di Francesco De Luca
E’ stata già annunciata su questo sito l’uscita del libro di Giuliano Massari Le edicole votive a Ponza (leggi qui). Avevo promesso di parlarne dopo averlo letto, ed eccomi qua ad onorare l’impegno.
E’ un libretto dove ci siamo tutti. Non soltanto noi che ci occupiamo delle vicende ponzesi e ne scriviamo. Non solo noi (Rosanna Conte, Mimma Califano, Francesca Iacono, Silverio Corvisieri, Silverio Lamonica, Sandro Vitiello, Gino Usai) ma anche la gente comune, i nostri compaesani, quelli che incontriamo giù al Porto, per le strade, fuori la chiesa.
Giuliano Massari è riuscito a metterci tutti nel coro a cantare insieme (con più o meno enfasi, con più o meno intonazione) le canzoni che si elevavano vicino alla cappelle votive, fino a qualche decina di anni fa.
Espressioni evidenti di fede, di un vicolo, di un quartiere, di una contrada. Ma anche espressione evidente del bisogno popolare di sentire nella passione religiosa una qualche sicurezza in una vita in cui la povera gente tentava di dare un senso all’esistenza.
Processione al piccolo Santuario della Madonna della Civita
della contrada degli Scotti
E quando, nell’arco dell’anno solare, il richiamo religioso si attenuava e non dipendeva in modo esclusivo dall’autorità parrocchiale, il popolo si assumeva l’onere e il piacere di guidare lui le cerimonie fra le gradinate dei caseggiati, nelle piazzole, all’incrocio delle strade o sui moli. Si ricordano personalità d’eccezione fra i ‘mastri’ che presiedevano alle cerimonie delle rispettive edicole. Erano donne o uomini, indifferentemente. Erano capitani come Di Fazio o donne di casa come zia Olimpia. Rosari, litanie, preghiere, canti. E questi spesso defluivano nel dialetto, perché non c’era l’ossequio al tempio e all’eucarestia.
Pellegrinaggio alla cappella di san Silverio a Palmarola
E dunque le cappelle assolvevano a più funzioni. Di quella religiosa e di quella antropologica si è detto. Assolvevano altresì ad una funzione sociale. Perché punto di incontri, di giochi, di sguardi, di preghiere, di promesse e di dinieghi.
I volti delle Madonne, con poca luce, svaniti dietro la tanta polvere, fra i fiori finti rassicuravano noi ponzesi che la vita, pur nella pochezza, ha una sua valenza in cui credere e per cui lottare.
Quelle croci nere, occhieggiate di sfuggita da chi la giornata deve guadagnarla ogni giorno, hanno forgiato l’animo di noi Ponzesi.
La Croce di Punta Bianca
Ve lo testimonia chi lasciava casa per prendere la motonave per recarsi in continente alle quattro di mattina con tanta baldanza e con una lacerazione nell’animo. Uno sguardo fuggente alla Madonnina, bastava quello per affrontare il mondo coi suoi imperativi. Bastava? No, non bastava, ma aiutava.
Bene ha fatto Giuliano Massari a portare l’attenzione su questo aspetto del tesoro culturale di noi ponzesi.
Lo ha fatto perché Giuliano è legato a questa isola. Di cui ha sempre desiderato uno scatto, un miglioramento qualitativo. Non lo ha visto ancora, ma lui con testardaggine avverte di nuovo, come dovremmo tenere più caro il retaggio culturale paesano.
Nel leggerlo si entra in questa cultura. Infarcita di superstizioni, di paure, di entusiasmo, di sacro. Ci siamo tutti. Credenti e no, politici e no, laureati e no. Noi fatti popolo.
silverio lamonica1
28 Marzo 2022 at 16:13
Ricordo che si può acquistare il libro SOLO su AMAZON
https://www.amazon.it/edicole-votive-ponza-Giuliano-Massari/dp/B09S66P4VM