di Giuseppe Mazzella di Rurillo
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Ciascuno ha le proprie convinzioni politiche. Nascono dai libri che si sono letti, dagli studi giovanili seguiti, dalle persone che si sono incontrare nella vita e dal discernimento dei loro insegnanti e – buon ultimo – dai luoghi dove si è trascorsa l’infanzia e poi l’adolescenza e la gioventù.
Questi luoghi o paesi o città finiscono per entrare nella nostra memoria fondendosi con la teoria ed infine finiscono per condizionare la nostra concezione del mondo e della vita.
Se posso segnare i punti di partenza delle mie ferme convinzioni politiche per un “socialismo liberale”, quello di Carlo Rosselli, li lego a due città d’Europa scoperte e vissute a vent’anni da studente universitario in Economia e Commercio nel 1970 in piena contestazione giovanile.
Nel 1970 per motivi diversi feci due viaggi ‘profondi’, ciascuno di due intense settimane. Il primo lungamente sognato, voluto, amato, a Parigi nel mese di marzo.
E Parigi, se ci sei stato da giovane, la porti con te per tutta la vita perché è una ‘festa mobile’ come scrisse Ernest Hemingway.
Vederla e viverla poi da studente squattrinato al tempo della “liberazione giovanile” del tardo novecento è stato ancora più formativo della Belle Époque, perché l’interesse non era per il café chantant o per le donnine di Pigalle ma per la tomba di Napoleone, il Pantheon, il Louvre, les bouquinistes del lungo Senna, le piazze, le vie, i coetanei di ogni parte del mondo conosciuti a l’Auberge de la Jeunesse al Boulevard Kellerman… Come quel gruppetto di brasiliani che mi portarono con loro alla chiesa di Saint–Germain–des–Prés ad ascoltare la “Passione di Cristo secondo Cristino” (1) cantata in samba da Geraldo Vandré (2), cantore brasiliano in esilio per la dittatura militare.
Indimenticabile, abituato in Italia ad entrare in chiesa con riti tradizionali e con potente musica classica, a Parigi ascoltavi la Passione di Cristo in samba ed al momento della Comunione mentre il prete dava l’ostia ai credenti Geraldo Vandré con quattro dei suoi musicisti cantava “Camminando e cantando” (3) in portoghese invitando alla libertà ed a vivere in pace dovunque/comunque tu concepisca Dio.
Fu allora che divenni un uomo libero.
Poi il secondo viaggio fu a Berlino. Ma è altra storia. La racconterò prossimamente
G. M. di R.
Note
(1) – É un testo di un monaco brasiliano musicato a samba. L’ho conservato per anni poi è andato disperso. In chiesa lo davano ai partecipanti ciclostilato in francese e portoghese. Un ricordo bellissimo. Era il marzo del 1970, la settimana di Pasqua.
(2) – Geraldo Vandré, nome d’arte di Geraldo Pedrosa de Araújo Dias (João Pessoa, 1935), è un cantante e compositore brasiliano.
Nel 1968, con la promulgazione dell’Ato Institucional Nº 5 (1968) che sanciva una svolta repressiva del regime militare, Vandrè fu obbligato all’esilio, prima in Cile e poi in Francia. Vandré tornò in Brasile nel 1973. Vive tuttora a San Paolo e compone. Tuttavia, sono in molti a credere che Vandré sia impazzito a causa di torture a cui potrebbe esser stato sottoposto. Il cantante, a sua volta, nega di esser mai stato torturato, e dice che, semplicemente, non si fa più vedere perché la sua immagine di “Cantante Che Guevara” soffoca la sua opera (fonte Wikipedia)
(3) – Pra não dizer que não falei das flores (letteralmente: Così che nessuno dica che non ho mai cantato di fiori; più conosciuta come Caminhando). Classificatasi seconda al Festival di Musica Popolare Brasiliana del 1968, La canzone, atipica perché scritta su due soli accordi, è una chiamata a raccolta per l’opposizione al regime militare e incontrò un largo successo venendo però prontamente censurata.
Subito dopo Vandré venne arrestato e di lui per un certo periodo non si seppe più nulla. Si parlò di torture e si profilarono scenari anche più cupi.
Con grande coraggio il 21 dicembre di quell’anno Sergio Endrigo partecipò a Canzonissima con una traduzione della canzone intitolata Camminando e cantando, dedicandola a “Geraldo Vandré in qualsiasi posto ora si trovi”.
Qui sotto da YouTube la canzone in originale (parole e musica di G. Vandré), e a seguire il testo con la traduzione italiana:
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Immagine di copertina. Parigi anni ’70. Foto di Julien Knez