzata e organi dello stato, il primo, e la pena capitale e il diritto/dovere dei cittadini di non esserne complici, la seconda.
Sandro Russo s’intesta il merito dei due articoli che in vario modo si collegano alla letteratura: Comprendere la geopolitica attraverso la letteratura che ripropone un breve saggio sulle letture attribuite a Putin: è un esercizio, simpatico e colto, di stile, semiserio, che ha in sé anche buone proposte di ottime letture; Rappresentazione della morte inflitta in cui lo stesso Sandro conferma la sua idiosincrasia per la violenza rappresentata: elenca qualcuna delle sue sofferte letture e riporta un non lunghissimo articolo di Gianni Riotta sulle stragi di civili da Guernica ai nostri giorni. Conosco Gianni dalla metà degli anni ’70, picciotto studiosissimo e sempre frettoloso nella Palermo di quegli anni fra mafia e movimento, e poi nella Roma degli anni ’80, quando era giornalista al Manifesto. Usa la penna al meglio per rendere con lucidità immagini e saperi non facili da tradurre.
Prima di chiudere con tre articoli, in cui albergano tracce di speranza, devo fare i conti con due altri (articoli) e con i lunghi e densi commenti a essi postati; li ho classificati, senza malanimo, obbedendo all’irrefrenabile spinta tassonomica, nella categoria americafilismo: tutti sappiamo che questo è un gioco e che con il gioco si possono dire e fare cose per cui bisognerebbe, quanto meno, chiedere il permesso. Ecco quindi, di Giuseppe Mazzella di Rurillo, La fine di una civiltà. Mi stupisce l’innocente stupore dei tanti “buoni” in giro per l’Italia e per l’Occidente nel vedere attorno a sé gli ammorbanti fiori della guerra. Non ho statistiche sottomano inerenti ai giorni di pace dal 2 settembre 1945 a oggi: non pace generica dovunque, ma una pace relativa, in cui l’Occidente è stato in pace o ha compiuto atti finalizzati seriamente a promuovere la pace dove non c’era e a rimuovere le cause di guerre in corso o prevedibili perché le cause erano lì evidenti e molte di esse portavano la veste bianca della Pace e, attaccato con grumi di sangue, un ramoscello d’ulivo.
Le parole rimangono tali sulla carta, se non diventano cose, fatti com’è stato in Giappone e in Germania dopo la guerra, nazioni disarmate nei fatti e nei comportamenti, e ora, di nuovo, riarmati: l’uomo è una bestia, una bestia feroce; a qualunque tribù appartenga, conosce solo la pace a senso unico e sulla guerra ha mille sofismi, purché le fabbriche non si fermino, non cessi la produzione di mine anti uomo, di fucili, pistole e via sparando.
In questo l’America è ‘first’ con i suoi democraticissimi emendamenti, intoccati e intoccabili dal 1776, con le armi nelle case; non ci sono più tribù indiane da sterminare, né negri da contrabbandare; c’è solo da usare il fuoco per fondere le armi e non per bruciare i libri, come ancor oggi s’usa negli Usa.
Sempre nello stesso scaffale e dello stesso autore (G. M. Rurillo): Noi isolani siamo tutti americani, di cui cito come interessanti anche i commenti (quello di Vincenzo Ambrosino, di Sandro Russo e miei).
Capita, spesso, che l’ultimo spicchio di mandarino abbia un brutto sapore, che l’ultimo boccone di carne sia bruciato, che l’ultimo piccolo bignè sia inacidito (ah, la crema pasticciera, ah!); per questo ho scelto con cura la chiusura di questa epìcrisi, résumè leggero di una settimana dura, inizio bislacco di una primavera tragica. Domenica scorsa la Canzone di turno è stata Shackleton di Franco Battiato e Manlio Sgalambro, composizione sperimentale che inneggia alle scoperte pacifiche e all’eroismo di pace; Loropetalum chinense var. rubrum, di cui narrasi in Un’altra primavera di Sandro Russo, lo assumiamo qui ed ora a simbolo di pace, fra la gente e fra i popoli; per chi crede, ora arriva la Pasqua, che di quello racconta; ma ancor prima arriva, chiusura meditata e meritoria, lo scritto di Francesco De Luca: È te che voglio amare, di cui non dirò nulla, ma invito tutti a leggere e a lasciare un commento.
Nota
[1] Convitato di pietra è un’espressione metaforica, che viene soprattutto utilizzata nel linguaggio giornalistico per indicare una presenza incombente (persona o cosa), ma allo stesso tempo, invisibile, muta e, conseguentemente, piuttosto inquietante e imprevedibile, conosciuta da tutti, ma da nessuno nominata. L’immagine che ha dato origine all’espressione è tratta dalla storia di Don Giovanni, rappresentata ne El Burlador de Sevilla y convidado de piedra (L’ingannatore di Siviglia e il convitato di pietra), opera del XVII sec. che dette fama universale al drammaturgo spagnolo Tirso de Molina (pseudonimo di Gabriele Téllez). L’opera di Téllez (che secondo alcuni potrebbe non essere il vero autore) ha ispirato molte opere teatrali, in prosa e in musica; la più famosa di queste è, senza ombra di dubbio, il Don Giovanni di Wolfgang Amadeus Mozart.
Post-scriptum
A epìcrisi ormai ultimata vengono pubblicate su iniziativa della Redazione notizie e foto relative all’inaugurazione a Procida della kermesse isolana del secolo: Procida capitale della Cultura 2022. So che i rapporti tra le isole Ponziane e quelle del Golfo di Napoli sono importanti e ancor più stretti erano in passato. Avremo modo di commentare questo evento nel prosieguo delle manifestazioni previste per tutto l’anno in corso. A Procida auguri di successo dall’isola cugina.