segnalato da Tano Pirrone,
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Con post-fazione dello stesso Tano: “Gentilissima Natalia…”. Si capirà che come presentazione non poteva andare.
La Redazione
Spettacoli – Da la Repubblica del 30 marzo 2022
Quel gesto è la realtà. Ci fanno più paura gli ipocriti e i bigotti
di Natalia Aspesi
Lo schiaffo Il gesto di Will Smith durante la cerimonia di consegna degli Oscar: uno schiaffo a Chris Rock per una battuta sull’aspetto di sua moglie, Jada Pinkett, con la testa rasata per problemi di salute
Non ci fosse stato Will Smith a ridare verità (anche se finta come si sospetta) alla più soporifera e maldestra notte degli Oscar (la novantaquattresima!), avremmo potuto dedicare una prece al cinema morituro per sua stessa volontà.
In una scenografia da teatrino oratoriale un maschio nero, dimentico di #BlackLivesMatter, ha dato uno sganassone a un altro maschio nero, celeberrimo comico, ritenendosi lui insultato da una battuta forse non elegante riferita alla moglie, che solo un paio di anni fa avrebbe fatto sorridere (infatti prima di indossare l’armatura di cavalier cortese anche Smith aveva riso). Ma quando mai si ride oggi (forse alle gare di flatulenze o ai gatti che baciano galline su TikTok?) se siamo tutti lì frementi in attesa di offenderci?
Infatti si è offesa l’Academy, perché nel mondo finto di oggi (in quello vero c’è la guerra) il nero non picchia né neri né bianchi, e noi signore cui nulla sfugge abbiamo subito accusato lo schiaffeggiatore di essere alfiere del patriarcato, in quanto doveva lasciare che fosse la sua magnifica signora a salire sul palco a difendere manescamente la sua bella testolina nuda (alopecia) che se non la riteneva adatta alla serata poteva banalizzare con una parrucca.
Poi, si sa, il peccatore Smith ha chiesto scusa perché la violenza è una brutta cosa e tutti, tranne i russi, siam tornati buoni.
Nella sua lunga storia l’Academy ha assegnato molti Oscar a vanvera, questa volta però con una sottomissione ideologica che travalica l’idea del valore cinematografico. Va bene l’inclusione, ovvio, che dovrebbe essere soprattutto un problema politico, economico e sociale: ma l’arte, e il cinema talvolta lo è, dovrebbe fuggire da conformismo, buonismo, ed essere sorprendente, persino trasgressiva, soprattutto mai ipocrita; almeno così era sino al più recente passato.
Già quest’anno la scelta dei candidati era blanda, rassicurante, un po’ noiosa, impegnata a evitare sviste di genere o di diversità nel terrore di conseguenti ammutinamenti di massa.
Negli ultimi anni i premi avevano già rispettato i codici dell’inclusione detta un tempo democrazia: le disuguaglianze di classe (Parasite, 2020), il passato razzista (Green Book, 2019), la muta e il mostro (La forma dell’acqua, 2018), l’omosessualità (Moonlight, 2017), la pedofilia nascosta (Spotlight, 2016). Ma questa volta si è esagerato nel privilegiare la mediocrità purché buona, miglior film ovviamente diretto da una donna, con la famigliola di sordi, migliori attori nei biopic sul babbo delle sorelle Williams tenniste nere, e su una predicatrice evangelica e un po’ peccatrice ma che si dice femminista; attori non protagonisti una nera lesbica e un vero sordo. Tanto per includere oltre ogni limite, sul palcoscenico il trans operato e pure una signora grassa ma non so in quale veste.
Proprio non si poteva escludere Il potere del cane con le sue 12 candidature, premiato per la regia (una donna ovvio) e Belfast per la sceneggiatura originale, forse — con il giapponese Drive my car — i soli tre film che non saranno dimenticati. Oltre all’atomica, mi fa molta paura un mondo chiuso nella tirannia di una uguaglianza impossibile, bigotta e disonesta perché le inclusioni vere sono altre.
Di cosa si ha paura, del linciaggio se non si aderisce al pensiero unico? Si vuole piacere a tutti a tutti i costi? Oppure ci stiamo abituando alla sottomissione al più forte?
Tano Pirrone scrive direttamente (e attraverso il sito) a Natalia Aspesi
Gentilissima Natalia,
La ringrazio per aver detto tutte le parole che avrei voluto dire, nell’ordine loro naturale per rendere al meglio i fatti e la loro sostanza. Mi creda io scrivo da umile rivoltator di zolle e sento nel mio microscopico mondo la difficoltà di esprimere a pieno e sinceramente le mie opinioni.
I tempi sono quel che sono: guerre e sovvertimenti epocali nei costumi, falsi profeti e diamantine coscienze rifatte da poco. La generazione cui noi apparteniamo si trova di fronte a cambiamenti radicali e a vere e proprie inversioni di rotta nei comportamenti individuali e sociali; strumenti alienanti, interessi vastissimi e grandissima confusione impediscono di traguardare oltre le nebbie di una realtà vociante, stridente, fosca, urticante.
Lei spesso, con il tono battagliero che la distingue, parla per noi resistenti; dice le cose come stanno e senza curarsi di loro scrive e passa.
La ringrazio ancora per tutte le cose scritte nell’articolo, per come sono scritte e per il loro sanguigno messaggio di umanità; in particolare, termino ripetendo la sua frase di chiusura: “Di cosa si ha paura, del linciaggio se non si aderisce al pensiero unico? Si vuole piacere a tutti a tutti i costi? Oppure ci stiamo abituando alla sottomissione al più forte?”.
Gianni Sarro
31 Marzo 2022 at 10:40
Condivido pienamente la seconda parte dell’articolo. A tal punto che mi sono accorto che c’era stata la cerimonia dell’Oscar solo il giorno dopo e non per il film ma per la sceneggiata (brutta, Maccari o Scola ne avrebbero da insegnare ai goffi ragazzotti).
P.S. La varietà di spunti che continuo a trovare su Ponzaracconta è encomiabile. Bravi!
Tano Pirrone
31 Marzo 2022 at 16:50
Io, come Diogene, vado in giro al buio e chiedo informazioni, delucidazioni, spiegazioni su tutto: per esempio, su cosa significa «Con post-fazione dello stesso Tano: “Gentilissima Natalia…”. Si capirà che come presentazione non poteva andare. La Redazione». Sono tre giorni che ci penso, rifletto, ma senza successo… Come faccio con l’enigmistica più coriacea, la metto da parte e la riprendo dopo e dopo, fin quando non la risolvo…
Sandro Russo
31 Marzo 2022 at 17:09
Per la Redazione risponde Sandro Russo, in veste di editor responsabile del ‘misfatto’:
“Eppure era facile..!
Se il tuo scritto, caro Tano, avesse preceduto l’articolo, ne avrebbe anticipato il contenuto tanto da scaricarlo d’interesse, per cui – ha ragionato il bravo editor – andava messo dopo, come commento, o post-fazione, appunto”.
Malgrado le malelingue, noi non facciamo censure!
Tano Pirrone
31 Marzo 2022 at 17:27
“Excusatio non petita accusatio manifesta”, avrebbe scritto una delle malelingue che conosco e che frequento, ma io non lo scrivo, pur continuando a frequentare per abitudine ed inclinazione malelingue e malacarne…