Racconti

Franta s’apre la via, la poesia (3)

di Francesco De Luca

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Impalpabile come rugiada, evanescente, si muove fra i detriti che l’umanità nel decorso del tempo ha lasciato e deposita. E’ la poesia di ciò che è.

Il mare non ha voce eppure un ottuso rumore supera le chiuse delle finestre e delle porte e colpisce le orecchie. L’isolano l’avverte e se ne appropria. Quando il mare dà voce la sua collera è in ascesa.
Oggi c’è mare, oggi è in subbuglio.

L’avvertirlo di mattino, al risveglio, induce la mente ad organizzarsi: occorre fronteggiarne gli inconvenienti. Che li ha anche chi non ha natanti da custodire nel porto. Perché? Perché u mare senza viento nun se move, e allora l’isolano deve sincerarsi di che vento si tratta. Come si fa? Esce nel pianerottolo di casa. Le case di Ponza hanno un rapporto diretto col mare. Quella soffre il levante, quella il ponente, quella patisce lo scirocco e l’altra è esposta alla tramontana.

Ogni vento il suo tormento.
L’ isolano lo riconosce e realizza il suo da fare affinché non rechi danno.

Quando il mugghio del mare si avverte di sera nell’isolano si produce uno stato d’animo particolare. Non può affrontare nulla, deve subire il tonfo dell’animo. E deve disporsi a tollerarlo.

Il buio incombe, il vento muove intorno e il suono del mare si unisce alla voce del vento.
L’isola diventa ciò che fisicamente è: uno scoglio. Perde gli indumenti umani e si ritrova nuda, alla mercé delle onde che infrangono per avvolgerla, nel dispetto del vento che non sopporta ostacolo. Se c’è, lo aggredisce per abbatterlo, se non c’è si sbizzarrisce e sibila vittorioso.
– E tu? Cosa stai facendo?
– Sto spandendo i panni
– Con questo vento? Su questo poggio è come sciogliere le vele – Mi rivolgo a Mena, una ragazza che ha avuto dalla mamma la mansione di stendere i panni ad asciugare.
– Al vento  – mi dice – i panni si asciugano meglio. Guarda come si muovono eccitati.

Ci credo… il pianerottolo fuori casa si erge su uno sperone della collina, proprio sul porto. Mena è figlia di insegnanti, frequenta le superiori a Latina, quando può viene sull’isola. Ha un viso bello e gentile, e rimango sempre colpito se la scorgo pensierosa, quasi triste. Lo imputo all’adolescenza, sorridente e libera eppure venata di malinconie. Che sembrerebbero fuori luogo. Dall’esterno appaiono tali perché gli anni sono i migliori che l’esistenza offre ma la formazione della personalità che si sta costruendo incontra spigoli, si figura ostacoli, e il suo procedere non è lineare, e spesso si contorce… Il che genera sommovimenti nell’animo.
C’è il corpo che cerca appagamenti per sensazioni nuove e l’animo tenta di inserire i moti di crescita in un quadro unico. Un rompicapo insomma.
Questo intreccio di fattori Mena lo dimostra senza veli. E’ tanto limpido il suo viso quanto evidente ciò che l’animo prova.

Il vento sembra strappare i panni dai fili, i lembi delle lenzuola schioccano. Dalla spiaggia di Sant’Antuono al di sotto salgono voci di bimbi in gioco. I galli del pollaio di Lauretta, lì vicino, lanciano il verso nell’aria. Nessuno risponde.
Nel vento i richiami dei galli, i gridi infantili, il garrire dei panni spasi. Sull’isola sembra che il vento rapisca anche i pensieri degli uomini.
Di certo rapiscono quelli di Mena, che sogna, e nel sogno salda il suo futuro, quello dell’isola, quello di questo mondo.

L’adolescenza passerà, i sogni naufragheranno nelle onde della vita. Mena rincasa e io proseguo la via.

 

NdR: la foto di apertura è di Silveria Aroma

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