di Giuseppe Mazzella di Rurillo
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Piero Ottone, uno dei miei maestri di giornalismo che ho avuto il piacere di conoscere nel 1987 e da allora intrattenere con lui rapporti epistolari, alla soglia dei 90 anni scrisse un piccolo libro di memorie.
Piero Ottone non è stato un grande giornalista da suscitare grandi entusiasmi per la sua scrittura e le sue inchieste. Era un liberale pragmatico ed il suo stile era asciutto ma soprattutto non credeva che il mestiere del giornalista fosse quello di cambiare il mondo, ma solo di raccontarlo.
Così era convinto della ricerca dell’obiettività del giornalismo inglese con i fatti da una parte e le opinioni dall’altra senza mischiare le due cose così non doveva il giornalista essere un politico.
2009 Piero Ottone durante la conferenza di premiazione del concorso ATG a Lugano – ©Ti-Press/Samuel Golay (TiPress)
È stato un grande direttore del “Corriere della Sera”. Amava però i “potenti” della politica e dell’economia che frequentava forse per una segreta, ma contenuta, invidia. Aveva grande conoscenza di sé stesso. Non aveva difficoltà a definirsi “uomo di poche letture” ma aveva la capacità di trovare il meglio in circolazione per i suoi giornali che dirigeva con autorevolezza.
Ha scritto libri di saggistica che non hanno avuto grande diffusione.
Amava il mare e la vela. Si considerava soprattutto “un uomo di mare”.
Il suo libretto di memorie si intitola semplicemente “Novanta” e reca come sottotitolo “quasi un secolo per chiedersi chi siamo e dove andiamo noi italiani”.
È del 2014 un paio di anni prima di morire.
Le sue ceneri per sua volontà furono disperse nel mare di Camogli (Ge) di fronte casa sua. Un uomo di mare fino all’ultimo.
Ho letto questo suo ultimo libretto due volte.
Ho sottolineato – come faccio per ogni testo scritto – molti passi e soprattutto quelli dei ricordi più vivi. C’è un lucido pessimismo finale nell’estremo scritto del grande direttore, non dovuto all’età avanzata ma alla coerenza e all’obiettivita di tutta una vita.
Da quello che succede in Italia e nel mondo Piero ottone ricava la convinzione che la civiltà occidentale sta finendo. Come sono finite le civiltà greca e latina. La nostra sta per chiudere il suo ciclo.
Se guardiamo con orrore oggi i filmati dall’Ucraina non nasce spontanea l’osservazione che stiamo ormai alla fine di un mondo civile che pensavamo di aver raggiunto dopo l’orrore della seconda guerra mondiale?
Dopo oltre 70 anni di pace in Europa dovevamo vedere orrori del genere?
Dopo duecentocinquanta anni e più di nascita ed espansione della “diplomazia” dovevamo vivere un tempo in cui tutte le carte ed i trattati, il diritto internazionale, il significato delle parole stesse come “operazione speciale” al posto di “guerra” vengono stracciate e la follia prende il posto della ragione in un uomo e in un popolo? Ma dove sono i sentimenti? Dove stanno le grandi conquiste morali come la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948?
Ma veramente siamo ritornati alla barbarie?
G. M. di R.
A cura della Redazione, in appendice al post di Giuseppe Mazzella su Facebook, riportiamo un commento significativo di Gaetano Amalfitano:
“Non condivido il pessimismo di Ottone, che ricordo bene come giornalista, i grandi eventi storici portano sempre cambiamenti ma la reazione dell’Occidente alla guerra di Putin vuol dire che i valori delle società occidentali resistono e sono ben saldi, sebbene attaccati e meno forti di un tempo”.