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La biografia con tutti i segreti di Putin

segnalato da Tano Pirrone

Ho pensato che possa essere attuale e interessante questo articolo di Enrico Franceschini su un libro in uscita. Su Putin, di Giorgio Dell’Arti, un autore che trovo bravo e equilibrato.
T. P.

Una foto giovanile di Vladimir Putin (da la Repubblica)

La biografia firmata da Giorgio Dell’Arti
Tutti i segreti di Putin da oggi con “Repubblica”
di Enrico Franceschini

Al dibattito aperto dall’Economist sulla “stalinizzazione della Russia”, si potrebbe aggiungere un curioso aneddoto: il nonno di Vladimir Putin era il cuoco di Stalin. Si chiamava Spiridon Ivanovic Putin, lavorava in un grande ristorante della San Pietroburgo zarista, dove un giorno entrò Rasputin. Il monaco consigliere dello zar ordinò una zuppa di cavoli, gli piacque, ne ordinò una seconda e poi una terza. Alla fine, volle conoscere il cuoco. «Di chi sei?», gli chiese quando se lo trovò davanti. Un riflesso condizionato dovuto ai servi della gleba, che appartenevano sempre a qualcuno: lo zar li aveva aboliti nel 1861, ma tante teste, come quella di Rasputin, non si erano ancora adattate. Spiridon rispose: «Io non sono di nessuno. Io sono Putin». Rasputin allora si alzò in piedi e disse: «Bravo Putin, ti benedico! Vai con Dio, figlio mio». E il nonno di Putin da qualche parte andò: mentre Rasputin e lo zar fecero una brutta fine, dopo la rivoluzione bolscevica Spiridon fu assunto come cuoco da Lenin; e alla morte di Lenin, nel 1924, fu ingaggiato da Stalin. L’episodio è uno dei tanti narrati da Giorgio Dell’Arti inLe guerre di Putin , pubblicato da La nave di Teseo e in uscita con Repubblica da oggi: un libro che ripercorre i conflitti in cui il capo del Cremlino ha trascinato la Russia, dalla Cecenia alla Georgia all’attuale invasione dell’Ucraina, oltre a Siria, Libia, Repubblica Centroafricana, ma come avverte il sottotitolo, “storia non autorizzata di una vita”, è essenzialmente una biografia. Diversa dalle biografie classiche perché si sviluppa sotto forma di dialogo, tra l’autore che pone domande e che risponde, in un viaggio a zig-zag nell’esistenza del nuovo zar di Mosca. Come se fossimo seduti al caffè con qualcuno che sa tutto di lui e soddisfa ogni curiosità. L’infanzia di ragazzino povero e bullizzato a Leningrado, lo shock di assistere al crollo del muro di Berlino come agente del Kgb in Germania Est, la folgorante carriera da anonimo portaborse a presidente della Russia fra il 1996 e il 1999 sulle ali corruzione, il patto con gli oligarchi miliardari per consolidare il potere e arricchirsi, la graduale evoluzione ad autocrate al governo da più di ventidue anni e in grado di restarci fino al 2036, per quasi trentasette, superando il record di Stalin.
Dell’Arti, detto per inciso, meriterebbe una biografia anche lui, magari a domande e risposte come questa: una vita nel giornalismo che lo ha portato fra molti altri incarichi a essere il fondatore e primo direttore delVenerdì di Repubblica e più recentemente il regista delle sfide letterarie a forma di tabellone tennistico sul nostro inserto culturale Robinson , oltre che scrittore, organizzatore culturale, editore in proprio e molto altro.
Ma torniamo alla lunga permanenza al potere di Putin: come ha fatto a essere presidente dal 1999, se la costituzione russa scritta dopo il crollo dell’Urss limitava la presidenza a due mandati di quattro anni ciascuno? Ha cambiato la costituzione, spiega Dell’Arti, e per dare maggiore legittimità al provvedimento lo ha fatto approvare dal popolo in un referendum. Già, ma come ha fatto a convincere il popolo a votare per la sua riforma di stampo chiaramente autocratico? Con una lotteria. «Chi depone la scheda nell’urna ha diritto al biglietto con il quale si possono vincere buoni d’acquisto da spendere in tremila negozi e ristoranti», più appartamenti, automobili, telefonini, scrive l’autore. Una dittatura 2.0, mascherata da democrazia. La prova che Putin, per concludere con la tesi dell’Economist, è il nuovo Stalin? Lasciamo la parola al nonno-cuoco di Putin, con cui nel 1960 il nipotino gioca una partita a scacchi, ennesimo episodio di questa brillante “biografia non autorizzata”. Il bambino è piuttosto bravo e dà scacco matto al nonno, che tuttavia continua a muovere i pezzi, come se la partita non fosse finita. «Ma nonno, la partita è finita, ho vinto io», gli dice il futuro presidente della Russia. «E chi l’ha detto? » risponde il nonno. «Sono le regole», protesta il bambino. «Quali regole?» è la lezione di nonno Spiridon. «Un vero uomo le regole le stabilisce da sé».

[Di Enrico Franceschini, da la Repubblica di oggi, 22 marzo 2022]


Il libro Le guerre di Putin. Storia non autorizzata di una vita di Giorgio Dell’Arti è in edicola da oggi con Repubblica a 12,90 euro in più. Il libro è disponibile in libreria pubblicato da La nave di Teseo. 

 

Nota della Redazione
Un ritratto di Putin, che ripercorre alcuni degli eventi descritti anche nel libro, della vita di Putin, si ritrova in un breve video di Stefano Massini, sul sito (guarda e ascolta qui link a la7 “Piazzapulita”, in fondo all’articolo)

 

2 Comments

2 Comments

  1. Tano Pirrone

    23 Marzo 2022 at 21:20

    Ampia la presentazione di Enrico Franceschini, ma non completa a mio modestissimo avviso, forse perché Dell’Arti, che governa sapientemente la scrittura ed ha costruito questa sorta di istant book con materiali accumulati negli anni, messi in fila con logica e conseguenzialità, segue con essenzialità e senza coinvolgimento tutta la vita privata e pubblica di Putin, senza zone d’ombra o isterici trasporti.
    Scritto con penna intrisa nel mestiere e nella bella scrittura, mai però una parola in più o un ammiccamento, usa la forma del dialogo: un terzo anonimo fa le domande e lui risponde. E nell’avviso, a monte del testo, invita il lettore a non sconcertarsi troppo: «…il personaggio che fa le domande sono io, che fingo di non saper nulla. E il personaggio che fornisce le risposte sono sempre io, che fingo di saper tutto». E per cautelarsi chiama a sua difesa l’inventore di questo stile di racconto, vale a dire Platone!
    Inizia la discussione con una puntuale narrazione sulla Costituzione russa, le modifiche apportate, facendo un quadro preciso di quanto, se nulla di estraneo verrà a turbare l’assetto istituzionale, durerà l’attuale Presidente: il complesso conteggio, che vale la pena leggere (sembra una pagina di Sciascia) ci dice che nel 2024 potrà ricandidarsi e restare presidente fino al 2030; poi ripresentarsi e rimanere in carica, se ancora vivo, fino al 2036, quando avrà la bella età di 84 anni. La popolarità sembra in calo, ma in un Paese che impegna ben 11 fusi orari e che conta quasi 200 etnie tutto viaggia in modo ondivago e come dirà ad un certo punto, riportando le parole di Putin: «Se non sai cosa accadrà domani. Perché parlare a vanvera adesso?»
    Il libro è piccolo, si legge in tre o quattro ore, comodamente ritornando sui passi chiave e prendendo tutti gli appunti necessari a riscriverne o a parlarne. Si trova in edicola in abbinamento a la Repubblica, pubblicato da GEDI insieme con l’editore naturale La nave di Teseo. Il costo è di € 12,90 oltre il prezzo del quotidiano, ma sono soldi spesi benissimo, che ci tornano indietro assaporando la saggezza del filo conduttore e la coerente scrittura.
    Molto interessanti le pagine in cui Dell’Arti scrive delle politiche putiniane nel Medio Oriente e in Libia; sui continui e progressivi assestamenti in quei quadranti, nel resto dell’Africa e in genere, nei confronti del mondo arabo. Emergono così i rapporti solidissimi che legano la Russia alla Turchia, alla Cina e all’India. L’uccisione di Gheddafi, opera soprattutto dei francesi di Sarkozy – terrorizzato a quanto pare che saltassero fuori i finanziamenti che aveva ricevuto dai libici – viene così ricordata da Putin: «L’uso illegittimo della forza militare contro la Libia, la perversione di tutte le decisioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu sulla questione libica hanno portato alla completa distruzione di quello Stato, all’emergere di un enorme focolaio di terrorismo internazionale, al fatto che il paese è precipitato in una catastrofe umanitaria che non si ferma da molti anni, la guerra civile. La tragedia, che ha condannato centinaia di migliaia, milioni di persone non solo in Libia, ma in tutta questa ragione, ha dato luogo ad un massiccio esodo migratorio dal Nord Africa e dal Medio Oriente verso l’Europa». Difficile poterle contestare: da quegli errori sono venuti a cascata per l’Italia e l’Europa grandi difficoltà irrisolte.
    La saggia prudenza nei comportamenti a volte sembra follia, ma poi molto spesso si rivela essere l’unica strategia possibile: oggi è facile gridare alle armi alle armi, trascinati da pur giusti singulti democratici e da spinte etiche ed umanitarie, ma la storia si fa con la calma e la diplomazia. Nel libro, per chi legge attento a trovare un senso alle cose, questo messaggio, m’è parso di trovarlo.

  2. Sandro Russo

    16 Novembre 2023 at 17:58

    L’amaca di Michele Serra da la Repubblica di oggi, giovedì 16 nov. 2023, aggiornata sulla notizia della grazia concessa all’omicida di Anna Politkovskaja.

    Cosa vuol dire filo-russo?
    di Michele Serra

    L’assassino di Anna Politkovskaja, libera giornalista in un Paese che con la libertà ha i conti in rosso, è un ex poliziotto specializzato in “operazioni speciali” — leggi: lavori sporchi — e scarcerato per tornare a fare il suo lavoro, un lavoro sporco per eccellenza, la guerra in Ucraina.

    Già i due figli di Anna, Vera e Ilja, hanno detto, con sobrio disgusto, quanto c’è da dire: non solo la giustizia e la vittima sono state derise, ma in Russia “non c’è nessuno da cui pretendere risposte”. Frase terribile e disperata.

    Quanto a noi, forse interessa stabilire che cosa si intende dire veramente quando si dice che qualcuno, persona o movimento, è “filo-russo”. La Russia non esiste più: “non c’è nessuno da cui pretendere risposte”. C’è un despota miliardario sostenuto da un manipolo di miliardari, il fondamentale talento di molti dei quali è essersi intestati il patrimonio dello Stato dopo la caduta del comunismo.

    Al comunismo, in quel Paese, è succeduta la cleptocrazia. Poi c’è un popolo in larga parte reso prono dalla povertà e accecato dal nazionalismo. Infine c’è una minoranza perseguitata e offesa che cerca di pronunciare le due parole, libertà e giustizia, che Putin ha rinchiuso in carcere.
    Che significa, dunque, filo-russo? Stare con Putin e Kadyrov o stare con la carboneria democratica russa che conta incarcerati e ammazzati quanti ne bastano ampiamente per definire tiranno il presidente Putin?

    Nei vari convegni e think-tank filo-russi in corso qui e là, tutti che se la passano da minoranza coraggiosa e “fuori dal coro”, chissà se almeno uno si alza e dice: io sono filo-russo e dunque sto con Politkovskaja e contro Putin.

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