di Sandro Russo
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Ho riletto, per passarlo sul sito, l’articolo di Marco Belpoliti, dove parla dello sterminio delle balene. E anche di quello dei bisonti. Poi della fortuna economica della Gran Bretagna (leggi qui).
“Così come i cowboy di terra uccisero sessanta milioni di bisonti, i cowboy di mare con le loro navi-mattatoio hanno predato oltre settecentomila cetacei appartenenti alle diverse famiglie. Una storia cruenta che s’incentra su quel prezioso olio-sperma. Nel 1833 la filiera della pesca occupava settantamila uomini solo negli Stati Uniti e valeva settanta milioni di dollari; dieci anni dopo era il doppio. In quel periodo gli Stati Uniti esportavano in Europa quattro milioni di litri d’olio l’anno.
Possiamo ritenere a ragione che la fortuna della Gran Bretagna imperiale si sia fondata su due cose: la tratta degli schiavi per lo zucchero e l’uccisione delle balene per l’olio”.
In effetti stava trattando di creature del mare (delfini, balene…) che c’entravano i bisonti?
Un bravo scrittore-giornalista – e Marco Belpoliti lo è – si nutre di- e dispensa associazioni e stimoli… Molti rimangono sterili, qualche volte i semi mettono radici…
Belpoliti ha associato due eventi che avevano in comune tra loro la crudeltà e la noncuranza dell’uomo nei confronti degli animali, con punte di stupidità.
I bisonti (Bison bison), in mandrie sterminate, erano gli abitatori di maggior peso delle immense praterie americane (attuali stati del Montana, Dakota, Wyoming, Nebraska, Colorado, Kansas, Oklahoma, Nuovo Messico e Texas).
Una terra come Dio l’aveva creata e i nativi americani (“gli indiani”) avevano mantenuto… Poi arrivò “l’uomo bianco”. Che sterminò per stupidità e per “sport” sessanta milioni di bisonti (il numero stava nello scritto di Belpoliti; sono andato a controllarlo, perché mi sembrava incredibile: è confermato da Wikipedia).
La caccia al bisonte, da pare dei nativi americani
Lo sterminio dei bisonti ad opera dei cacciatori bianchi negli ultimi decenni dell’800.
Una pila di crani di bisonti americani (Detroit – 1892)
Buffalo Bill, pseudonimo di William Frederick Cody (1846 -1917), cacciatore americano. Si vantò di aver ucciso, solo fra il 1868 e il 1872, 4280 bisonti. Finì la carriera a fare spettacoli nei circhi.
“Tra bufalo e locomotiva / La differenza salta agli occhi /La locomotiva ha la strada segnata / Il bufalo può scartare di lato e cadere / Questo decise la sorte del bufalo / L’avvenire dei miei baffi e il mio mestiere…” [da Buffalo Bill di De Gregori (album del 1976)]
E ora vi voglio dire / C’è chi uccide per rubare / C’è chi uccide per amore /
Il cacciatore uccide sempre per giocare / Io uccidevo per essere il migliore… [sempre da De Gregori]
Gli indiani. Quando il bisonte americano cominciò a scomparire in gran numero, fu un evento particolarmente straziante per le tribù delle pianure. Come disse il capo dei Crow, Plenty Coups: “Quando il bisonte se ne andò, i cuori della mia gente caddero a terra e non poterono essere sollevati di nuovo. Dopo ciò non accadde più nulla. Non si cantava più da nessuna parte”.
Ma nel lungo periodo fu un dramma anche per la terra (il suolo) delle pianure. Il terreno fertile, esposto ad arature profonde che finirono per distruggere l’erba che ne assicurava l’idratazione, si trasformò in un deserto di polvere [(da cui discesero le Dust Bowl degli anni ’30 del 900 – (1)].
Le leggi della stupidità umana, secondo Carlo M. Cipolla (1922-2000)
The Basic Laws of Human Stupidity (stampato per la prima volta nel 1976 come regalo di Natale per gli amici) poi pubblicato in italiano nel 1988 come Allegro ma non troppo (Il Mulino, 1988) e tradotto in almeno 13 lingue.
Terza (ed aurea) legge della stupidità umana: una persona stupida è una persona che causa un danno a un’altra persona o gruppo di persone, senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo una perdita
Eravamo partiti – con Belpoliti – a parlare di delfini e di balene…
Nel corso dei secoli scorsi, le grandi balene sono state cacciate per l’olio, la carne, i fanoni e l’ambra grigia. Fino alla metà del ventesimo secolo, la caccia alla balena ha condotto molte popolazioni di balene quasi all’estinzione. La commissione internazionale di caccia alla balena ha introdotto una moratoria sulla caccia alla balena nel 1986. Per vari motivi alcune eccezioni a questa moratoria esistono; le nazioni che nonostante i limiti imposti dalla Commissione internazionale per la caccia alle balene praticano la caccia sono: la Norvegia, l’Islanda e il Giappone. Oltre a queste ci sono anche le comunità aborigene della Siberia, dell’Alaska e del Canada del Nord, perché la caccia alla balena fa parte della loro tradizione culturale e un mezzo di sostentamento primario della popolazione. Il 21 dicembre 2007 il Giappone rinuncia alla caccia alle specie a rischio di estinzione, tuttavia non abolendola del tutto.
Nonostante si creda che gli umani siano la razza più intelligente sul pianeta, il nostro cervello, che pesa circa un chilo e mezzo, è in realtà piccolo rispetto a quello di altri animali. Ad esempio, il cervello dell’elefante pesa circa 4,5 kg, mentre quello della balena può arrivare fino a 10 kg.
Lo sterminio dissennato di questi cetacei, che potrebbero avere una intelligenza simile a quella umana, ancora oggi continua (2).
Ancora Belpoliti – che, ripeto ancora, sta parlando di Delfini e Balene -, introduce nella sua trattazione gli inglesi, il cui impero commerciale si è fondato su due cose: la tratta degli schiavi per lo zucchero e l’uccisione delle balene per l’olio”.
A questo punto non ci sono più dubbi quale è l’essenza dello scritto, portato avanti “attraverso” le creature del mare e i bisonti..!
Volevo dare a questo pezzo il titolo “Il sale della terra”, che era stato utilizzato da Sebastião Salgado e Wim Wenders (titolo originale: The Salt of the Earth (2014) – leggi qui), ma non nel senso biblico e positivo rivolto da Gesù ai suoi discepoli “Voi siete il sale della terra” (Matteo 5, 13), piuttosto nel senso che intendevano i romani quando spargevano sale sulle rovine delle città affinché non crescesse più l’erba! Tale è l’uomo per la terra!
“Il veleno della terra” è un titolo alternativo, che ben definisce la finalità di questo scritto.
Appendice.
Incredibile a volte la coincidenza con quel che uno sta scrivendo, con le cose che trova (in certi giri selezionati di letture). È di oggi questa “Amaca” di Michele Serra da la Repubblica, che non ho potuto non aggiungere all’articolo che era già in fase di avanzata preparazione…
Perché è sacro il bisonte
di Michele Serra
Nel Dakota tornano i bisonti, reintrodotti dopo più di un secolo dai nativi americani (del popolo Sioux) per sfamarsi. Molti di loro sono indigenti. Sradicati e poveri. Una raccolta di fondi, che sta avendo grande successo, dà gambe al progetto.
I coloni europei li sterminarono quasi tutti (bisonti e nativi) non per fame, ma per sport e per impadronirsi di un nuovo continente. Prima del loro arrivo i bisonti erano milioni, mandrie immense in immensi spazi, la predazione indigena era minima, l’uomo uccideva il grande ruminante per mangiare e per vestirsi. Era, ed è, un animale sacro. Sacro per ringraziamento.
Se avessi vent’anni e volessi dare un’immagine concreta all’utopia, vorrei andare nel Dakota a dare una mano. Ben sapendo che, nel Paese dove tutto è grande distribuzione e ipermercato, l’esperimento dei Sioux con i bisonti è ingenuo e forse folle. Però, meraviglioso. E per niente passatista: semmai, futurista.
Vuol dire: filiera corta, cibo sano e sicuro, uscita dal tunnel tossico degli allevamenti intensivi, identità ritrovata, territorio custodito e protetto, fine della dipendenza alimentare (l’uomo consumatore, se diventa produttore, fa la rivoluzione), posti di lavoro in più, e dietro casa. Vuol dire ristabilire la simbiosi uomo-bestia, migliaia di genotipi bovini, ovini, suini, avicoli sono stati salvati e protetti dall’uomo allevatore, lungo i millenni, prima che agricoltura e allevamento diventassero industria, distruggendo la biodiversità, e gli animali fossero mutati in pezzi di ricambio, costretti a vite orrende e a morti in catena di montaggio. L’uomo è stato un predatore sagace e lungimirante. Ora assomiglia a un pigro e ingordo demente, incapace di leggere e di capire la natura nel suo insieme.
[di Michele Serra – da la Repubblica del 23 febbraio 2022]
Note
(1) – Con il termine Dust Bowl (in inglese: conca di polvere) si indica una serie di tempeste di sabbia che colpirono gli Stati Uniti centrali e il Canada tra il 1931 e il 1939, causate da decenni di tecniche agricole inappropriate e dalla mancanza di rotazione delle colture. Il terreno fertile delle Grandi Pianure era infatti esposto ad arature profonde che finivano per distruggere l’erba che ne assicurava l’idratazione. Il romanzo Furore di John Steinbeck, classico della letteratura statunitense, pubblicato nel 1939, racconta la storia della famiglia Joad, proveniente dall’Oklahoma, costretta a migrare in California in cerca di lavoro dopo i pesanti danni inflitti dalla siccità.
(2) – Il 1 luglio 2019 la caccia alle balene per scopi commerciali viene nuovamente legalizzata, dopo il ritiro del Paese nipponico dalla Commissione internazionale per la caccia alle balene, avvenuto nel 2018.
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Appendice del 27 febb. 2022 (Cfr. Commento di Alfredo Scotti)
La foto d’epoca relativa allo spettacolo del Circo Americano a Napoli (da https://storienapoli.it/)
Annalisa Gaudenzi
26 Febbraio 2022 at 20:01
Grazie Sandro, per queste riflessioni! Tutte, le condivido tutte
Alfredo Scotti
27 Febbraio 2022 at 23:46
In riferimento all’articolo sui bisonti e Buffalo Bill, dove si dice che il grande cacciatore Bill Cody si ridusse a fare spettacoli circensi, forse non tutti sanno che Buffalo Bill fu truffato e anche sbeffeggiato dal popolo napoletano.
Il colonnello William Cody e il suo Grande Circo Americano vennero (per la seconda volta) in Europa nel 1890, invitati in Vaticano, per partecipare alla celebrazione del decimo anniversario dell’incoronazione di Papa Leone XIII. Ma, prima di giungere nella Capitale, William Cody fece tappa a Napoli dove sbarcò il 26 gennaio 1890.
Buffalo Bill e la sua compagnia allestirono il loro anfiteatro in zona Stazione, precisamente in corso Meridionale. I prezzi delle tribune andavano da 1 a 5 lire e la curiosità del pubblico fu evidente dal primo momento.
Il Corriere di Napoli in data 30-31 gennaio 1890 così annunciava ai partenopei l’arrivo di William Frederick Cody, in arte Buffalo Bill:
«La compagnia americana Buffalo West ha cominciato un corso di rappresentazioni al Corso Meridionale al Rione Vasto alla Ferrovia da lunedì 27 gennaio alle ore 2,30 pom. La suddetta Compagnia si compone di 100 Indiani, 100 tiratori, cacciatori, cowboys e cavallerizzi. 200 animali,’ bufali selvaggi, cavalli, muli, ecc. comandati dal Col. W. Cody “Buffalo Bill”».
La locandina dell’evento è riportata nell’articolo di base (a cura della redazione)
In tanti accorsero per vedere i mitici pistoleri americani ed i pellerossa, arrivati da un mondo (fino ad allora) solo immaginato. Il debutto di Buffalo Bill a Napoli fu un vero successo, quasi seimila persone paganti.
Ma agli spettacoli successivi, malgrado il pubblico, gli incassi furono sempre minori perché fu stampata una quantità di biglietti falsi i cui proventi non arrivavano certo al Circo.
Irritato per l’affronto il Colonnello decise di spostare lo spettacolo da corso Meridionale a San Giovanni a Teduccio, pubblicizzando l’evento con cartelloni pubblicitari e acquistando una pagina intera de “Il Mattino”, mentre i suoi pellirosse in groppa a focosi destrieri si sparpagliarono per la città fino a via Caracciolo a promuovevano l’evento.
Ma non si fermò a questo: Buffalo Bill lanciò una sfida ai napoletani. Pregò chiunque possedeva un cavallo di portare quello più indomabile, così da poterci salire sopra e mostrare a tutti il suo talento. Gli scugnizzi che giunsero all’anfiteatro di San Giovanni a Teduccio vollero però dare una lezione al cowboy americano, decisamente uno sbruffone ai loro occhi.
Un gruppo di giovani scugnizzi portò a Buffalo Bill un quadrupede a cui era stata messa una certa quantità di pepe al culo (in senso non metaforico!). Il grande Buffalo Bill non riuscì a domare l’animale.
Si possono immaginare la scena e lo scorno… Infatti il giorno seguente smontò le tende, incazzatissimo, e pronunciò il famoso anatema: Non verrò mai più a Napoli!
Una piccola curiosità: Buffalo Bill aveva intenzione di andare a visitare il Vesuvio, ma ogni qualvolta si decideva ad arrivare fino alla vetta, si abbattevano dei terribili temporali su Napoli e il colonnello baffuto fece le valigie senza neanche aver potuto ammirare il vulcano più famoso del mondo.
Notizie liberamente tratte da https://storienapoli.it/