di Silverio Lamonica
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Sto seguendo con interesse i tentativi che Mariano sta portando avanti, anche con lo “zampino” di Vincenzo. A me sembra che si voglia fare sul serio. E “ci ho piacere”.
Trovo interessante il fatto che si voglia riscoprire “lo spirito unitario del 1975” (anno che ricordo con tanta nostalgia, anche per i tanti capelli bianchi in meno rispetto ad ora). Parliamo di circa mezzo secolo fa, quando esistevano i partiti e le sezioni locali funzionavano a pieno regime, a stretto contatto con le federazioni provinciali. Di quei segretari di sezione, l’unico superstite è mio fratello Michele, sopravvissuto anche alla fine del PCI.
Ma allora la via dell’accordo non fu tutta rose e fiori: c’erano forti rigidità nei vari partiti.
Ricordo che ad un certo punto, circa una settimana prima della scadenza, i compagni della locale sezione del PCI di cui facevo parte, vollero forzare la mano presentando una lista formata tutta da iscritti e simpatizzanti di partito e il capolista era appunto chi scrive. Si recarono in Comune a presentarla, Silverio Califano, mio fratello Michele, Temistocle Curcio, Silverio Picicco ed altri. Fu una doccia gelata per i vari Ernesto, De Gaetano, Zecca, Parisi… Seguirono riunioni frenetiche ai vari livelli: inviti, proposte, controproposte… Le riunioni avvenivano specie nelle ore serali e notturne. Fatto sta che nei vari partiti si riuscì a trovare “la quadra” quarantotto ore prima dell’ora X (termine ultimo per la presentazione delle liste). Fu così che nella tarda serata di quel giorno fatidico, il dr Ninotto Mazzella (allora vice pretore) accompagnato da mio fratello Michele, fece il giro di tutte le case dei candidati per l’autentica delle firme per il ritiro della lista presentata dal PCI e per le firme di accettazione della nuova lista capeggiata da Mario Vitiello, che includeva iscritti e simpatizzanti dei vari partiti (compreso qualche dissidente D. C. come Angelino Vitiello); era circa mezzanotte, quando li vidi arrivare a casa mia (allora abitavo con nonno Luigi a Chiaia di Luna). Ma nel P.C.I. ci furono compagni che non erano affatto d’accordo, come Vincenzo Bosso (ricordato recentemente su questo sito da Domenico Musco) il quale – assieme a Luigi Murolo, il sarto ed un altro – rifiutò di ritirare la candidatura. Però la lista, ridotta a tre elementi, non fu ammessa. Manifestò critiche severe anche Salvatore Conte (già comandante delle navi CAREMAR), nonostante che nella nuova lista figurasse anche sua moglie Rosanna.
Fu così che la lista di Alleanza Democratica di Mario Vitiello ricevette i due terzi dei suffragi, circa 1400 voti, a danno della D. C. del dr Sandolo che ne raggiunse più o meno 700.
Diversamente da quanto è stato segnalato nell’intervista citata, non archiviammo affatto i progetti che l’ex amministrazione democristiana teneva gelosamente ben chiusi nei vari cassetti: la scuola del Pantano, il Poliambulatorio… li rispolverammo e – grazie al preziosissimo apporto di Gabriele Panizzi, allora assessore ai Lavori Pubblici della Regione Lazio – li mandammo in appalto assieme ad altre progettazioni successive.
E’ un grave danno per la collettività, non valorizzare ciò che di positivo ha fatto l’Amministrazione precedente.
Insomma riuscimmo a spogliarci della corazza ideologica e lavorammo all’unisono per l’esclusivo interesse dei concittadini, proseguendo in perfetta sintonia.
Ora non esistono più i partiti di una volta, con una struttura piramidale ben delineata. Ora ci si affida al “salvatore della patria” di turno, grazie al quale la struttura politica sopravvive, cercando di limitare fughe e trasformismi vari, perché ora prevale l’individuo, tanto osannato dai vari movimenti liberisti. Si sa che ciascun individuo è un mondo a sé e di conseguenza è assai arduo conciliare interessi, spesso contrastanti.
E in questa nuova, difficilissima realtà, in cui l’individualismo più esasperato spadroneggia, Mariano e Vincenzo cercano di “trovare il bandolo della matassa”, per far sì che l’isola non si spopoli definitivamente e irreversibilmente.
Però l’unità d’intenti di una parte speriamo cospicua si può trovare intorno alla risoluzione di alcuni problemi.
Nell’intervista è stata ricordata la chiusura della miniera di bentonite, avvenuta nel 1976, agli inizi di quel mandato.
Non sto qui a ricordare le vicissitudini che portarono a quella chiusura sia per non dilungarmi troppo (e in questo caso prenderei – giustamente – la tiratina d’orecchi da parte del carissimo Silverio Guarino) sia perché su questo sito già se ne è discusso molto. Basta digitare nel riquadro: cerca nel sito, le parole chiavi “miniera di bentonite SAMIP” e appaiono molti articoli sull’argomento.
Io qui mi limito a dire che il risanamento della ex zona mineraria dev’essere il primo punto programmatico della futura amministrazione.
Se si vuole la rinascita di Ponza, bisogna mettere finalmente mano al Piano Particolareggiato del Comparto 13 (così viene identificato, nel Piano Regolatore Generale del Comune di Ponza la zona ex SAMIP, che si estende per circa 30 ettari da Cala dell’Acqua a Calacaparra). Ma per fare questo occorre determinare la nuova cubatura edificabile su quell’area, che però deve risultare in armonia con la cubatura complessiva esistente in tutta l’isola (ivi compresi i volumi “abusivi” ed ancora non risanati o fatti demolire). Quindi occorrerebbe uno studio specifico e molto approfondito per avere una visione esatta dell’esistente su tutto il territorio isolano. Purtroppo attualmente Ponza registra un decremento nella popolazione residente, per cui è impensabile pianificare un incremento delle costruzioni. Un buon amministratore non può avere atteggiamenti da demagogo, illudendo impunemente l’elettorato.
Per dirla alla romanesca, nel settore edilizio: nun c’è trippa pe’ gatti. Allora, per fare presto e bene, bisogna fotografare la situazione attuale, fare qualche lieve ritocco per consentire un minimo di funzionalità alle strutture pubbliche esistenti: campo sportivo, tenso-struttura, scuole e annesso campo da tennis, oltre a pianificare un porticciolo turistico a Cala dell’Acqua, di dimensioni non faraoniche, tale da consentire il rimessaggio e la riparazione dei natanti, oltre all’attracco di barche da diporto e a qualche nave di collegamento estivo. Ciò creerebbe nuovi posti di lavoro, pur richiedendo soprattutto manodopera specializzata, sia per le barche sia per le infrastrutture portuali.
Secondo me, per fare un lavoro veramente serio, occorrerebbe rivolgersi ad una Facoltà Universitaria di Architettura, scelta tra i nostri atenei più prestigiosi.
Tenendo sempre presente il discorso che facevo prima (valorizzare e portare avanti le cose buone della precedente Amministrazione) dare l’avvio alle varie opere già progettate e far proseguire quelle in atto (cfr. Ponza, lavori in corso. Notizie da “Il Messaggero”).
Tra le opere elencate nell’articolo che ho richiamato, una mi interessa in modo particolare, per il suo grande valore archeologico e culturale: “il Tunnel Romano di Chiaia di Luna, ormai in dirittura d’arrivo…” (recita l’articolo) e per iniziare i lavori di risanamento, consolidamento e restauro, mancherebbe “l’ultimo parere geologico dell’Autorità di Bacino e della Regione Lazio”. Però di questo “parere” ricordo bene che il sindaco ne ha parlato già alcuni mesi fa. Ma io mi chiedo se è logico aspettare i vari pareri “dall’alto” passivamente stando a bocca aperta e con le mani in mano, o non è più logico recarsi da chi di dovere e chiedere, in modo pressante, chiarimenti? Perché si ritarda? Quali sono gli ostacoli? Cosa c’è da rivedere o modificare? Dico questo perché finora non ho letto, da nessuna parte, che il sindaco o chi per lui, abbia sollecitato l’Ente competente a pronunciarsi.
Dinamicità, fermezza, perseveranza, idee chiare e soprattutto onestà, sono le qualità che – secondo me – un buon sindaco e un buon amministratore devono avere.
Logicamente, tanti altri sono i problemi che attanagliano l’isola e che potrei illustrare in seguito (a mio modesto modo di vedere) se non vi ho annoiato.
Giuseppe Mazzella di Rurillo
12 Febbraio 2022 at 08:05
Ho letto l’ottimo articolo di Silverio Lamonica sulla politica a Ponza. Le isole nostre hanno tutte gli stessi problemi. Farò un intervento più dettagliato ma mi preme immediatamente sottolineare che il dibattito deve continuare ed anzi deve arrivare nel “reale”, non restare sul web.
I tempi ci impongono un ritorno alla partecipazione civile.
vincenzo
12 Febbraio 2022 at 10:04
Silverio, innanzitutto grazie per l’attenzione. Ma perché il PCI presentò la lista, forse perché pensava di rimanere escluso dalla coalizione?
Hai detto bene, una volta c’erano i Partiti, per di più strutturati a livello territoriale. Il segretario Provinciale spesso veniva a farci visita per sapere come andavano le cose.
Nelle sezioni si riunivano persone che si vedevano periodicamente. C’era un ordine del giorno e alla fine si redigeva un verbale della riunione. Si parlava di politica che allora era parlare di economia e società reale.
Gli uomini che hanno conosciuto questa politica comprendono perfettamente la grossa difficoltà che c’è oggi nel portare avanti discorsi reali, concreti.
Per questo abbiamo dovuto costituire un piccolo gruppo di persone – che non può essere una sezione partitica – ci sono diversità ideali e anche d’interessi. Prima operazione quindi è stata quella di dare un minimo d’identità alle persone del gruppo dal quale partire e poter propagandare l’idea. L’identità è riconoscersi come residenti invernali.
Chi invitare per una “coalizione di idee e di persone”? Altre persone, magari stanche e sfiduciate, rannicchiate nel loro privato a salvare il salvabile.
Propagandare l’idea di unità come quella del 1975 individuando un nemico comune come quello del 1975 non è facile. La miniera era fisicamente ingombrante ed evidente. Quella miniera si stava mangiando materialmente una parte di isola e minacciava di allungare i suoi tentacoli anche su Ponza-centro. Oggi il pericolo dello spopolamento, non si sente come fatto vitale. Se l’inverno ponzese trasformerà l’isola in un dormitorio per anziani poco importa: i giovani hanno imparato a viaggiare. Far capire che la protezione ambientale, la salvaguardia dei beni archeologici, il lavoro ai giovani, l’assistenza agli anziani, lo sviluppo economico e la ridistribuzione della ricchezza sono problemi collegati l’uno all’altro, oggi, è molto complicato; abituati da anni a risolvere i problemi individualmente.
E’ molto complicato parlare di protezione ambientale. E’ ancora un tabù a Ponza. E i politici locali si sono sempre tenuti alla larga da questa operazione che peraltro rimane fondamentale e didattica.
Come la partecipazione alla vita politica e sociale. Il politico invece ha tutte le risposte ai problemi che poi puntualmente non risolve. Anche la partecipazione alla vita comunitaria, per Ponza è una operazione di didattica economica-commerciale e sociale.
Io dico che i Ponzesi sono chiamati alla vigilia elettorale per dare ai politici di turno il loro voto. Il voto dei ponzesi è una delega parziale. Significa che l’elettore dice al politico: “Tu puoi occuparti di certe cose ma non mettere becco nelle cose private”.
Questa cosa è da rivedere. I turisti che vengono a Ponza guardano la natura, ma anche le case, le grotte, i giardini, le vie, la cura dei particolari, la pulizia, il decoro della vita rurale, le cantine, la vegetazione autoctona e alloctona, in che conto teniamo la conservazione dei beni archeologici e ambientali. E poi i nostri servizi, la nostra organizzazione. Capiscono se siamo uniti o divisi, se siamo un paese che ha una cultura o no.
La cultura di una comunità si vede al primo sguardo.
Tutto ha bisogno di essere ripensato. Ecco perché oggi aspettiamo i miracoli, che non possono arrivare senza un ripensamento collettivo
un esame di coscienza che ci porti tutti a ridimensionare le nostre velleità.
Ti ringrazio Silverio dell’attenzione che spero continui.