di Vincenzo Ambrosino
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Per la seconda volta dopo la guerra nell’ex Jugoslavia ci troviamo un’altra guerra nel continente europeo.
La guerra tra Russia e Ucraina è la triste storia di avvenimenti che sono partiti molti anni fa.
Il muro di Berlino cadeva il 9 novembre del 1989 una data che ha dato il via libera agli Usa per imporre strategie progressive di conquista economica e militare del mondo a discapito della vera emancipazione che i popoli si aspettavano dopo gli anni del terrore nazi-fascista.
Il Der Spiegel, rivista tedesca con una grande diffusione in Germania, il 22 febbraio 1922 svela all’opinione pubblica mondiale delle carte rimaste segrete per tanti anni.
Il 6 marzo 1991, a Bonn si incontrarono i massimi rappresentanti di Gran Bretagna, Francia, Germania e Stati Uniti. In quell’incontro venne discussa la questione della sicurezza della Polonia e di altri stati dell’Europa orientale. All’incontro convennero che l’adesione dei paesi dell’Europa orientale alla NATO fosse “inaccettabile”.
Era l’ufficializzazione delle condizioni che Gorbaciov aveva sempre preteso per porre fine al Patto di Varsavia che permetteva ai paesi dell’est di uscire dall’influenza Russa.
Nelle carte de-secretate c’è scritto che Jurgen Hrobog, rappresentante della Repubblica Federale di Germania, affermava: “Durante i negoziati 2+4, [un accordo sulla Germania con la partecipazione anche di Repubblica Democratica Tedesca, USA, URSS, Gran Bretagna e Francia], abbiamo chiarito che la Nato non si sarebbe allargata oltre il fiume Elba. Pertanto, non possiamo offrire l’adesione alla NATO alla Polonia e ad altri”, afferma l’estratto del documento. La pubblicazione chiarisce ulteriormente che il rappresentante tedesco nella sua dichiarazione “apparentemente ha confuso l’Elba con l’Oder”.
Questa cosa del non allargamento della Nato verso l’est la dissero Koll, Mitterrand e anche l’ambasciatore americano in Russia Jack F. Matlock “l’allargamento non avverrà, vi diamo garanzie – disse ai sovietici – che i vostri confini non saranno pressati dalla NATO”.
Il Segretario di stato americano, James Baker (segretario di Bush), all’inizio disse che non ricordava questi negoziati, poi smentito dall’ambasciatore Matlock. Fu smentito anche dal presidente degli USA George H. V. Bush, che disse: “Non abbiamo nessuna intenzione di porci nell’ottica di scontro con la Russia dopo la caduta del muro di Berlino e la fine della guerra fredda”.
Solo 8 anni dopo quell’impegno non venne rispettato: Polonia, Repubblica Ceca ed Ungheria entrarono a far parte della Nato.
Il neo eletto presidente russo Vladimir Putin, portato al potere da Eltsin e da oligarchi russi – che bramavano ulteriore potere – ingoiò all’esordio della sua carriera come presidente, la prima polpetta avvelenata: l’allargamento dei confini della NATO.
Ecco che i difensori del mondo libero, i “veri democratici” a guida Usa, decisero di rilanciare e nel 2004 accolsero con grande felicità nella NATO: Slovacchia, Slovenia, Romania, Bulgaria e le tre repubbliche baltiche a ridosso dei confini russi (Estonia, Lituania, Lettonia). Poi la Nato incluse anche la Slovenia, la Croazia, il Montenegro, la Macedonia ( a cui fu cambiato il nome in Macedonia del nord proprio per favorire l’inclusione nella Nato con il nullaosta greco).
Insomma la Nato, nel corso degli anni, ha assorbito tutti i paesi del patto di Varsavia oltre alle repubbliche dell’ex Jugoslavia.
Putin, che nel frattempo si era liberato in Russia dei vecchi oligarchi per cui aveva rafforzato il suo potere, nei confronti delle iniziative unilaterali e assolutamente pericolose della Nato per la sicurezza russa, cominciava a dar segni di nervosismo, ma faceva ancora “buon viso a cattivo gioco”.
Si era infatti in piena euforia globalista, dominati dall’espansionismo del sistema economico- politico e commerciale imposto dalle multinazionali. Il nuovo ordine mondiale a guida statunitense si imponeva nel mondo con le buone e le cattive. In questo contesto mondiale anche Putin sembrava voler entrare nel “club dei migliori” e quindi ingoiò anche la seconda polpetta avvelenata dell’allargamento della Nato verso est.
Putin compì diversi viaggi. Lo ricordiamo a bere con Berlusconi e a divertirsi con il capitalista italiano. Nei vari incontri ufficiali però Putin chiedeva la riformulazione del trattato sulle armi convenzionali in Europa. Ma veniva ignorato e anche snobbato in queste sue richieste.
Al vertice di Bucarest del 2007 George W. Bush (figlio) disse che anche la Georgia e l’Ucraina dovevano entrare nella Nato.
Putin nel 2007 si rassegnò per cui abbandonò l’idea di convincere l’Occidente e cominciò a cambiare strategia. Cominciò a trattare con i vicini: la Bielorussia e il Kazakhstan. Il progetto russo si chiamava Unione Economica Euroasiatica e prevedeva un ruolo anche per l’Ucraina.
Siamo arrivati, ormai, al 2013 quando è primo ministro ucraino Janukovyc Viktor il quale decide di abbandonare l’accordo di libero scambio con l’Unione Europea e mettersi nelle mani di Putin per aderire all’Unione Economica Euroasiatica.
Una parte della popolazione ucraina si oppone a questa scelta di campo e all’accordo con i Russi.
Ad opporsi non sono solo cittadini democratici ucraini che sognano un futuro migliore, ma tra i cittadini c’è “uno spettro che si aggira ed è quello neonazista”. Sono gli eredi di Stepan Bandera, fascista che mise a disposizione dei piani di Hitler l’esercito insurrezionale ucraino corresponsabile del massacro di Ebrei e di 100 mila civili della popolazione polacca.
A dimostrazione di queste infiltrazioni, quando nel 2013 le proteste della popolazione ucraina invadono la piazza di Kiev, è proprio il volto di Bandera ad essere sventolato.
Questo ritorno neonazista sfocia nella strage di Odessa, in cui dei manifestanti comunisti e filo russi, asserragliati nel palazzo dei sindacati, sono assaliti e massacrati dai nazionalisti che dopo aver seviziato le donne ne bruciano vive una quarantina.
Queste cose non scandalizzano i democratici occidentali, ma non possono essere accettate da Putin.
La reazione Russa non si fa attendere e porta all’occupazione della Crimea. Occupazione facile perché è favorita dal sostegno della maggioranza della popolazione. Ci sarà subito dopo un referendum con il quale si approva l’autodeterminazione della penisola con il 95% dei consensi. Dopotutto la Crimea è un territorio a stragrande maggioranza di etnia russa.
Un referendum che Usa ed Europa non ritengono valido per cui partono le sanzioni economiche contro la Russia. Sanzioni che penalizzano anche e soprattutto l’Unione Europea a partire da quella italiana. Ma l’Italia deve pagare il prezzo per la fedeltà alla Nato a guida americana. Come l’ha pagata con l’uccisione di Gheddafi ad opera degli alleati.
Ma succede altro dalle parti dell’Ucraina: non solo la Crimea è un territorio a maggioranza Russa c’è anche il Donbass dove si trovano le provincie di Lugansk e Donetsk. Queste si autoproclamano Repubbliche separatiste.
Il 5 settembre 2014 sotto l’egida dell’OSCE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo) si trova una accordo: il protocollo di Minsk con il cessate il fuoco e con l’impegno dell’Ucraina di garantire ampia autonomia alle Repubbliche separatiste.
Protocollo che non verrà mai rispettato e infatti dal 2015 non passa giorno che gli osservatori OSCE non segnalino infrazioni all’ordine di cessate il fuoco.
Perché non viene rispettato il protocollo? Perché attuandolo si darebbe il potere alle due Repubbliche separate di impedire all’Ucraina di aderire alla Nato.
Ma dal 2019 quando in Ucraina sale al potere Zelensky quello di aderire è diventato l’obiettivo esplicito e questo mette ulteriormente in allarme la federazione russa di Putin.
Nonostante il non rispetto del protocollo di Minsk in questi 8 anni le repubbliche separatiste sono state sempre sotto il controllo russo tramite le milizie filorusse locali. L’escalation militare rimane sotto controllo fino ad un anno fa, quando i leader ucraini manifestano la volontà di prendersi con la forza sia la Crimea e il Donbass: “non abbiamo paura della Russia abbiamo l’aiuto dell’occidente. La Russia viola il diritto internazionale”
Propaganda? Solo provocazioni? Ma dopo la strage di Odessa le popolazioni locali separatesi dall’Ucraina pretendono dal Cremlino di mantenere alta la guardia.
Nello stesso periodo parte un’offensiva diplomatica per fermare la messa in opera del gasdotto Stream 2 nel mar Baltico che collega la Russia alla Germania superando ovviamente il territorio ucraino.
“Una possibile offensiva russa contro l’Ucraina sostanzialmente impedirà alla Germania di mantenere la sua attuale posizione su Nord Stream 2, ha detto in un’intervista a EURACTIV Polonia Daniel Fried, ex ambasciatore degli Stati Uniti in Polonia sotto l’amministrazione Clinton.
“Un’offensiva militare russa contro l’Ucraina renderebbe ancora più difficile per la Germania mantenere la sua attuale posizione”, ha detto Fried, aggiungendo che la migliore soluzione a breve termine è la sospensione dei lavori – o una moratoria – sul progetto da parte della Germania e la sospensione delle sanzioni da parte degli Stati Uniti.”
Ma gli americani sono già pronti a sostituire, per gli europei , il gas russo con il loro gas, questo però costa di più rispetto a quello russo e poi è più complicato distribuirlo.
La Russia comincia le grandi manovre. Sposta unità militari all’interno del confine russo nelle vicinanze del confine Ucraino parlando di esercitazione. Ma dopo le manovre le truppe e gli armamenti rimangono in posizione, anzi vengono raggiunte da altri reparti militari russi.
Gli americani cominciano ad inviare armi in Ucraina.
Che tipo di armi? Lanciarazzi anticarro e anti bunker, armi leggere, equipaggiamenti vari tutto tranne quello che veramente l’Ucraina avrebbe bisogno per una difesa contro una superpotenza. Cioè armamenti pesanti, sistemi antiaerei e antimissili.
Un errore di valutazione da parte degli USA? Difficile da credere!
Probabilmente hanno stabilito che uno scontro diretto con gli interessi vitali russi sarebbe troppo pericoloso.
Per cui questa guerra per gli americani deve essere combattuta con altri mezzi: propaganda, sanzioni economiche, coinvolgimento dell’Europa a prendersi maggiori responsabilità.
La propaganda per il momento diventa indignazione del mondo democratico contro il nuovo dittatore sanguinario con le sue mire espansionistiche. “Lo zar minaccia l’atomica”. La stessa indignazione e propaganda era stata prodotta anni fa contro Saddam e l’Iraq, che ha portato allo scoppio della prima guerra del Golfo. Ricordiamo la propaganda sulle armi chimiche che tutti gli alleati si sono bevuti, armi mai esistite. Ma Putin non è Saddam, non è Gheddafi, non è l’ ISIS che compare e scompare, non è Bin Laden che si nasconde in Afganistan tra i suoi talebani.
Per oggi gli americani faranno solo propaganda scaricando l’Ucraina al suo destino. Questa è la logica del potere americano: fare affari non importa se si esporta la guerra. Se la guerra porterà sofferenze al popolo ucraino e di conseguenza anche a tutti i popoli europei pazienza.
L’Europa vorrebbe fare da pompiere. Ma chi decide in Europa?
Una cosa è certa: se continua la guerra, il gas fra pochi mesi per i cittadini europei diventerà come il caviale.
E in tutto questo che fa la Cina?
Chiede il rispetto degli accordi di Minsk e intanto sorvola con i suoi aerei l’area di Taiwan.
Putin dice che “la Cina non ha bisogno della forza per riunificarsi con Taiwan”. “La Cina è un’enorme economia potente e, in termini di parità di acquisto, è la numero uno al mondo davanti agli Usa”.
Una posizione questa, ribadita martedì dal ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov. “Per noi, come per la stragrande maggioranza degli altri Paesi, l’isola appartiene alla Cina. E questa è la premessa da cui procediamo e continueremo a procedere nella nostra politica al riguardo.”
Occhio ragazzi: la Cina e la Russia sembrano marciare insieme.